Le vicende che travolgono il protagonista della serie inaugurata con La lunga caduta e firmata dal maestro dell’hard boiled afroamericano rispecchiano la grande trasformazione che il Paese a stelle e strisce vive nell’estate del 2008
di Sonia Vaccaro
La lunga caduta
Autore: Walter Mosley
Traduttore: Andrea Russo
Editore: 21lettere
Anno edizione: 2024
Anno prima edizione: 2009 (Stati Uniti)
Genere: Gialli & Noir
Pagine: 373
Consigliato a chi crede che nella vita si possa abbracciare il cambiamento pur avendo consapevolezza di quale fatica ne possa derivare.
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Il diavolo in blu di Walter Mosley. Traduzione di Bruno Amato. 21lettere, 2021.
Ascolta La musica che accompagna La lunga caduta, playlist ispirata al libro
a cura di Stefano Palladini
Nell’estate del 2008 il detective Leonid McGill ha cinquantatré anni e sta attraversando un periodo di profonda trasformazione. Orfano sin da adolescente, pugile professionista mancato, continua ad accettare incarichi da investigatore privato per garantire sostentamento alla sua famiglia, ma è divorato dai sensi di colpa e desidera cambiare vita. Di giorno riesce a scorgere il New Jersey dalla finestra del suo ufficio, situato al settantaduesimo piano del lussuoso Tesla Building di New York, ma non riesce a intravvedere il suo futuro. Di notte è tormentato dal solito incubo, in cui si ritrova a fuggire da un edificio in fiamme per poi precipitare nel vuoto.
La lunga caduta, primo dei sei noir che Walter Mosley ha dedicato finora a McGill, è arrivato nel nostro Paese a distanza di ben quindici anni dalla pubblicazione originale grazie all’opera di recupero che l’editore modenese 21lettere sta compiendo per i libri del cosiddetto “maestro dell’hard boiled afroamericano”. Mosley conferma di esserlo anche in questo episodio inaugurale, in cui racconta una storia intrisa di tensione, che si articola su tre linee narrative e riserva colpi di scena davvero inaspettati nelle pagine finali.
Riuscirà McGill a scoprire identità, motivazioni e vere intenzioni di chi ha sommerso di denaro Ambrose Thurman, collega di Albany che ha richiesto una sua consulenza, per rintracciare quattro giovani scalmanati? Riuscirà a uscirne vivo? Riuscirà a consegnare un uomo a Tony “The Suit” Towers, temibile delinquente che non gli darà pace finché non otterrà ciò che vuole? E, soprattutto, riuscirà a tirare fuori dai guai suo figlio Twill, adolescente col talento del criminale brillante, disposto a fare qualsiasi cosa pur di trarre in salvo l’amica Mardi?
Identità false, agganci giusti e una lunga esperienza maturata negli ambienti delinquenziali e investigativi di New York sono gli assi nella manica che McGill può giocare per districare tutte queste trame, inevitabilmente intrecciate col grande dilemma che lo tormenta costantemente: riuscirà a redimersi da un passato in cui non si faceva problemi a incastrare chicchessia pur di ricevere un lauto compenso?
Quel che è certo è che la sua presa di coscienza e il suo desiderio di cambiamento sono il riflesso dell’America in cui vive, quell’America che sta decidendo di abbandonare la direzione in cui è andata per anni con l’intenzione di fare la scelta giusta per sé e per il mondo.
Per struttura, caratterizzazione e ruolo dei personaggi La lunga caduta riecheggia alcuni libri della serie dell’iconico investigatore losangelino Easy Rawlings, inaugurata da Mosley nel 1990 con Il diavolo in blu e proseguita con altri quindici episodi. Tuttavia, i tempi in cui incontriamo per la prima volta McGill sono decisamente diversi da quelli raccontati nei tre volumi della serie di Rawlings già pubblicati da 21lettere, che si spingono fino agli anni Sessanta, e di conseguenza anche i temi sociali che Mosley affronta attraverso la storia di McGill ne risentono.
