In un romanzo di spunto autobiografico Caterina Bonvicini trova le parole più adeguate per imprimere su carta le diverse sfaccettature del dolore che può nascere da una perdita
di Enzo Palladini

Il sorriso lento
Autrice: Caterina Bonvicini
Editore: Einaudi
Anno edizione: 2024
Anno prima edizione: 2010
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 232
Consigliato a chi non ha paura di immedesimarsi nel dolore degli altri.
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Lisa non c’è più. Se l’è portata via un tumore, appena superata la soglia dei trent’anni e qualche mese dopo aver dato alla luce un figlio. Siamo agli albori del terzo millennio. Una fine tragica, che ha lasciato un vuoto tremendo. Ma è proprio lei, Lisa, la vera protagonista di questa storia. Ce la racconta prevalentemente Clara, la sua migliore amica, anzi. Forse più che un’amica. Tra le due il rapporto era quanto di più esteso si possa immaginare: erano inseparabili, si dicevano tutto, condividevano qualunque momento della loro vita, sebbene integrate in un gruppo di amici molto in sintonia tra loro, sullo sfondo di una Bologna accogliente e festaiola.
La spiegazione del titolo arriva già nelle prime righe. Il sorriso lento era quello di Lisa, perché si apriva gradualmente, era un’operazione che durava qualche secondo, aveva un suo tempo.
Il romanzo di Caterina Bonvicini è suddiviso in cinque parti. Nella prima, intitolata “In prima persona (plurale)”, Clara parte dal racconto di questa meravigliosa amicizia, addentrandosi in particolari anche intimi e tracciando una biografia dettagliata di quasi tutti i componenti del gruppo di amici, per arrivare alla malattia di Lisa, alla sofferenza, alla fine così prematura. La seconda parte (“Il clarinetto”) è un cambio deciso di scenario. Qui la voce narrante non è più quella di Clara ma quella di Ben, un direttore d’orchestra ultrasessantenne, affermato e molto benestante. Alle sue spalle ci sono vari matrimoni falliti e un amore immenso, quello che lo ha legato ad Anna, cantante lirica, molto più giovane di lui, innamorata e nello stesso tempo desiderosa di prendersi i suoi spazi di libertà. Tanto che i due si sono separati dopo molti alti e bassi. Il collegamento tra la storia di Lisa e quella di Anna, apparentemente così lontane, diventa evidente alla fine della seconda parte: anche Anna è morta giovane, di tumore. E c’è anche un’altra coincidenza: si è spenta nell’hospice di Bentivoglio, presso Bologna, proprio dove Lisa ha terminato i suoi giorni. Anna, come Lisa, aveva un sorriso lento. O almeno è questa l’impressione ricavata da Clara dopo averla conosciuta nel letto di dolore. La terza parte (“Vivi e sii felice”) racconta l’elaborazione del lutto, il “dopo” di Clara e di tutto il gruppo di amici, il disorientamento generale che porta l’amica superstite a partire per Londra, dove trascorre un periodo di vacanza con Ben (quarta parte, “L’ospite”), non per l’idea di un possibile coinvolgimento sentimentale, ma per una condivisione del dolore immenso che li accomuna. La quinta parte (“Exit”) è una serie di conclusioni cui Clara giunge andando per la prima volta a deporre dei fiori sulla tomba di Lisa.
Caterina Bonvicini (bolognese, classe 1974) è una giornalista (collaboratrice di due testate importanti come La Stampa e L’Espresso), ma soprattutto una scrittrice. Ha iniziato a pubblicare giovanissima, nel 2000 (Penelope per gioco). I suoi romanzi sono stati tradotti in francese, tedesco, spagnolo e olandese.
In questa storia c’è una componente autobiografica, perché Lisa in realtà rappresenta Gioia, una ragazza morta in giovane età, molto amica dell’autrice Caterina Bonvicini che nel romanzo diventa appunto Clara. Questo aspetto viene certificato alla fine con una nota dell’autrice: “Questo libro è dedicato a Gioia Foletti Morini (3 giugno 1974–20 maggio 2008)”. Date che coincidono appunto con la dolorosa vicenda di Lisa.
Quella dedica finale toglie ogni – piccolo – dubbio residuo. Riga dopo riga si percepisce la totale partecipazione della voce narrante femminile (si chiama Clara ma potrebbe chiamarsi Caterina come l’autrice) al dramma che racconta.
Ci sono sentimenti elevatissimi, non c’è una banale amicizia, ma un’unione che trascende qualunque convenzione. Clara e Lisa si fondono come se diventassero parti di un tutto, si scambiano non solo quello che c’è nella loro anima ma anche qualunque oggetto di uso quotidiano, dai vestiti alle scarpe. Nel passato delle due c’è anche qualche fidanzato comune, prima che Lisa trovi Alberto, l’uomo della sua vita che la renderà madre, sia pure per poco tempo.
Caterina Bonvicini analizza temi profondi che potrebbero addirittura spaventare il lettore, ma lo fa con un linguaggio confidenziale, trasportando sulla carta molti discorsi che potrebbero tenere banco nelle serate tra amici in cui si parla non solo di progetti, di ostacoli da superare, ma anche di sciocchezzuole che allentano le tensioni. A nessuno piace raccontare di malattie gravi, di bimbi che restano senza una mamma, di letti d’ospedale dove si sente odore di morte. Lo si può fare, ma bisogna trovare il codice giusto. L’autrice di questo romanzo ci è riuscita.
Il libro in una citazione
«Non è vero che le cose grandi, le tragedie vere, ridimensionano le cose piccole. Anzi. Si diventa ancora più suscettibili, si crolla proprio sulle minuzie.»
19 maggio 2025
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