In un libro che fonde brillantemente rigore della ricerca e narrazione letteraria, la giornalista svedese Elisabeth Åsbrink accende i riflettori su un momento che, contrariamente a quanto molti pensano, segnò profondamente la storia mondiale
di Chiara Boccardo
1947
Autrice: Elisabeth Åsbrink
Traduttore: Alessandro Borini
Editore: Iperborea
Anno edizione: 2018
Anno prima edizione: 2018 (Svezia)
Genere: Storia, Società
Pagine: 320
Consigliato a chi ama leggere di vicende personali intrecciate a grandi eventi e agli appassionati di storia contemporanea e geopolitica.
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…. per esplorare gli eventi che hanno plasmato il mondo moderno, offrendo un contesto storico più ampio per comprendere le dinamiche globali.
Elisabeth Åsbrink – scrittrice e giornalista svedese di origini ebraiche, il cui padre orfano a soli undici anni fu profugo a causa delle persecuzioni antiebraiche – offre, con il suo libro 1947, un affresco storico straordinariamente ricco, raccontando uno degli anni più sottovalutati del XX secolo. Spesso offuscato dagli eventi immediatamente precedenti o successivi, il 1947 non è sempre considerato un punto di svolta nella storia contemporanea. Tuttavia, attraverso una narrazione ricca di dettagli, Åsbrink dimostra come questo anno sia stato cruciale per gettare le fondamenta del mondo moderno. L’autrice intreccia storie personali e grandi eventi storici, accompagnando il lettore in un viaggio globale, che passa per le macerie della Seconda guerra mondiale, tocca le tensioni politiche e sociali in Europa e arriva fino alle lotte anticoloniali in Asia e Africa.
Åsbrink costruisce la sua narrazione in modo non convenzionale, adottando una struttura che segue una cronologia mensile. Ogni capitolo del libro corrisponde a un mese del 1947 e si concentra sugli eventi chiave accaduti in diverse parti del mondo. Questa strategia testuale permette all’autrice di offrire una visione globale degli avvenimenti, evidenziando come il 1947 sia stato un anno caratterizzato da trasformazioni profonde e spesso contraddittorie.
Il resoconto parte dall’Europa del Dopoguerra, un continente devastato, dove le macerie fisiche si mescolano a quelle psicologiche. Åsbrink ci porta nei campi profughi pieni di sopravvissuti all’Olocausto, mostrandoci come, nonostante la fine delle ostilità, la vita per milioni di persone sia ancora una lotta quotidiana per la sopravvivenza. L’autrice racconta le storie personali di coloro che cercano di ricostruirsi una vita, mentre il mondo politico inizia a cercare soluzioni per affrontare le conseguenze della guerra.
Uno dei temi centrali del libro è la questione della giustizia postbellica. Åsbrink dedica ampio spazio ai processi di Norimberga, che cercano di fare i conti con le atrocità del regime nazista, ma ci mostra anche come molti dei colpevoli siano riusciti a sfuggire alla giustizia. La narrazione si sofferma sulla complessità del processo di riconciliazione, mostrando come, per molte delle vittime dell’Olocausto, la fine della guerra non abbia portato ciò che speravano. In molti casi, i sopravvissuti devono affrontare un’Europa ancora profondamente segnata dall’antisemitismo, mentre i processi per i crimini di guerra si svolgono con lentezza e con esiti spesso insoddisfacenti.
Accanto agli eventi che riguardano l’Europa, l’autrice ci porta in altre parti del mondo, dove le dinamiche globali si stanno rapidamente trasformando. Nel subcontinente indiano, l’India è alle soglie dell’indipendenza dall’Impero britannico, ma il processo è tutt’altro che pacifico. Le tensioni tra indù e musulmani preludono alla sanguinosa spartizione del Paese, che porterà alla creazione di due nuovi Stati, India e Pakistan, e a uno degli episodi più violenti e drammatici della decolonizzazione. L’autrice descrive il tragico viaggio dei treni carichi di rifugiati che attraversavano il confine tra i due Paesi, ma molti convogli venivano attaccati durante il tragitto: passeggeri inermi erano vittime di aggressioni feroci da parte di gruppi religiosi opposti.
In Medioriente, le tensioni tra la comunità ebraica e quella araba in Palestina raggiungono il loro culmine nel 1947, quando le Nazioni Unite approvano il piano di spartizione della Palestina, ponendo le basi per la creazione dello Stato di Israele. Åsbrink esplora le complessità di questo momento, mostrando come la fondazione di Israele sia vista da molti come una speranza per il popolo ebraico, ma al tempo stesso come l’inizio di un nuovo conflitto che segnerà profondamente la regione per decenni.
Uno degli aspetti più affascinanti di questo libro è la capacità di intrecciare grandi eventi con storie personali. Mentre il mondo cerca di trovare un nuovo equilibrio, l’autrice ci presenta una serie di personaggi, alcuni noti e altri meno conosciuti, le cui vite si sono incrociate o sfiorate nel corso del 1947.
