Il capitolo conclusivo della trilogia sulla donna costretta a vestire i panni di William per scrivere drammi e calcare le scene riapre una questione controversa: quale scotto deve pagare colei che decide di rivestire un ruolo diverso da quelli previsti dalla società?
di Sonia Vaccaro

Della stessa sostanza dei sogni. She-Shakespeare
Autrice: Eliselle
Illustratrice: Arianna Farricella
Editore: Gallucci
Età di lettura: da 12 anni
Anno edizione: 2025
Genere: Romanzo storico
Pagine: 336
Consigliato a
ragazze e ragazzi che cercano il coraggio di rincorrere i propri sogni
adulte e adulti desiderosi di riscoprire il ruolo che le storie possono avere nella vita.
In questo libro trovi determinazione, costanza, consapevolezza.
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She-Shakespeare (2022) e Il mondo è un palcoscenico (2024), primo e secondo capitolo della trilogia, rispettivamente illustrati da Arianna Farricella e Sabina Sodaro, di cui Della stessa sostanza dei sogni è la conclusione.
Eliselle, mai rinunciare alla libertà di scegliere chi essere, la nostra intervista all’autrice qui.
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Shakespeare in Love (commedia sentimentale Stati Uniti/Regno Unito, 1998) di John Madden, in cui il giovane William Shakespeare si innamora di Viola De Lesseps, costretta a travestirsi da uomo per realizzare il sogno di diventare attrice.
Dopo aver scritto e aver riscosso grande successo con La bisbetica domata, il Riccardo III e l’Enrico IV, Judith Shakespeare ha dovuto fuggire dalla Londra devastata dalla peste e rifugiarsi nel piccolo villaggio di Henley-in-Arden, dove vive con i suoi tre figli, il fedele Evans, la cara amica Lucrezia e la famiglia dell’amata zia Anne, l’unica che l’ha sempre sostenuta con convinzione nelle sue scelte a dir poco inusuali.
Sì, avete letto bene: il nome proprio che sta davanti al cognome con cui solitamente s’identifica uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi è di genere femminile. È infatti una donna il personaggio principale del romanzo Della stessa sostanza dei sogni, scritto dalla storica e sceneggiatrice modenese Elisa Guidelli, in arte Eliselle, quale conclusione della trilogia She-Shakespeare. A voler essere più precisi, Judith è una donna che deve vestire gli abiti maschili di un certo William – proprio quello coi baffetti e il colletto a gorgiera – per realizzare il suo più grande desiderio: riuscire a scrivere e a mettere in scena drammi per la regina Elisabetta I. La verità è che Judith ha ormai una certa dimestichezza col sentirsi William poiché ha iniziato a indossarne i panni ancora bambina, quando – come raccontato nel primo volume, che dà il nome alla trilogia – ha voluto ribellarsi al destino segnato sin dalla nascita per le donne dell’epoca, che erano relegate al ruolo di figlie, mogli e madri, cui non era neppure consentito di frequentare la scuola pubblica. Se non avesse escogitato lo stratagemma del travestimento, Judith non si sarebbe potuta sedere tra i banchi della King’s New School di Stratford-upon-Avon, non avrebbe potuto soddisfare la sua grande curiosità né apprendere i fondamenti della letteratura, della poesia e della retorica – che le sarebbero tornati utili quando la precoce passione per il teatro avrebbe iniziato a prendersi la sua vita – né tantomeno ambire a calcare le scene.
Il secondo libro della trilogia, Il mondo è un palcoscenico, si sofferma sul percorso formativo che ha consentito a Judith di ottenere le prime soddisfazioni – come l’indimenticabile messinscena al Curtain della commedia I due gentiluomini di Verona – non scevro dalle imprevedibilità della vita, da scorrettezze di presunti amici e da rivalità da superare, come quella suscitata dall’iniziale atteggiamento di superiorità di Christopher Marlowe e degli altri University Wits.
Con l’ultimo capitolo della storia, che prende il titolo da una citazione tratta dalla Tempesta, la narrazione riprende dal 1593, anno cui risalgono i primi riscontri effettivamente documentati del successo di William Shakespeare, e ci fa seguire le avventure della talentuosa drammaturga fino al 1614, ovvero fino a due anni prima della dipartita dell’alter ego di ben più nota fama.


