Il memoir sui viaggi in Europa dell’americano Bill Bryson cattura per il suo encomiabile spirito di osservazione e il suo spiccato senso dell’avventura
di Raffaele Nuzzo

Una città o l’altra. Viaggi in Europa
Autore: Bill Bryson
Traduttori: Silvia Cosimini, Sonia Pendola, Giorgio Rinaldi
Editore: TEA
Anno edizione: 2022
Anno prima edizione: 1992 (Usa)
Genere: Memoir
Pagine: 346
Consigliato a chi è interessato ai bestseller, alla storia del Novecento europeo, agli assetti economici sociali e culturali di un territorio, alle città e alle capitali europee.
“… Sì viaggiare/Evitando le buche più dure/Senza per questo cadere nelle tue paure/Gentilmente…” sono alcuni versi di una vecchia canzone di Lucio Battisti che dipinge il viaggio come un piacere, da affrontare con gentilezza e con coscienza. Una persona che torna da un viaggio non è la stessa che era prima della partenza e c’è differenza tra un turista e un viaggiatore. Mentre il primo ritorna, il secondo non tornerà mai più.
Il viaggio non è solo evadere dalla quotidianità, scoperta, avventura, ma è anche rigenerazione e rinascita, è cultura, è sfida soprattutto. Viaggiare apre la mente, abbatte i pregiudizi, le barriere, i cliché e aiuta a comprendere meglio se stessi e quindi il prossimo, ad apprezzare le diversità, a considerarle valori aggiunti e non averne paura.
Nel 1990 lo scrittore e giornalista americano Bill Bryson decide di intraprendere un nuovo tour dell’Europa, di cui conosceva il Belgio, il Lussemburgo e poco altro. Il suo desiderio era partire da Capo Nord e dirigersi verso sud fino a Istanbul, affacciarsi sul Bosforo, l’ultima propaggine europea, e scrutare l’Asia all’orizzonte.
Da Oslo, viaggiando su una scomodissima corriera, raggiunge l’estremo Nord della Norvegia lungo una tratta costellata da varie soste per fugaci e insipidi snack nella desolata tundra, che gli hanno consentito di raccogliere vari aneddoti. Nella settentrionalissima e freddissima Hammerfest, sperduta cittadina artica, Bryson trascorre quindici giorni patendo un freddo oltre i limiti della tolleranza umana. Riesce comunque a resistere e può così assistere alla spettacolare aurora boreale che lo ripaga del sacrificio e di cui lui scrive come fosse una gara pirotecnica d’incommensurabile fascino. Paradossalmente, lascia quei luoghi sconfinati e glaciali provando un pizzico di rimpianto.
Fa poi tappa a Parigi, dove il freddo alberga nell’animo degli spocchiosi abitanti e dove disapprova fermamente certuni obbrobri urbanistici e l’insostenibile traffico cittadino. In fatto di critiche architettoniche, l’autore non è tenero neanche con Bruxelles, di cui rende note le brutture urbane e la carenza di monumenti memorabili. Punti deboli che tuttavia sono compensati dalle decine di ristoranti stellati che gli deliziano il palato a cifre oneste.
Il cammino di Bryson in Una città o l’altra. Viaggi in Europa prosegue poi su Bruges, Aquisgrana, Colonia, e non manca nemmeno stavolta di lesinare aspre opinioni riguardo i vizi di popolo. Stessa disamina antropologica viene condotta in Norvegia e Svezia, dove con le sue tragicomiche peripezie l’autore sottolinea particolari fisionomie etnologiche e ridicolizza alcune assurde leggi nazionali.
All’occorrenza, Bryson è duro e spietato nei giudizi e arriva a infrangere persino la “sacralità” di mete turistiche di conclamata fama mondiale. Firenze, della quale resta deluso e di cui rimprovera sia gli amministratori sia l’atteggiamento dei suoi abitanti, è un esempio lampante. A riprova di questo suo disallineamento con i dogmi classici del turismo e le località “must visit”, l’autore tocca altresì luoghi non blasonati e sconosciuti al turismo di massa.
Al contrario, Bryson cambia vertiginosamente registro ed esalta con smisurato lirismo i posti che invece lo colpiscono e sconvolgono in bellezza, come Capri. Insomma, lo scrittore usa il bastone, ma all’occorrenza anche la carota.
I tour in Una città o l’altra. Viaggi in Europa sono a trecentosessanta gradi: non mancano neppure un giro nel quartiere a luci rosse di Amsterdam e uno per le strade del sesso di Amburgo, peraltro sottoposti a confronto.
