L’opera di John Fante, che occupa un posto di rilievo nella letteratura americana del XX secolo, continua a conquistare per resa stilistica e contenutistica
di Raffaele Nuzzo
Chiedi alla polvere
Autore: John Fante
Traduttrice: Maria Giulia Castagnone
Editore: Einaudi
Anno edizione: 2016
Anno prima edizione: 1939 (Stati Uniti)
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 212
Consigliato a chi ama le biografie, le storie d’amore complicate, le storie di successo, le storie di emarginazione, le storie di sognatori.
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Il giovane Holden di J. D. Salinger. Einaudi 2014. Traduzione di Matteo Colombo.
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Chiedi alla polvere di Robert Towne (film drammatico-sentimentale, Usa-Germania 2006).
Bunker Hill, Los Angeles, anni Trenta. Da quartiere di benestanti qual era negli anni Dieci del Novecento, Bunker Hill diviene sovraffollata banlieue per via di ammodernamenti stradali e infrastrutturali. Proprio qui, nella misera stanza di un albergo, Arturo Bandini, protagonista di Chiedi alla polvere e alter ego dell’autore John Fante, si consuma nel sogno di diventare un grande scrittore mentre osserva ammirato il poster del suo idolo e mecenate Hackmuth.
Quest’ultimo è l’editore al quale il protagonista spedisce i suoi racconti brevi, ricevendo i compensi monetari che lo sollevano momentaneamente da una vita miserabile. Tra questi, Il cagnolino rise, che gli frutterà qualche decina di dollari coi quali pagherà la camera e si sentirà ricco per qualche giorno.
La giornata di Bandini scorre tra le comparsate della proprietaria dell’hotel a rammentargli i pagamenti insoluti, prostitute in vari locali notturni e il vicino di camera Hellfrick, di cui invece è creditore. Finché non conosce Camilla, cameriera in un bar, e se ne invaghisce perdutamente.
Il rapporto con Camilla viaggia su un moto ondoso. L’aspirante scrittore prova a conquistarla, mandandole poesie mediante telegrammi, alla cui consegna assiste di nascosto, per sbirciarne la reazione. Poi nasconde la mano dopo aver gettato la pietra: quando ottiene le sue attenzioni, Bandini si eclissa in un logorante tira e molla amoroso.
“Fu come appoggiare le labbra su un pezzo di arrosto freddo”, scrive il protagonista in alcova con Camilla. Lui la respinge e quando viene odiato per averla rifiutata, torna a desiderarla e così l’amplesso non si consuma mai. A lui basta percepire di avere appetito sessuale, la sola prova per considerarsi un uomo virile. Parallelamente, gli basta che un suo racconto breve venga apprezzato, per sentirsi uno scrittore affermato.
Il romanzo si snoda tra stramberie varie, riflessioni sul senso della vita e personaggi che proveranno a sedurre Bandini, bussando alla sua porta. Gente con “l’odore del suo fiato e quello che accompagna la decomposizione, dolciastro e appiccicoso, l’odore della vecchiaia”. Vera o Sammy, tra questi, che – come gli spiriti del Natale di Charles Dickens – hanno da chiedergli e insegnargli qualcosa.
Nella storia della letteratura, esistono libri che vengono scoperti per caso, magari perché un autore deve loro il successo del suo bestseller. E poi ci sono quelli emersi dopo anni di anonimato, invisibili agli avventori delle librerie. Sepolti dalla polvere, addirittura, come appunto Chiedi alla polvere di Fante.
Fu Charles Bukowski a innamorarsi di questo romanzo e del suo autore, che definì il suo dio, e ad avere il merito di farlo lanciare dalla casa editrice Black Sparrow. All’epoca dei fatti, Fante, purtroppo, versava ormai in pessime condizioni di salute, fiaccato dal diabete, e non riuscì a sopravvivere per vedere il seguito che il romanzo, poi ricordato come la sua opera migliore, ebbe tra il grande pubblico.
Chiedi alla polvere, pubblicato in edizione originale nel 1939 e arrivato in Italia nel 1941, è il fratello maggiore del più fortunato Il giovane Holden di J. D. Salinger, uscito nel 1951 negli Stati Uniti e l’anno dopo nel nostro Paese. A chi li ha letti entrambi balzano all’occhio delle assonanze narrative, insieme al fatto che Chiedi alla polvere è senz’altro stilisticamente superiore.
La storia si costruisce su un ritmo incalzante. È puntellata da molte parti dialogate, periodi brevi e saggiamente sequenziati, come note in uno spartito. Il contesto stilistico è sempre omogeneo e non si segnalano isolazionismi concettuali.
Il romanzo di Fante è una miniera di metafore, molte davvero notevoli. L’autore tira fuori il meglio della sua scrittura nelle situazioni difficili. Con sua somma gioia, potrebbe aggiungersi, perché Fante prega che il pericolo perduri affinché possa accumulare quanta più scrittura possibile. Come quando ci si ritrova in mezzo alle gigantesche onde dell’oceano.
Tragedie e spericolatezze sono il suo asso nella manica, le dipinge magistralmente come nel caso del terremoto (“il mondo era polvere e sarebbe tornato polvere”). Costantemente immaginifico, l’autore scrive di scene cariche di morte e distruzione, che resteranno vivide nella mente dei lettori.
E proprio la sua immaginazione sarà ingrediente essenziale sia per la produzione artistica sia per il costrutto in cui si rispecchia continuamente come scrittore acclamato.
La polvere, invisibile e infinitesimale, si posa ovunque come velo del tempo che stagna. Simbolo di staticità, emblema dell’oblio che per poco non inghiottiva quest’opera. Alla polvere Fante ha chiesto di non essere dimenticato e questa polvere lo ha consegnato alla storia della letteratura americana del XX secolo.
Il libro in un citazione
«Davanti agli occhi avevo il foglio dattiloscritto, mentre fluttuavo, sbattuto dalle onde, senza riuscire a raggiungere la costa, sicuro che non ne sarei uscito vivo.»
1 settembre 2024
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