Figure iconiche come Simone de Beauvoir, che pubblica Il secondo sesso, o George Orwell, che inizia a lavorare su 1984, emergono nel racconto come rappresentanti della tensione intellettuale e culturale di un mondo che cerca nuove risposte. De Beauvoir, con il suo libro rivoluzionario, offre una nuova prospettiva sul ruolo delle donne nella società, mentre Orwell, con il suo lavoro distopico, riflette le paure e le preoccupazioni di un mondo in cui le libertà individuali sembrano sempre più minacciate.
Un altro protagonista è Christian Dior, che nel 1947 rivoluziona il mondo della moda con il suo New Look. In un’epoca ancora segnata dalla penuria di materie prime e dalla distruzione, Dior propone una visione di rinnovamento e speranza, con abiti che celebrano la femminilità e il lusso. Anche questo dettaglio, apparentemente marginale, contribuisce a dare una dimensione più ampia al racconto di Åsbrink, mostrandoci come, anche in un periodo di grande difficoltà, la cultura e la creatività continuino a fiorire.
Accanto a queste figure celebri, l’autrice introduce una serie di personaggi meno noti, ma non meno importanti. Tra questi, spicca la figura di Raphael Lemkin, l’avvocato polacco di origine ebraica che coniò il termine “genocidio” e si batté per il suo riconoscimento nel diritto internazionale. Lemkin, che perse gran parte della sua famiglia durante l’Olocausto, dedica la sua vita a cercare di fare in modo che tali atrocità non possano mai più ripetersi. La sua lotta per il riconoscimento del genocidio come crimine internazionale è una delle storie più toccanti del libro, e Åsbrink riesce a trasmettere tutta la determinazione e il dolore che hanno caratterizzato la vita di questo straordinario personaggio.
L’analisi di 1947 rivela un libro che è molto più di un mero resoconto storico. Åsbrink intreccia con grande maestria le storie di grandi eventi con quelle di singole persone, rendendo il libro accessibile e coinvolgente. La sua attenzione ai dettagli storici e personali permette di comprendere le complessità di un anno che, a prima vista, potrebbe sembrare solo una fase di transizione tra la Seconda guerra mondiale e la Guerra fredda.
Uno dei punti di forza del libro è l’abilità della scrittrice nel trovare i collegamenti tra eventi apparentemente scollegati. Per esempio, la narrazione passa senza soluzione di continuità dalle discussioni sulla creazione dello Stato di Israele agli eventi in India, mostrando come le forze del colonialismo e del nazionalismo abbiano influenzato diverse parti del mondo.
Allo stesso tempo, l’autrice non si limita a presentare i fatti, ma si interroga anche su come questi abbiano plasmato il mondo contemporaneo. La sua analisi della Guerra fredda, per esempio, mostra come molti dei conflitti che sono emersi negli anni successivi abbiano le loro radici nel 1947.
Lo stile di Åsbrink è uno degli elementi più distintivi di 1947. La sua scrittura è, allo stesso tempo, accurata e riesce a rendere accessibile e coinvolgente anche la narrazione di eventi complessi.
L’uso della frammentazione narrativa riflette la natura caotica e dispersa degli eventi di quell’anno, ma è anche un modo per sottolineare come le storie personali e collettive si intreccino in modi inattesi. Åsbrink adotta spesso una prospettiva quasi letteraria, trattando i personaggi storici come protagonisti di un grande dramma umano.
Il suo stile ricorda in alcuni tratti quello della non-fiction creativa, in cui il rigore della ricerca si fonde con una narrazione emotiva e profondamente umana. Åsbrink si muove tra i grandi temi della storia globale e le storie personali con una fluidità che mantiene l’interesse del lettore senza mai scadere nell’eccessiva drammatizzazione o nel distacco accademico. Il suo modo di presentare i personaggi storici è talvolta intimo, quasi come se li conoscesse personalmente, e ciò crea un legame emotivo tra il lettore e i protagonisti della storia.
Un altro aspetto importante è la capacità di usare dettagli minimi per evocare scenari più grandi. Per esempio, può descrivere un oggetto, un luogo o una singola azione per trasmettere il senso di un’intera epoca o di un conflitto più ampio. Questa abilità di cogliere il particolare per spiegare l’universale rende la lettura di 1947 non solo informativa ma anche profondamente evocativa. Il lettore si ritrova immerso nell’atmosfera dell’anno che viene raccontato, come se fosse trasportato nel passato per osservare da vicino le dinamiche di quel momento storico.
1947 è un libro che riesce a raccontare un anno cruciale della storia mondiale con una prospettiva unica e umana. Non si tratta di un semplice resoconto cronologico degli eventi, ma di un’analisi profonda e sfumata delle dinamiche che hanno plasmato il mondo moderno.
Il libro in una citazione
«La storia non è una linea retta, ma un mosaico di frammenti, ognuno dei quali porta con sé una promessa e una ferita.»
12 novembre 2024
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