Merita un cenno la meticolosità recensoria riservata a cartine geografiche, guide turistiche e soprattutto hotel, dei quali l’autore si rivela specificamente abile nell’analisi di comfort e criticità.
Al lettore sembra, in certi frangenti, di avere tra le mani un navigatore satellitare in lettere, tanto l’autore è puntiglioso nel relazionare e ricordare strade, viuzze e svolte per arrivare a determinate attrazioni. Sempre in tema di minuziosità dei dettagli, il memoir si distingue per una sovrabbondante documentazione di aspetti che normalmente questo genere di testi ritiene trascurabile, tipo la merce esposta nei negozi o le file nelle stazioni, i gesti della gente, il comportamento del personale addetto.
A parte i musei, cui dispensa ragguardevoli consigli su quali visitare e non visitare, Bryson nutre un grande amore per il cielo dei posti che visita e verso cui volge lo sguardo, prendendosi un romantico intervallo dalla narrazione di ciò che lo circonda. È proprio da lassù che gli calano le più toccanti locuzioni per descrivere la volta celeste, coglierne l’identitaria essenza come se ogni città ne avesse una tutta sua.
Bryson, erudito travel blogger dagli anni Novanta, azzecca sempre la metafora più sagace, costruisce similitudini con prodotti cinematografici e d’intrattenimento televisivo. Anima la prosa di arguzie e disquisisce di arte, storia, architettura e in generale materie piuttosto complesse, rendendole piacevolmente accessibili anche al lettore più digiuno. Condisce bene i suoi resoconti con chicche e curiosità sul passato dei luoghi su cui si sofferma. Le sue cronache assumono sovente i contorni di sketch comici e in esse sono racchiuse brevemente le informazioni salienti su un Paese o una città, i suoi usi e costumi: dal comportamento degli agenti in un fermo di polizia alle modalità di addebito delle telefonate negli alberghi, finanche alla tradizionale tintarella dei seni nei parchi pubblici.
Pur sembrando complessivamente poco incline agli stereotipi, nei suoi diari Bryson ne attesta comunque più di qualcuno. Certamente in maniera involontaria, con le gag che gli succedono in itinere, entrando quasi nel ruolo di “trip advisor”, in modo chiaramente romanzato e non didascalico come per gli attuali blog di viaggi. Il suo memoir, per usus scribendi, è movimentato e dinamico e non si limita semplicemente a fotografare uno scorcio di città o un paesaggio, ma sa rendere vitale la scena, raccontando perfino i gesti che da soli delineano i caratteri degli autoctoni.
Bryson ha incontrato diverse difficoltà nel suo peregrinare in Europa, vuoi per la lingua o per la burocrazia. Eppure non si è mai mostrato arrendevole: ha affrontato gli ostacoli con determinazione e li ha superati, arrivando finanche ad augurarsi di ritrovare l’autista spericolato che lo portò in gita nell’entroterra dell’ex Jugoslavia la prima volta che lo visitò. Forse perché Bryson è un viaggiatore da “montagne russe”, proprio in senso lato, che ripudia la noia.
Una città o l’altra. Viaggi in Europa è solo uno dei libri di letteratura da viaggio in cui è specializzato Bryson, noto soprattutto per Breve storia di (quasi) tutto, testo di divulgazione scientifica che gli è valso il Premio Aventise e ha venduto trecentomila copie. Scritto in prima persona, Una città o l’altra. Viaggi in Europa cattura il lettore fin dalle prime righe per l’encomiabile spirito di osservazione e la capacità di carpire le differenze socio-culturali delle varie nazioni visitate. Senza tralasciare lo spiccato senso dell’avventura e di adattamento che caratterizza il protagonista-autore della storia.
Potremmo dire che lo scrittore dovrebbe ringraziare tutti gli intoppi nei quali è incappato poiché, in loro assenza, non avrebbe mai potuto scrivere questo capolavoro della letteratura da viaggio. Una dimostrazione di come si possa godere appieno di un on the road come questo solo quando si è disponibili a lasciare a casa la “comfort zone” e si è pronti ad accettare e rispettare le altrui diversità.
Infine, ricordiamoci che leggere vuol dire anche viaggiare. E questo è esattamente il libro giusto per farlo.
Il libro in una citazione
«Gli automobilisti romani non investirebbero mai una suora: ne vedi a gruppi attraversare correndo viali a otto corsie con la più stupefacente impunità, come foglietti di carta bianchi e neri trasportati dal vento.»
17 marzo 2025
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