Nel saggio Educazione Salentina Federico Mello ricerca le radici dei mali che hanno afflitto la sua terra natia e ripercorre le tappe che l’hanno fatta diventare un grandissimo polo di attrazione turistica
di Raffaele Nuzzo
Educazione salentina. O di come il Salento è diventato il Salento
Autore: Federico Mello
Editore: Kurumuny
Anno edizione: 2024
Genere: Società, Storia
Pagine: 177
Consigliato a chi desidera studiare cenni di antropologia socio-culturale di un territorio unita alla sua storia contemporanea, a chi ama le storie di successo e riscatto socio-economico, le biografie, il Salento.
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Salentini. Guida ai migliori difetti e alle peggiori virtù (Editore Sonda, 2012) di Piero Manni.
Se ti interessa, guarda anche
Sangue vivo (film drammatico, Italia 2000) e Galantuomini (film drammatico, Italia 2008) di Edoardo Winspeare.
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Le radici ca tieni (2003) e Te fumanu (1996), brani musicali dei Sud Sound System.
Il Salento è una penisola bagnata da Adriatico e Ionio, tacco d’Italia, “Puglia” de iure e regione de facto con lingua, costumi, usi propri. Abbraccia l’intera provincia di Lecce, suo maggiore centro, e parti di quelle di Brindisi e Taranto, per un’estensione pari a cinquemila chilometri quadrati e una popolazione di oltre un milione di abitanti. Quella salentina è un’identità molto forte, che si esprime con un particolare dialetto, figlio di lingue romanze e latine con richiami ellenofoni.
In Educazione Salentina Federico Mello ripercorre le tappe che hanno portato la sua terra natia a diventare un polo d’attrazione del turismo italiano e internazionale. Non si direbbe, eppure prima di essere la meta vacanziera di livello che è oggi, il Salento era sconosciuto, isolato, decentrato, contrariamente alla rilevanza strategica che invece ricopriva in età greco-romana per la sua posizione nel Mediterraneo.
L’autore esordisce proprio con brevi cenni di storia antica su questa subregione che per secoli fu colonia greca parte integrante dell’allora Magna Grecia. Di ciò ne è testimonianza una specifica zona, la Grecìa Salentina, dove resiste tuttora una minoranza che parla il griko, una lingua greco-italiota. Si passa poi nel periodo a cavallo dei secoli XVI-XVII, quello del massimo splendore salentino, epoca in cui qui si produceva e commerciava il prezioso “olio lampante”, utilizzato per illuminare tutta Europa quando ancora non esisteva l’energia elettrica.
Mello prosegue la sua disamina storica soffermandosi sull’innesco della fase di declino economico e sociale del Salento, che coincise con l’Unità d’Italia. Un cammino doloroso, che peggiorò nel primo Novecento, quando questa terra rimarrà abbandonata a se stessa, in balìa dell’ingordigia dei latifondisti spalleggiati prima dal regime fascista e, nel secondo dopoguerra, dai signori locali e i loro sistemi feudali rimasti immutati.
Nella metà del secolo scorso, nel tentativo di eguagliare la ricchezza del Nord, il boom economico e la Cassa del Mezzogiorno daranno vita al “triangolo industriale del Sud”, Bari-Brindisi-Taranto, con l’ambiente che pagherà il conto più salato (Ilva docet). In ogni caso, quel miracolo economico non investirà il Salento del dopoguerra, perennemente scollegato e sguarnito di porti, prevalentemente agricolo, rimasto ancora “ancestrale” e forse anche “tribale”. Il Salento del “tarantismo”, studiato dall’eminente antropologo Ernesto De Martino, curato a suon di tamburellate cui Mello farà ampio riferimento.
