Trent’anni dopo Jack Frusciante è uscito dal gruppo Enrico Brizzi si rivela all’altezza delle aspettative immergendo Alex D. e Aidi in una storia di amicizia, famiglia, incontri insperati, in cui la musica diventa parte del narrare
di Sabrina Colombo
Due
Autore: Enrico Brizzi
Editore: HarperCollins Italia
Anno edizione: 2024
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 320
Consigliato a chi ha apprezzato Jack Frusciante è uscito dal gruppo, a chi si entusiasma leggendo i romanzi intrisi di musica, soprattutto punk e rock anni Ottanta e Novanta, a chi ama la prosa sperimentale che ibrida vernacolo e modi di dire adolescenziali, a chi legge a voce alta o ascolta le “letture espressive” dei romanzi, a chi si diverte a ritrovare fra le pagine citazioni cinematografiche, di canzoni o di poesie, a chi si è fatto una cultura musicale con Videomusic.
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Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Una maestosa storia d’amore e di rock parrocchiale di Enrico Brizzi. Ed. Transeuropa 1994 oppure Mondadori 2016.
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la playlist ispirata a Due pubblicata da Enrico Brizzi su Spotify.
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Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enza Negroni (film drammatico, Italia 1996).
Siamo nell’anno domini 1992, in una calda Bologna di inizio estate. Finite le lezioni presso l’odioso liceo classico Caimani – dove gli insegnanti di “letteremorte” odorano di muffa e anche le bidelle assomigliano a guardie pretoriane – Alex D. è in piena bufera esistenziale.
La ragazza che ama, Adelaide – detta Aidi – è appena partita per uno scambio culturale nella lontana Pennsylvania (Usa). Ci rimarrà un anno. Lo strappo è forte e lo sta dilaniando. Sono stati mesi duri quelli che Alex si è lasciato alle spalle, pregni di avvenimenti dolorosi e sconvolgenti. La perdita di Martino, compagno di scuola e amico fidato, morto suicida sotto il peso di una quotidianità cui non sapeva dare un senso, lo ha segnato nel profondo.
È il momento giusto per schiodarsi dal divano, smettere di fissare il soffitto e lanciarsi in un interrail – sogno proibito della sua generazione – per le vie di un’Europa che sta ridisegnando la propria geografia, in rinnovato fermento dopo il crollo del muro di Berlino. Non può mancare all’appello il gruppo in cui orgogliosamente milita: Alex è il bassista delle Anatre di Central Park, una band “post-punk con venature ska e new wave. In pratica un cross over” con l’ambizione di affermarsi sulla scena underground e di realizzare un feat con Manu Chao.
È questo l’avvio di Due, sequel di Jack Frusciante è uscito dal gruppo, il piccolo gioiello pubblicato dalla casa editrice Transeuropa che nel 1994 lanciò il diciannovenne Enrico Brizzi, dando l’abbrivio alla sua carriera: un “Giovane Holden” in salsa emiliana presto diventato iconico sia per l’uso sperimentale postmodernista della lingua, che impastava slang giovanile e dialetto, cultura pop e tradizione, sia per l’efficacia della rappresentazione del mondo degli adolescenti.
Due è il racconto della vita di Alex e Aidi durante la lunga stagione del loro “arrivederci”: una storia di amicizia, famiglia, affetti, incontri importanti e insperati. Il tutto sulle note di una fantastica colonna sonora che riunisce il meglio della musica suonata in quegli anni. È proprio il caso di dirlo – qui la musica non è un semplice sottofondo contestualizzante: è essa stessa parte del narrare, entra nella prosa attraverso rimandi continui, citazioni, riferimenti multisensoriali.
Due è un romanzo che – in virtù di un uso “alternativo” della punteggiatura che abbatte le differenze tra registro scritto e comunicazione orale – si presta moltissimo a essere recitato a voce alta: del resto Brizzi ha sempre amato i reading letterari e in questi giorni sta girando con l’accompagnamento di alcuni musicisti per festeggiare i trent’anni del suo libro d’esordio.
