Nel secondo romanzo della sudcoreana Yeon Somin le vicende di una trentenne in crisi generazionale rivelano l’augurio che ognuno possa essere argilla da plasmare con il tocco degli altri
di Enzo Palladini

Le stagioni della ceramica a Bamgashi
Autrice: Yeon Somin
Editore: Rizzoli
Traduttrice: Giulia Donati
Anno edizione: 2024
Anno prima edizione: 2023 (Corea)
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 298
Consigliato a persone di tutte le età che abbiano voglia di ritrovare se stesse e di cercare degli obiettivi concreti nella vita.
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La vegetariana di Han Kang. Traduzione di Milena Zemira Ciccimarra. Adelphi 2019. Ambientato in Corea del Sud e scritto dalla vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura 2024, è una storia di cambiamenti di vita drastici e traumatici.
Una piccola lavanderia a Yeonnam di Kim Jiyun. Traduzione di Simona Alias. Nord 2024. Ambientato in un quartiere di Seul in costante evoluzione modaiola, racconta di come una lavanderia rimanga nel tempo punto di riferimento per tutti gli abitanti.
Bamgashi è un quartiere della città sudcoreana di Ilsan, che si trova a pochi chilometri dalla capitale Seul. Il suo nome significa “il villaggio delle spine di riccio” perché sul territorio sono piantati numerosissimi castagni che affiancano i viali. È proprio per la ferita di una spina metaforica che Jeongmin decide di andare a vivere da sola a Bamgashi, prendendosi un piccolo appartamento dove stare a riflettere sulla sua vita.
Jeongmin è una ragazza di trent’anni che si porta dietro un pesante fardello di sofferenza. È cresciuta in una famiglia in cui il padre, alcolizzato e dedito alla violenza domestica, non è praticamente mai esistito, mentre la madre, che ha sempre gestito un ristorante di cucina tipica locale, dopo essersi liberata del marito, ha pensato soprattutto alla ricerca di qualche spicchio di felicità personale.
La vita di Jeongmin è stata una guerra continua contro i suoi complessi e contro il suo passato. Ha raggiunto abbastanza velocemente l’obiettivo di una laurea, poi ha trovato un lavoro prestigioso e appagante come sceneggiatrice di programmi televisivi. Però, a un certo punto – quando le stavano imponendo di cambiare l’impostazione di un documentario – sono, venuti a galla tutti i suoi disagi e ha capito che quello non era il lavoro per lei. Si è isolata dal resto del mondo, andandosi appunto a rifugiare in compagnia dei suoi fantasmi a Bamgashi.
Un giorno arriva la svolta. Jeongmin decide di uscire di casa dopo un mese di clausura assoluta. Ha voglia di un caffè, si addentra nei vicoletti del quartiere e nota un piccolo locale senza insegna che battezza come caffetteria. Entra e scopre che, in realtà, è un laboratorio di ceramica, il Soyo. Si trova immediatamente a proprio agio, perché Johui, la proprietaria, le offre comunque il caffè tanto desiderato. Jeongmin si lascia incuriosire da quel lavoro artigianale e decide di tornare al laboratorio, prima per un corso, poi per un altro. È a questo punto che scopriamo il significato del titolo Le stagioni della ceramica a Bamgashi: con il passare del tempo e appunto delle stagioni, Jeongmin comincia a sgretolare i suoi complessi e a ritrovare la voglia di avere delle relazioni con altre persone. Si affeziona al luogo e alle persone, abbatte dei muri interiori che si era costruita volontariamente o involontariamente, trasformandosi così in una persona nuova.
La ceramica, dunque. Non è solo un materiale per plasmare vasi, ciotole, tazze. Diventa una straordinaria metafora della vita. L’atto di lavorare l’argilla plasmandola con le mani rappresenta il lavoro che la protagonista applica su se stessa quando capisce che non può vivere sempre come nei primi mesi a Bamgashi, in assoluta solitudine e in conflitto con il mondo. Ha bisogno di ritrovarsi, possibilmente anche di costruire un sano rapporto con la madre, qualche amicizia vera, un amore che non sia superficiale come quelli del passato. È proprio questo il tema centrale: la crisi generazionale che ha colpito i trentenni contemporanei un po’ in tutto il mondo, che ha tolto certezze date per scontate dalla generazione precedente. Jeongmin cambia poco per volta, ma a suo modo cambia: da ragazza un po’ snob e un po’ viziata si trasforma nell’anima semplice, che forse è sempre stata senza saperlo.
Yeon Somin è una giovane scrittrice sudcoreana, astro nascente di un panorama letterario che recentemente ha ricevuto uno straordinario riconoscimento con il Nobel per la Letteratura vinto da Han Kang. L’opera d’esordio di Yeon Somin (che ha un passato di sceneggiatrice televisiva, come la protagonista della sua opera), per ora non tradotta in italiano, ha vinto il Korea New Writer’s Award nel 2022 e si intitola Lazy Kinko.
Le stagioni della ceramica a Bamgashi è il suo secondo libro e l’ha proiettata verso la notorietà internazionale. Successo che si basa soprattutto sull’estrema chiarezza del suo stile, sulla capacità di descrivere sentimenti semplici con parole semplici e sentimenti più complicati con la stessa linearità. I personaggi e i luoghi, a noi così poco familiari, diventano immediatamente riconoscibili e assimilabili grazie al garbo con cui vengono raccontati. È un romanzo che gioca tutto sulle emozioni e sui ricordi, che si interroga sulla vera natura delle persone e soprattutto dell’autrice, che vorrebbe scoprire se è fatta d’argilla, quindi fragile, o di ceramica, quindi solida e pronta per affrontare la sua traiettoria. La risposta non c’è, ma alla fine della storia, mascherandolo tra i ringraziamenti, Yeon Somin rivela il vero messaggio della sua opera: l’augurio che ognuno possa essere argilla da plasmare con il tocco degli altri.
Il libro in una citazione
«Le sembrava quasi che lo stretto groviglio di corde a cui era legata si stesse piano piano allontanando sa sé, senza che lei avesse avuto bisogno di dimenarsi né pregare che accadesse.»
28 febbraio 2025
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