È la “terra del rimorso” dove “pizzica” la “taranta”, un ragno nascosto tra le coltivazioni di tabacco, coltura rimasta tra le sparute fonti di reddito in provincia di Lecce e che ben presto sarà spazzata via dalla globalizzazione che imporrà l’importazione di sigarette dall’estero. Congiuntamente alla robotizzazione dell’agricoltura, che cancellerà tanti posti da bracciante. E l’autore è abile a tessere tutti questi rapporti causa-effetto che costringeranno, negli anni Sessanta, generazioni di salentini a emigrare.
Con un insieme di fattori così negativi, non poteva che aprirsi un’altra piaga in questa terra sventurata: l’avvento della Sacra Corona Unita con la sua stagione di sangue fatta di bombe, morti, violenza. E, anche qui, Mello si spende in un’esaustiva parentesi sulla cosiddetta “Quarta Mafia”, inquadrando le cause della sua nascita e diffusione sul territorio, le attività e i guadagni illeciti, gli affiliati e le loro gerarchie, i clan più feroci, la filiera del contrabbando dal produttore al consumatore.
Non può andare sempre tutto storto e, grazie soprattutto al poeta Vittorio Bodini e al drammaturgo Carmelo Bene, timidamente prende piede un “Rinascimento” tutto salentino, a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, su cui Mello preme molto nel saggio, ben circostanziando l’embrione che porterà alla prima edizione della “Festa te lu mieru” di Carpignano insieme alla Melpignano di Sergio Blasi attivissima nell’organizzare di concerti.
La musica diverrà il propulsore più potente della cultura salentina con le dance hall nelle vecchie masserie, a ritmo di reggae. Il dialetto, usato nei testi delle canzoni, se prima era snobbato, ora è il volano di questa rinascita e assurge a simbolo di rottura con l’omologazione che vedeva l’imposizione della lingua italiana parlata. Il Salento spicca il suo volo, come quello del suo santo da Copertino, Giuseppe, il “fra asino” a cui Mello dedica alcune righe del saggio.
I festival, i revival, il folk saranno il microfono attraverso cui il Salento farà sentire la sua voce, quella della musica popolare cantata una volta tra le alte piante di tabacco a lenire le immense fatiche delle masse contadine e ora trasposta sui palchi e nelle piazze dei paesi.
Verso la fine del XX secolo, il Salento continua a decollare grazie a due nuovi grandi artisti emergenti: Edoardo Winspeare per il cinema e i Sud Sound System per la musica. Molti dei pezzi di quest’ultimi, a parte essere prodotti di originali miscele di sonorità di hip hop e reggae, sono vere e proprie denunce sociali sull’emigrazione, sulla mafia, contro “quelli ca te fumanu”. Tematiche affrontate anche nelle pellicole del regista italo-austriaco.
A ogni modo, negli anni Novanta, a parte cinema e musica, questo processo di cambiamento in positivo è stato possibile anche per mano della buona e perspicace politica cui Mello riconosce ampiamente i meriti in maniera asettica, senza alcun parteggiamento di sorta.
Per esempio Gallipoli, cui Massimo D’Alema si professava cittadino adottivo poiché sede sia di un suo seggio sia del “patto della vongola”, stipulato nel 1994 con Rocco Buttiglione. E per tale motivo la “città bella” acquisì notorietà turistica con Prodi che la scelse per le sue vacanze estive. Non sarà da meno il contributo apportato dai sindaci Carlo Salvemini e Adriana Poli Bortone, che cambieranno completamente il volto del capoluogo salentino, portandogli la visibilità che gli spetta. “Progetto Urbani”, “Lecce Porta d’Europa”, “Legge Barocco” sono solo alcuni dei finanziamenti Ue e statali intercettati e finalizzati al restauro di chiese e palazzi.
Tante sono state le “primavere” in giro per il mondo e nel 2000 anche il Salento vive la sua. Si chiama proprio “Operazione Primavera” la dichiarazione di guerra dello Stato al contrabbando di sigarette. Mello spiega le strategie adottate dalle autorità per arginare e distruggere quel sistema delinquenziale. A seguire, sarà rinascita per questa terra, non ci saranno più sbarchi né contrabbandieri e la Sacra Corona Unita verrà decapitata una volta per tutte.
