Il penultimo libro della pentalogia che Antonio Scurati ha dedicato a Benito Mussolini racconta con precisione storica e tono dissacrante l’epilogo del ventennio fascista
di Raffaele Nuzzo

M. L’ora del destino
Autore: Antonio Scurati
Editore: Bompiani
Anno edizione: 2024
Genere: Romanzo storico
Pagine: 665
Consigliato a chi è appassionato di storia contemporanea, a chi interessa il fascismo, a chi vuole approfondire la figura di Benito Mussolini, a chi ama le biografie.
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M. Il figlio del secolo (2018), M. L’uomo della Provvidenza (2020), M. Gli ultimi giorni dell’Europa (2022), i primi tre libri della pentalogia.
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M. Il figlio del secolo (miniserie tv Italia/Francia, 2025) di Joe Wright, trasposizione del romanzo omonimo.
Giugno 1940. Insieme a quella dell’Ora del destino, suona anche l’ultima di Italo Balbo mentre si trova a bordo del suo aereo, lanciato nella disperata caccia alle temibili blindo inglesi nel deserto. La sua è una sorte beffarda perché, scambiato per un pilota nemico, viene abbattuto dai suoi stessi soldati, da mesi bersagliati dai bombardamenti. Esattamente tre anni più tardi nel luglio 1943, Benito Mussolini verrà sfiduciato proprio dal suo cerchio magico nell’ultimo Gran consiglio del fascismo e verrà arrestato.
Il romanzo di Antonio Scurati inizia e finisce così, raccontando gli eventi di quel triennio, l’ultimo del regime fascista in Italia. Dall’ingloriosa vittoria sulla Francia, già piegata e firmataria di armistizio con i tedeschi, all’attacco alla Grecia, in cui saranno “le reni” della brigata degli alpini Julia a essere spezzate, alla perdita delle colonie in Nord Africa e successivamente in Etiopia per mano dei britannici, all’invasione della Jugoslavia che, malgrado la semina di una quinta colonna, sarà fallimentare. Senza contare la drammaticità della campagna di Russia, dove l’Italia piangerà cinquantamila caduti durante una disperata ritirata.
È tutto quello che racconta Scurati nel suo romanzo storico: un esordio italiano a gamba tesa e zoppo in quella Seconda guerra mondiale che il Duce prevede breve e sul cui tavolo della pace si sogna seduto insieme a Hitler, con cui ha stipulato quella che si rivelerà una sciagurata alleanza.
Le decisioni di Mussolini trascineranno nel baratro il Paese e Scurati ne sottolinea l’assenza di una chiara strategia, di una visione razionale d’insieme, di una contezza dello strumento militare a disposizione assolutamente impreparato ad affrontare un evento bellico di tali proporzioni. Il ritratto che emerge è quello di un Duce stregato dalla potenza militare nazista, sordo e insensibile agli umori di un popolo contrario alla guerra, circondato da un establishment di imbelli e invertebrati, lacchè troppo attaccati alla poltrona per poterlo contrariare. Dagli incontri con Hitler che si susseguono al Brennero, nella Tana del Lupo, a Firenze, tutti raccontati minuziosamente, scaturisce un Mussolini che scivola gradatamente sempre più in basso, dominato e anche terrorizzato dalla personalità del Führer, di cui diventa supino suddito. Benché non abbandoni mai i progetti di gloria per l’Italia, perseguendo una scriteriata guerra parallela, soffre la manifesta inferiorità militare e si strugge ogniqualvolta viene soccorso sui campi di battaglia dall’alleato.
Oltre alle vicende mussoliniane e nazionali di quegli anni, Scurati racconta alcune influenti figure, tipo Amerigo Dùmini, assassino materiale di Giacomo Matteotti, sopravvissuto non si sa come alle pallottole di un plotone di esecuzione inglese quando fu presa Derna. Oppure Edda Mussolini, che si arruola volontaria nella Croce rossa prima in Albania e poi in Russia e vive l’esperienza del siluramento a bordo del piroscafo-ospedale Po. Ancora, il sergente degli alpini Mario Rigoni Stern, di cui Scurati riporta alcune lettere inizialmente entusiaste dal suo terzo fronte in Russia, dopo Francia e Grecia. E non manca chi è costretto ad assistere alla reprimenda di civili e ribelli comandata in Croazia e Slovenia, il Don Pietro cappellano militare di cui vengono riportate memorie e appunti.
M. L’ora del destino accende l’ennesima luce sulla figura di Mussolini, senza dubbio tra le più indagate della storia contemporanea italiana. Un’opera che, per contenuti, può dirsi monumentale e che probabilmente continuerà a dividere gli animi su un’annosa e spinosa questione che vede contrapposti simpatizzanti del fascismo e antifascisti.