La New York che sta meditando di eleggere Barack Obama presidente degli Stati Uniti è un crogiolo di etnie. Benché la questione della razza sia ancora rilevante nella cultura americana, non tutti la percepiscono allo stesso modo: c’è chi non la prende in considerazione, chi si finge disinteressato e chi invece non perde occasione per rimarcarla, come qualche immancabile poliziotto pronto a sbattere in prigione per quarant’anni un investigatore privato afroamericano anche in assenza di validi indizi.
In perfetto stile Mosley, pure in questo noir i temi di fondo vengono declinati in scelte lessicali inconfondibili, come quelle riscontrabili nella “pelle color oro scuro levigato” di Aura Antoinette Ullman, l’amante di McGill, o in quella “color del cuoio non conciato” di Gordo, suo vecchio amico nonché titolare della palestra che frequenta per sfogare la rabbia coi guantoni. Rappresentando in modo tanto efficace ciò che McGill vive e vede, il testo consente al lettore di visualizzare la scena senza difficoltà e tradisce così un’ottima padronanza dell’ipotiposi.
La decisione di affidare la narrazione al protagonista induce a provare empatia nei suoi confronti e a comprenderne appieno la sofferenza, di cui vengono rivelate tutte le sfaccettature grazie a frequenti flashback, che ricostruiscono la sua storia personale e famigliare.
Della famiglia d’origine di McGill rimane solo il fratello Nikita, ora in prigione, ma l’unico che continua a incidere nella sua vita è il padre. Sindacalista convinto, ha fatto vivere il piccolo Leonid in condizioni di povertà forzata perché voleva assolutamente appartenere alla classe operaia e, una volta recatosi in Cile a combattere capitalisti e fascisti, non ne ha fatto più ritorno. Non gli ha lasciato nulla in eredità, se non il modo di ragionare, ma a McGill suo padre non risulta poi peggiore di molti altri in cui si imbatte quotidianamente e che offrono al lettore spunti di riflessione sui tanti modi di assolvere al ruolo.
Tra i componenti della famiglia attuale, che McGill considera sua per metà poiché il test del Dna ha rivelato che la moglie Katrina ha concepito con lui appena uno dei tre figli, sente legato a sé solo Twill, a dimostrazione di come i rapporti di sangue – che avrebbero dovuto fargli prediligere Dimitri – contino poco o nulla.
Il racconto di McGill è popolato da tantissimi personaggi: alcuni direttamente collegati allo svolgimento dei fatti; altri che hanno avuto un ruolo nella sua vita passata. Se è vero che chi si avvicina per la prima volta a Mosley potrebbe restare inizialmente disorientato dall’affollamento di casi umani, è altrettanto vero che si accorgerà ben presto di come l’autore riesca a renderli tutti funzionali alla storia, mettendoli quantomeno in condizione di restituire un’atmosfera o di contribuire a creare quel contesto socio-culturale cui ha sempre posto attenzione. Ed è così che anche i secondari possono risultare sorprendenti, per l’arco di trasformazione che li riguarda – come Katrina – o per ciò che rappresentano – come Jimmy, il giovane-vecchio impiegato di un albergo di Albany che emana “il puzzo dell’umanità, qualcosa di simile al gorgonzola”.
Nonostante le frequenti incursioni digressive nella vita passata di McGill incidano sul ritmo della narrazione, la lettura non ne risente poiché l’autore riprende le fila degli accadimenti ogni volta che vi è necessità di farlo; aggancia sapientemente un capitolo all’altro e volutamente non scioglie tutti i nodi della vicenda, lasciando coloro che leggono avviluppati in una storia che induce a chiedersi quale sia il seguito subito dopo aver voltato l’ultima pagina.
Il libro in una citazione
«È come se la mia vita fosse un lungo ruzzolone giù per il pendio di una montagna. Sto precipitando e sono certo di stare per morire. Non c’è modo di salvarmi. Nessun cuscino o imprevisto che tenga.»
6 dicembre 2024
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