Nadia Hashimi racconta l’Afghanistan attraverso il ritorno in terra natia di una donna emigrata negli Stati Uniti e affronta temi quali il trauma della perdita e la ricerca dell’identità in un contesto storico e culturale complesso
di Chiara Boccardo
Le stelle di Kabul
Autrice: Nadia Hashimi
Traduttrice: Rachele Salerno
Editore: Piemme
Anno edizione: 2024
Anno prima edizione: 2021 (Francia)
Genere: Romanzo storico
Pagine: 430
Consigliato a chi desidera esplorare il trauma della perdita e la ricerca dell’identità in un contesto storico e culturale complesso. Perfetto per appassionati di storie che intrecciano vicende personali e grandi eventi storici, con uno sguardo particolare alla resilienza delle donne.
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Le stelle di Kabul è un romanzo che mescola storia personale e memoria collettiva, intrecciando le vicende di una bambina sopravvissuta a un tragico colpo di Stato in Afghanistan con il suo viaggio di ricostruzione personale avvenuto anni dopo. Pubblicato in edizione originale nel 2021, il romanzo si distingue per la sua capacità di raccontare un momento cruciale della storia afghana – il colpo di Stato del 1978 – e per il suo approccio intimo, che segue l’elaborazione del trauma da parte della protagonista.
Nadia Hashimi è una scrittrice americana nata da genitori emigrati negli Stati Uniti. Dopo aver completato gli studi in medicina, ha deciso di dedicarsi anche alla scrittura trasformando il suo bagaglio culturale in una base creativa per esplorare temi come l’identità, il trauma, la migrazione e il ruolo delle donne nella società afghana.
Nel 1978 la protagonista, Sitara Zamani, ha dieci anni e vive una vita privilegiata a Kabul. Suo padre è un importante consigliere del presidente dell’Afghanistan, un uomo rispettato che lavora nel cuore del potere politico. Il palazzo del governo è la sua seconda casa, un luogo che la bambina percepisce come sicuro e magico. Trascorre le sue giornate giocando tra i corridoi, curiosando tra i libri della biblioteca e osservando le stelle, che le ispirano sogni di grandezza e bellezza. Tuttavia, dietro questa facciata idilliaca, si nasconde una realtà complessa: il Paese è sull’orlo di un cambiamento drammatico, segnato da tensioni politiche e conflitti interni.
Il 27 aprile la vita di Sitara cambia radicalmente. Durante un colpo di Stato, guidato dai comunisti, i militari assaltano il palazzo presidenziale, uccidendo brutalmente il presidente e tutta la sua famiglia. In un momento di caos e violenza, una delle guardie ribelli, Shair, colpito dalla paura negli occhi della bambina, decide di salvarla. Prima la nasconde e poi la porta via dal palazzo, affidandola a una diplomatica americana che la aiuterà a fuggire sotto falso nome dall’Afghanistan negli Stati Uniti, dove diventerà un medico affermato, ma non riuscirà mai a liberarsi del senso di perdita e delle domande irrisolte sul destino della sua famiglia.
Nel 2008 il passato torna improvvisamente a galla, quando nella clinica in cui lavora Sitara si presenta un paziente afghano: è Shair, l’uomo che l’ha salvata quella notte terribile. La sua apparizione riapre ferite mai guarite e spinge la donna a intraprendere un viaggio di ritorno in Afghanistan, alla ricerca di risposte e di riconciliazione con l’accaduto. Questo viaggio la porta a confrontarsi con i fantasmi della sua infanzia e con un Paese profondamente cambiato, ma ancora intriso delle sue memorie.
Le stelle di Kabul affronta con profondità e delicatezza una serie di temi universali che si intrecciano con la specificità del contesto storico e culturale dell’Afghanistan. Tra i più rilevanti emergono il trauma e la resilienza, l’identità e la migrazione, il legame con la terra d’origine e la complessità della storia afghana. Questi temi, strettamente connessi, si amalgamano nella narrazione, rendendo la storia di Sitara un viaggio non solo fisico, ma anche interiore ed esistenziale.