Eliselle intreccia i fatti storicamente accaduti con le leggende alimentate dal mistero che da sempre aleggia intorno a Shakespeare e ad alcuni suoi contemporanei. Laddove non può appigliarsi a informazioni biografiche e al patrimonio culturale, si affida alla finzione letteraria. Il risultato è un romanzo non privo di colpi di scena, dal ritmo incalzante, che ripropone efficacemente lo spirito dell’epoca, colto tra la fine del regno di Elisabetta I e l’avvento al trono di Giacomo I.
La narrazione – che procede con consapevolezza stilistica – bilancia adeguatamente contesto storico e vicende personali della protagonista che, in scene ben visualizzabili, interagisce con personaggi effettivamente esistiti o appositamente creati, ma mai scontati.
Benché ambientata in un’epoca ben lontana dalla nostra, la storia di Judith fa risuonare nella mente dei lettori una domanda ahimè ancor oggi molto attuale, rivelando così tutta la sua forza argomentativa: qual è lo scotto che deve pagare colei che, decidendo di inseguire i propri sogni, assume ruoli diversi da quelli previsti dalla società?
Judith è sempre in bilico tra desiderio di affermazione e responsabilità; compromessi e realtà; illusioni e disillusioni (anche amorose) ed è ben consapevole del fatto che, se rivelasse la sua vera identità, nulla la salverebbe dal disprezzo e dalla riprovazione.
Fortunatamente la storia di Judith culmina in un finale ben diverso da quello che Virginia Woolf immaginò per l’omonima sorella di William, personaggio d’invenzione di cui si legge in Una stanza tutta per sé, che è stata fonte d’ispirazione per Eliselle. Se la Judith di Woolf incarna tragicamente il destino delle donne che avrebbero il talento per spiccare nel mondo della cultura, da secoli esclusivo appannaggio degli uomini, la Judith di Eliselle riesce a tracciare una via di fuga per esprimere se stessa al meglio delle possibilità dell’epoca e rincorrere la sua aspirazione più autentica: liberare il sacro fuoco che le divampa dentro per farne scaturire storie destinate a infiammare il palcoscenico e a brillare a lungo nella mente degli spettatori. Della stessa sostanza dei sogni racconta la genesi delle opere più famose di William Shakespeare che, seppur condita con un pizzico di fantasia, riesce nell’intento di incuriosire chi non ne ha mai fatto esperienza e di indurre chi ne ha già fruito a riviverle con uno sguardo diverso.
La scelta di far calare Shakespeare anche nei panni di una donna, cui l’organizzazione del testo narrativo conferisce credibilità, trova corrispondenza con quella che è da sempre ritenuta una delle indiscusse capacità del grande drammaturgo: far rivivere nelle sue opere la complessità dell’animo umano, senza escludere tratti dell’uno o dell’altro genere. Quella di Eliselle è una Judith inclusiva, che accoglie e ridona vita in pienezza.
Della stessa sostanza dei sogni sottolinea quanto siano sfumati i confini tra fantasia e realtà, soprattutto per chi consacra la propria esistenza alle storie, che da essa traggono nutrimento e che di essa forniscono infinite interpretazioni. Colloca però nel territorio del tremendamente reale il peso delle verità non dette, che restano annidate nelle pieghe dell’anima anche quando si crede siano ormai del tutto accantonate. Segreti penetrabili solo dalla sensibilità di chi ne custodisce di altrettanto gravosi e che, qualora diventino manifesti, dimostrano come tutto ciò che splende non è detto sia prezioso.
La conquista di questa consapevolezza è forse il vero successo di Judith, grande esempio di determinazione nel proseguire su un percorso minato dai mille ostacoli della vita quotidiana, dalla contingenza storica e dall’incomprensione di molti di coloro che lei vorrebbe la sostenessero.
Il libro in una citazione
«Il tempo sulla Terra è breve e limitato, e siamo tutti infine destinati alla morte, tutti divisi tra il vivere intensamente nel presente e la consapevolezza dell’inevitabile fine. Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e la nostra breve vita è racchiusa nel tempo di un sonno.»
21 febbraio 2025
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