Due piacerà a chi ha amato Jack Frusciante, a chi nel 1994 si è immedesimato nei teneri approcci alla vita adulta dei protagonisti, a chi ha pianto sulla morte insensata di Martino – anima bella e tormentata – e a chi ha percepito il profumo del vento che scompigliava i capelli “del nostro”a cavallo della bicicletta, mentre dalla “Saragozza avenue” si inerpicava per i colli bolognesi, in cerca di intimità con Aidi.
Due sono anche le voci in campo: Adelaide – che confida le sue insicurezze a un diario – e Alex che raccoglie su supporto magnetico il resoconto del suo vivere fuori dagli schemi.
A fare da contrappunto, qua e là compare il narratore esterno: un cantastorie che, con affetto, segue i ragazzi, li scruta silenziosamente, a volte un po’ ne compatisce la goffaggine o l’inesperienza, non lesinando commenti che fanno sentire il lettore, cui si rivolge direttamente, coinvolto nella piega che stanno prendendo gli eventi.
Il sequel è coerente e non fa rimpiangere l’opera cui si aggancia, la completa e anzi la valorizza. Il finale prescelto non cerca una morale facile, è quello più funzionale alla riflessione sul senso dello scrivere che permea il percorso esistenziale di Alex e forse anche del suo ideatore.
Non mancano i rimandi alla letteratura e alla poesia, da e.e. Cummings ad Arthur Rimbaud, passando per Robert Frost e Henry David Thoreau, amalgamati sotto forma di dialoghi o flussi di coscienza: sono pennellate preziose, che ci restituiscono la tridimensionalità degli attori in scena, incompleti come sanno essere i giovani (lo diceva pure Italo Calvino), ma non per questo privi di sfumature dell’anima e profondità di ragionamento.
Concepire un “secondo tempo” – che raccontasse la storia di Alex e Aidi “cresciuti”, i fallimenti sentimentali e professionali, le amicizie troncate o coltivate, le occasioni perse e i successi ottenuti – avrebbe avuto un che di scontato: Enrico Brizzi non è banale e si tiene lontano dalla tentazione del romancee dai toni esageratamente nostalgici.
Sosteneva John Lennon che “la vita è quello che ti succede mentre sei occupato a fare altri progetti”: Brizzi tiene la barra dritta rispetto al plot originario e sceglie di mettere su carta – al posto delle inevitabili amarezze di un quarantenne – la bellezza imperfetta dell’adolescenza. Un tempo e un luogo sospeso, disseminato di montagne russe emotive, in cui tutte le prospettive restavano aperte e la distanza tra il dolore più inconsolabile (quel “double–decker bus”che ti stritola per lo struggimento, di cui cantava Morrissey) e il desiderio di tornare a essere felice (l’inno I Will Survive di Gloria Gaynor) era proprio questione di un attimo.
Brizzi è nato a Bologna nel 1974 ed è autore di numerosi romanzi e racconti. Il suo esordio nel 1994 (Jack Frusciante è uscito dal gruppo, Finalista Campiello 1995, Premio Bergamo 1995, Premio Fregene Giovani 1996) – tradotto in oltre venti Paesi – è diventato un caso editoriale che ha influenzato un’intera generazione. La successiva produzione è quanto mai eterogenea: va dalla saggistica alla biografia, passando per la regia cinematografica, la musica e i resoconti di viaggio, a piedi e in bicicletta.
Il libro in una citazione
«Nel tardo giugno dell’anno domini uno nove nove due – da qui si riparte – il vecchio Alex giaceva in ruina, ridotto all’ombra tardo-adolescenziale di se stesso. Non filava più come il vento, puvràtt, e nemmeno osava azioni timide alla moviola; sospirava spento e nascosto al mondo, ecco cosa, nella penombra della sua cameretta a casa D., in fondo alla Saragozza avenue di Bologna.»
25 settembre 2024
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