In sostanza, Mello fa un resoconto delle fasi più salienti della storia salentina degli ultimi trent’anni, del “miracolo” che ha vissuto questo estremo lembo d’Italia. Qui, in Salento, c’è stata una vera e propria rivoluzione che è stata resa possibile grazie a un bellissimo gioco di squadra. Nel lavoro dell’autore non mancano paragrafi dedicati alla biografia dei maggiori protagonisti di questa impresa memorabile.
In Educazione Salentina si avverte l’attaccamento alla terra che gli ha dato i natali, si percepisce tra le righe il suo coinvolgimento a scrivere del riscatto di questi luoghi. Il saggio non segue sempre una linea temporale, pur comunque non facendo mai perdere la bussola al lettore. Del resto, è comprensibile non si possa relazionare in relativamente poche pagine su un territorio storicamente e culturalmente vastamente complesso.
Il XX secolo è stato l’anno zero per i salentini e Mello guida il lettore tra le politiche di incentivazione che sono state operate e che, come semine intelligenti, hanno dato frutti abbondanti. Primo fra tutti le presenze turistiche quadruplicate nel 2023 rispetto a quelle registrate nel 2000. Poi la fioritura di oltre cento gruppi musicali di pizzica salentina, che daranno luogo all’ormai celeberrimo Festival della Taranta. Ancora, il “negroamaro”, vitigno che in passato si usava per tagliare vini esteri o del Nord Italia, diventato pregiato vino autoctono da cui prenderà il nome una rock band tra le più importanti del Paese. Vari poi saranno i festival musicali e i film pluripremiati che saranno girati qui.
All’industrializzazione il Salento ha preferito cultura e arte, che hanno fatto da trigger turistici, ed è diventato un modello di successo, un Sud che ha vinto. L’offerta vacanziera ruota a 360 gradi: mare, reggae, jazz, rock, lirica, cinema, sagre enogastronomiche. Il fenomeno della globalizzazione ha intaccato meno che da altre parti ben contrastato da “cultura, amore e radicazione”, come dicono i Sud Sound System. Qui nella “finibus terrae”, dove finisce la terra, iniziò un sogno. I salentini vedranno sorgere una nuova alba, loro che tra l’altro a Sudest ogni giorno sono i primi italiani a vederla.
Mello ha scritto non solo Educazione Salentina ma anche altri libri, tra cui L’Italia spiegata a mio nonno (2007, Mondadori), Il lato oscuro delle stelle (2013, Imprimatur), La viralità del male (2017, Baldini&Castoldi). È un giornalista, leccese di nascita, classe 1977, e ha collaborato con Il Fatto quotidiano, l’Huffington Post, la trasmissione televisiva Ballarò e con Michele Santoro per la Rai e per altri programmi di La7.
La casa editrice che ha pubblicato Educazione Salentina è Kurumuny (dal greco “germoglio d’ulivo”), ha sede in Calimera (Lecce) e si occupa principalmente di far conoscere storia e tradizioni del Salento.
Mello ha scavato bene sotto questa “terra rossa”, ricercando le radici dei mali che l’hanno afflitta, ma anche quelle di una ribalta clamorosa, e ha tessuto il corollario di un’incredibile storia di successo. Con un pizzico di “amor di patria” che è impossibile non provare per questa terra autentica, anzi. Con una “pizzica”.
Il libro in una citazione
«Quelli che erano gli storici punti deboli della penisola salentina – l’isolamento, l’arretratezza, la lontananza dai processi industriali – man mano si stanno trasformando in punti di forza. A guardarlo con occhi nuovi, il Salento sta diventando un territorio che ha saputo prendere in mano la sua unicità e metterla al passo coi tempi.»
14 settembre 2024
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