A proposito della ragguardevole mole contenutistica e tralasciando le soggettive idee politiche, bisogna rilevare come l’autore abbia eseguito un certosino lavoro di ricerca storica, romanzandone i reperti documentali – aggiunti alla fine di ogni capitolo – tale da rendere avvincente tutta la narrazione. In un’intervista, lo stesso Scurati ha catalogato il suo come un “romanzo documentario”.
Questo penultimo capitolo della pentalogia di M indaga senza dubbio il peggior periodo del ventennio fascista, caratterizzato dall’ingresso in guerra e dalla tragedia di un intero popolo. La lettura induce a interrogarsi sui motivi per i quali Mussolini abbia intrapreso determinate strade e scelte scellerate, che lo hanno sprofondato così in basso in pochissimi anni, e sui motivi per cui abbia adottato una strategia così illogica. Erano solo di manie di grandezza personali o una competizione col Führer? Veramente credeva di far grande l’Italia? Insomma, l’impopolare alleanza con Hitler era dovuta a una questione di affinità ideologica o a comuni nemici da eliminare, oppure ancora si trattava di una pura scommessa per salire poi sul carro dei vincitori a mo’ di “Franza o Spagna purché se magna”?
Scurati, filosofo e docente universitario – che nel 2019 ha vinto il Premio Strega proprio con il primo volume della pentalogia dedicata a Mussolini, M. Il figlio del secolo – riserva un linguaggio e tono sprezzante e dissacrante verso quasi tutto il gotha italiano del tempo, adombrando pesantemente l’élite politico-militare dell’epoca, al punto da relegarla al ruolo di “più cattivi dei cattivi”, così come normalmente acclarata dalla storiografia usuale. L’autore non nasconde per nulla il suo spregio e disgusto per la viltà di certi generali italiani, dimissionari e inetti, dipinti come calcolatori personaggi da operetta.
Sarcastico, canzonatorio, sbeffeggiante e quasi da freddura il registro adoperato per raccontare le vicende di Mussolini, figura in cui l’autore si cala completamente, provando a leggerne anche i pensieri, resuscitandolo, ricreando un realistico gioco di ruolo.
La prosa è particolareggiata sui fatti bellici ed è ben argomentata sulle strategie militari adottate nelle battaglie più importanti. Uno stile che si può apprezzare particolarmente nel racconto della resa di Tobruk e del disastro in Tripolitania.
Dappoi bisogna riconoscere l’oggettività di Scurati nel tributare diverse personalità, indipendentemente dallo schieramento cui fecero parte (tedeschi o alleati). Lo si riscontra con Rommel, del quale esalta l’indiscusso carisma e genio militare, e con O’ Connor e Montgomery. Tre valorosi condottieri che, per certi aspetti, ingentiliscono e romanticizzano la cruda realtà della peggior guerra che la storia dell’umanità ricordi.
Molti aneddoti che l’autore riporta sarebbero altrimenti difficilmente reperibili. Uno, in particolare, testimonia inequivocabilmente l’impreparazione tecnica dell’Italia alla guerra in Nord Africa, che fu una gara di tiro e velocità tra il Panzer tedesco e l’M13 italiano. Una partita senza storia, ovviamente. Scurati lo racconta con l’enfasi di un evento sportivo, smorzando per un tratto la drammaticità delle cronache belliche.
Lo stile di scrittura è sapientemente incisivo e pervaso da sgomento e sdegno. Camaleontico a seconda dei fatti da narrare. Da ironico e schernitore, in occasione delle esecuzioni di massa contro gli ebrei a Kiev, il linguaggio si fa macabro e tagliente nella narrazione di orribili dettagli e raggiunge l’apice nelle strazianti pagine in cui resoconta la ritirata degli alpini italiani in Russia, colpevolmente ritardata dall’insipienza delle autorità militari.
Lo zelo letterario e storico si rivede costantemente nei reportage dei vertici militari, finanche nei dialoghi tra i personaggi, costruiti con spiccata chiarezza espositiva. Abilità che si nota nel finale, quando Scurati riporta l’ultimo Gran consiglio del fascismo come fosse una telecronaca.
Scurati coniuga ricerca storica a ricerca letteraria ed effettua l’indagine morale di una fase della storia italiana che è sempre viva nel dibattito pubblico. Si unisce così alla lunga lista di opere su un tema perennemente scottante, scomodo e allo stesso modo incuriosente e mediatico. M. L’ora del destino sposa perfettamente la tendenza dei tempi moderni in cui la storia, intesa come disciplina umanistica, dirompe in una fascia di pubblico sempre più ampia, grazie a strumenti comunicativi innovativi come il podcasting e lo streaming di lectio magistralis. Con il più il classico, rudimentale, intramontabile romanzo scritto.
Il libro in una citazione
«Nessuno parla, sembrano una colonna di ombre. Abbandonato sulla neve, a ridosso di una scarpata a lato della pista, sta un portaordini. Si è lasciato andare e guarda gli alpini passare. Non dice nulla. Un giorno, in Italia, verrà un padre a chiedere ai superstiti di questo figlio perduto.»
12 febbraio 2025
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