Con uno stile di scrittura molto personale, Andrea Donaera fa riflettere su quanto il destino possa mettersi di traverso nella realizzazione dei propri sogni
di Enzo Palladini
Lei che non tocca mai terra
Autore: Andrea Donaera
Editore: NNE
Anno edizione: 2021
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 240
Consigliato a chi continua a credere nell’amore, anche quando sembra sia una prospettiva impossibile.
Andrea, il protagonista, è un ragazzo salentino che ogni giorno va a trovare Miriam, una sua coetanea, in coma dopo un grave incidente stradale. Miriam si trova in una stanza nella casa dei genitori, con un finestrone vista mare. Un panorama del quale ovviamente non può minimamente godere. I due ragazzi non sono esattamente fidanzati, anzi. Si conoscono appena. Sono usciti una volta, si sono avuti in maniera un po’ troppo sbrigativa nell’utilitaria di lui, niente di più. Miriam diventa l’unica vera ragione di vita per Andrea, che soffre con tutta l’anima ogni volta che entra in quella stanza, eppure non ha alcuna intenzione di interrompere le proprie visite.
La dottoressa che cura Miriam vuole che amici e famigliari passino del tempo accanto a lei e le parlino, di qualunque cosa. La chiama “talking cure”. L’importante è parlare. Proprio così scopriamo la storia della ragazza e quella del mondo che la circonda.
Miriam è figlia di Lucio, il sindaco del paese. La mamma, Mara, è una casalinga insoddisfatta che da giovane si è innamorata del potere (sia pure locale) del futuro marito e su una presunta agiatezza ha costruito tutta la sua esistenza. Ma c’è un episodio del passato che continua a tormentarla, la morte della sorella diciottenne che stava partorendo. Il padre naturale di quella creatura era papa Nanni, una specie di santone a cui si affidano i disperati, che in realtà è il fratello del marito di Mara. La sorella morta si chiamava Miriam ed è proprio in suo onore che la ragazza in coma è stata battezzata così.
C’è poi un’ulteriore complicazione: Andrea, oltre a frequentare ogni giorno la casa di Miriam, trascorre buona parte del suo tempo nel cosiddetto “santuario”, dove papa Nanni mette in atto i suoi esorcismi. Lucio e Mara hanno rotto i rapporti con Nanni, che a sua volta parla in maniera terribile del fratello e della cognata. Andrea a un certo punto è sparito dalla vista e dalla vita di Miriam proprio su istigazione del presunto santone.
I personaggi in gioco sono questi: Miriam, Andrea, Lucio, Mara, Nanni. C’è anche una presenza impercettibile, quella della mamma di Andrea, che vive vegetando da quando il marito si è suicidato. Altro personaggio con un compito preciso all’interno della narrazione è Gabry, amica del cuore di Miriam, che vive e studia a Bologna e che alla fine si rivelerà determinante.
Andrea Donaera è un giovane scrittore salentino (classe 1989), nato a Maglie e cresciuto a Gallipoli, dove risiede tuttora e dove ha aperto la bellissima libreria e “bottega culturale” Macarìa. In una nota all’inizio del libro spiega che gli eventi descritti sono frutto d’immaginazione, ma vanno collocati geograficamente e temporalmente a Gallipoli tra il 22 dicembre 2007 e il 20 gennaio 2008.
Il sospetto che qualcosa di autobiografico sia presente è forte, per il grado di coinvolgimento che si percepisce tra le pagine, mentre si procede speditamente verso il gran finale. Colpisce molto la costruzione del romanzo: ogni capitolo ha come titolo il nome di uno dei personaggi e in quelle pagine si entra nella storia dal suo punto di vista. Ma dopo essere entrati in sintonia con la storia, si potrebbe anche evitare di leggere il titolo.
Ognuno degli attori di questa vicenda parla attraverso la scrittura di Donaera con un suo tono inconfondibile. Uno stile di scrittura molto personale, che si eleva improvvisamente nell’ultima parte, quando deve accompagnare il ritmo di eventi altamente drammatici. Utilizza spesso il presente indicativo anziché il congiuntivo dopo l’espressione “come se”. Per esempio: “Come se non dorme da una vita”, rendendo così il suo discorso ancora più aderente al parlato comune.
Nello sviluppo narrativo, Miriam si rivolge a se stessa, come se nel coma si fosse sdoppiata. Si racconta il suo recente passato come se l’avesse vissuto un’altra persona, esprime ragionamenti molto profondi, inframezzati da frasi rabbiose contro gli errori commessi lungo la strada. Lucio, il padre di Miriam si esprime in strettissimo dialetto salentino e passa per un uomo un po’ stupido, anche se fondamentalmente non cattivo. Mara, la mamma di Miriam, usa molto il turpiloquio e anche qualche imprecazione, come se volesse gridare tutta la sua rabbia per aver perso una sorella e quasi perso una figlia. Uno stile di scrittura molto personale e molto interessante, che si eleva improvvisamente nell’ultima parte, quando deve accompagnare il ritmo di eventi altamente drammatici. La prosa di Donaera, con il suo periodare che diventa secco e breve, con qualche ripetizione che sottolinea i concetti giusti, riesce nel suo intento e lascia intravedere le doti di uno scrittore di altissimo livello.
Il messaggio finale che ci arriva è doppio: da una parte bisogna credere in qualcosa, inseguire un obiettivo mettendoci tutto quello che si ha dentro per raggiungerlo. Dall’altra, non è detto che basti questo per arrivare dove vogliamo. Tra chi ce la fa e chi non ce la fa la differenza può essere marcata da un qualunque agente esterno, indipendente dalla volontà e dall’impegno.
Il libro in una citazione
«Niente al mondo è fatto per rimanere. Niente al mondo è fatto per ritornare. Scoprire questo significa soffrire.»
28 agosto 2024
© RIPRODUZIONE RISERVATA