Uno dei fulcri del romanzo è proprio l’elaborazione del trauma. La tragedia vissuta durante il colpo di Stato del 1978, che priva brutalmente la bambina della sua famiglia e della sicurezza della sua infanzia, le lascia cicatrici profonde che condizionano tutta la sua vita adulta. Questo trauma non è solo un ricordo doloroso, ma una presenza costante, che influenza le sue relazioni, il suo senso di appartenenza e la sua capacità di guardare avanti. L’autrice esplora con grande sensibilità il modo in cui la protagonista cerca di convivere con il dolore, mostrando quanto sia difficile trovare un equilibrio tra il bisogno di continuare a vivere e quello di mantenere il ricordo di ciò che si è perso.
A questo si collega il tema dell’identità, che nel caso di Sitara si intreccia con la migrazione forzata. Costretta a lasciare l’Afghanistan e a costruirsi una nuova vita negli Stati Uniti sotto il nome di Aryana Shepherd, vive una duplice esistenza: da un lato cerca di adattarsi al suo nuovo mondo, costruendo una carriera di successo come medico; dall’altro rimane legata al passato, tormentata da un’identità frammentata e dalla sensazione di essere sospesa tra due realtà. Questo conflitto interiore riflette l’esperienza di molti rifugiati, che si trovano a dover bilanciare il legame con le proprie radici con l’esigenza di integrarsi in una cultura diversa.
Nonostante gli anni trascorsi lontano dalla sua terra natale, la protagonista mantiene un legame profondo con l’Afghanistan. Per lei, quel Paese non rappresenta solo il teatro della sua perdita, ma anche il luogo della sua infanzia felice, un tempo associato alla bellezza, alla stabilità e alla famiglia. Il suo ritorno a Kabul, dopo decenni di assenza, è una ricerca di risposte, ma anche un tentativo di riconnettersi con quella parte di sé che è rimasta intrappolata nel passato. Hashimi dipinge questo legame con toni contrastanti, mettendo in evidenza sia la nostalgia per un Afghanistan ormai perduto sia la realtà attuale di un Paese devastato da conflitti incessanti.
Infine, il romanzo offre uno spaccato della complessità della storia afghana. Attraverso la vicenda personale della protagonista, la scrittrice racconta non solo il trauma individuale, ma anche quello collettivo di un Paese segnato da decenni d’instabilità politica, violenza e interferenze straniere. Il colpo di Stato del 1978 fu infatti anche il punto di partenza per un periodo di devastazione che avrebbe cambiato per sempre il volto dell’Afghanistan. La narrazione invita il lettore a riflettere sulle conseguenze di queste dinamiche storiche, evidenziando come i grandi eventi politici abbiano un impatto diretto e spesso irreversibile sulle vite delle persone comuni.
Hashimi ha uno stile evocativo e cinematografico, che cattura con vividezza le atmosfere di Kabul negli anni Settanta e le emozioni dei personaggi. La sua scrittura è caratterizzata da un equilibrio tra introspezione e narrazione, che permette al lettore di immergersi sia nel mondo interiore di Sitara sia negli eventi che fanno da sfondo alla sua storia.
Lo stile si distingue per un linguaggio poetico ma accessibile, arricchito da dettagli che restituiscono al meglio luoghi e personaggi. Le descrizioni della Kabul preconflitto, con i suoi giardini rigogliosi e le sue strade vivaci, contrastano con la desolazione del presente, sottolineando il cambiamento drammatico subito dal Paese.
Un altro punto di forza del romanzo è la profondità emotiva dei personaggi. Sitara è una protagonista complessa e sfaccettata, che il lettore impara a conoscere attraverso i suoi pensieri, le sue paure e le sue speranze. Anche i personaggi secondari, come Shair e la diplomatica americana, sono ben sviluppati e contribuiscono a rendere la storia più ricca e stratificata.
Le stelle di Kabul è un romanzo che unisce la dimensione personale e quella storica in un racconto toccante e indimenticabile.
Il libro in una citazione
«Le stelle brillavano sopra di noi, testimoni silenziose delle nostre vite spezzate e dei sogni infranti.»
23 dicembre 2024
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