In un breve saggio Tamara Baris va alla scoperta delle lezioni più importanti del grande giornalista, ancora valide vent’anni dopo la sua scomparsa
di Elisa Vuaran
In Oriente con Tiziano Terzani. Sui sentieri dell’altro
Autrice: Tamara Baris
Editore: Giulio Perrone
Anno edizione: 2024
Genere: Società, Biografie, Media e comunicazione
Pagine: 144
Consigliato a chi vorrebbe approfondire la figura di Tiziano Terzani e il suo contributo al giornalismo.
Se ti interessa, leggi anche
Un indovino mi disse di Tiziano Terzani. TEA 2020.
Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani. Longanesi 2004.
Tiziano Terzani è una figura colossale che si staglia nel profilo del giornalismo internazionale del Novecento, e che continua – oggi a vent’anni dalla sua scomparsa – a fungere da punto saldo nel panorama dei reportage, soprattutto di guerra. Non è facile raccontare una personalità così complessa, sfaccettata, per molti lontana dal proprio sentire, tanto da essere a un certo punto, anche per la sua barba bianca e le vesti candide, additato come un “guru”.
A chi volesse ripercorrerne la carriera, la vita o comprenderne la filosofia, Terzani ha di molto facilitato il lavoro a tutti, scrivendo in lungo e in largo di sé, delle proprie esperienze e idee in articoli da corrispondente estero e libri autobiografici dal sapore di diario personale, la cui lettura di prima mano rimane imprescindibile – e facilmente accessibile – per avvicinarglisi.
Quella che presenta Tamara Baris, dottoressa di ricerca in Storia della lingua italiana e editor freelance, nel saggio In Oriente con Tiziano Terzani non è quindi tanto un’opera di ricostruzione della sua vita quanto un’indagine sulla sua eredità nell’Italia dei giorni nostri. Il lettore non si aspetti di ripercorrere i passi del giornalista: nonostante il titolo, non ci si allontana mai dallo Stivale se non attraverso esperienze raccontate da altri. Si parte dal luogo geograficamente più vicino a Terzani, la remota tenuta dell’Orsigna in Toscana, dove ha trascorso i suoi ultimi anni, e dalle persone a lui più care, con un’intervista al figlio Folco e la prima fatidica domanda poi ripetuta a tutti: qual è stata la sua lezione più importante che vorresti fosse ricordata?
Il viaggio prosegue nell’immenso archivio che ospita tutte le sue carte, a Venezia. Tuttavia, la parte più significativa del percorso si trova nella seconda metà del libro, in cui l’autrice racconta diversi incontri con giovani giornalisti – a volte atipici – per discutere dell’eredità di Terzani. Con Matthias Canapini, non classico giornalista ma autoproclamato “testimone”, discute del viaggiare lento, a terra, con il senso a volte pericoloso dell’avventura, dello spirito che insomma anima Un indovino mi disse e della necessità di mettersi in gioco. Con Marco Sacchelli, psicologo e libraio itinerante, riflette sull’unione tra razionale e irrazionale, ben evidente in Un altro giro di giostra. Con la giornalista investigativa di RaiNews Raffaella Cosentino, infine, ragiona sull’attualità politica, sugli aspetti pratici e soprattutto sulle implicazioni emotive e psicologiche del mestiere, con episodi vissuti nel raccontare i conflitti in Ucraina e in Palestina. Per lei una delle eredità più importanti lasciate da Terzani è l’essere dichiaratamente emotivo senza nascondersi dietro un’ingannevole illusione di imparzialità, fornendo una visione personale, la chiave di lettura che può avere solo chi vede di persona quel che sta accadendo.
Scritto con uno stile accessibile ma non semplicistico, in cui il vissuto personale si mescola alla riflessione su temi universali, In Oriente con Tiziano Terzani non ha quindi il valore aggiunto di riportare in vita un personaggio che si spiega da sé né tanto quello di “cercare dentro di sé i suoi valori”, ma quello di accendere in ogni tempo una riflessione su cosa significhi giornalismo e su come gli scopi e le esigenze di questa professione siano mutati.
Il libro in una citazione
«Il mestiere che ho fatto non era proprio quello del giornalista, me lo sono inventato. Ma ti immagini un italiano che parla il tedesco – insomma maccheronicamente – che diventa corrispondente di un giornale tedesco in Asia, che fa che cacchio gli pare, va dove gli pare, che diventa fotografo perché non vuole viaggiare coi fotografi? Non esisteva mica questo lavoro. Poi, fare il giornalista era per me una sorta di copertura, come uno che fa il mercante per fare la spia. Perché in verità, sì, lo facevo con passione ma non era la mia ossessione. La mia ossessione era vivere, vivere a modo mio, vivere come mi piaceva […].»
4 novembre 2024
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