Nell’ultima opera il fumettista di Arezzo affronta il tema dell’eredità intergenerazionale dei traumi, lo cala nella storia del nostro Paese e ci ricorda che non si è mai soli
di Elisa Vuaran
Quando muori resta a me
Autore: Zerocalcare
Editore: Bao Publishing
Anno edizione: 2024
Genere: Fumetti & Graphic Novel (autobiografia)
Pagine: 304
Note: Edizione variant realizzata per il Salone del libro di Torino 2024 con copertina colorata da Alberto Madrigal
Consigliato a chi cerca qualche ora di evasione e di riflessione sull’Italia e sulla storia di tutte le sue famiglie.
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Abbandonare un gatto di Murakami Haruki. Illustrazioni di Emiliano Ponzi. Traduzione di Antonietta Pastore. Einaudi, 2020. Sul rapporto padre-figlio.
Fiore di roccia di Ilaria Tuti. Longanesi, 2020. Sui paesini di montagna coinvolti nel primo conflitto mondiale.
Se ti interessa, guarda anche
Strappare lungo i bordi (2021) e Questo mondo non mi renderà cattivo (2023), le serie animate scritte e dirette da Zerocalcare per Netflix.
In un tramonto sotto la pioggia battente, nell’insospettabile quartiere romano di Rebibbia, il temibile Merman, cattivo acquatico del cartone animato He-Man, si scontra senza esclusione di colpi con quello che chiunque avrebbe creduto un comune cittadino. Il piccolo Zerocalcare è incredulo: Merman a Rebibbia? Suo padre un eroe? La questione va approfondita.
Su cosa fosse davvero successo quella sera cala il silenzio. Solo anni dopo capire diventa una necessità: Zero e Genitore Due si costringono a un faticoso viaggio assieme, una vacanza alla casa di famiglia paterna arroccata sulle Dolomiti, dove si è rotta una tubatura. L’impianto idrico non è però l’unica cosa a non funzionare e qualcosa di sinistro nella stamberga costringe il nostro fumettista a guardare indietro, alla propria infanzia, e poi ancora più indietro, dove la storia di suo nonno si fonde con la Storia della grande guerra e con la dura tradizione locale.
Dopo l’uscita della seconda stagione della serie animata da lui diretta, Zerocalcare torna a parlare di sé e della sua famiglia in Quando muori resta a me, affrontando per la prima volta il rapporto con suo padre, nello stile originale cui ci ha abituati, in una lettura che fa alternare risate di cuore a momenti di profonda angoscia e riflessione personale.
Al lungo viaggio in un’auto carica di orgoglio (così carica che a un certo punto i folletti Imabarazzo, Disabitudine e Vergogna erigono un muro di mattoni tra i due viaggiatori) si intrecciano frammenti di non-detto di un’infanzia da ricostruire come un puzzle e scene da un passato remoto, quello di un paesino di montagna popolato da uomini duri in tempi difficili, dove affondano radici solide e a volte soffocanti.
Chi sarà davvero Marla, misteriosa pirata di montagna? Cos’è questa sensazione di disagio, quali sono i fantasmi di famiglia che ancora non hanno trovato pace? Quali demoni ha già dovuto affrontare Genitore Due in quella famigerata “notte di Merman”
Strutturandosi come un mistero da risolvere e al contempo come una storiografia e un’analisi psicologica, la potenza dei graphic novel di Zerocalcare sta nella loro universalità, nella forza con cui l’autore riesce a parlare al cuore di tutti gli italiani, calando le sue esperienze in una Storia d’Italia che tutti abbiamo vissuto e dando voce (con un accento questa volta sia romano sia veneto) a emozioni che molti di noi farebbero fatica a delineare con la sua caratteristica e sempre realistica leggerezza.
Quando muori resta a me tocca in particolare il problematico tema dell’eredità intergenerazionale dei traumi e delle difficoltà insite nel suo riconoscimento ed eradicazione: sembra che Zerocalcare abbia l’abilità di conoscere il contenuto di tutti i diari segreti degli italiani, senza proporre soluzioni certe, ma offrendo un esempio e un sostegno, mostrando come non si sia mai soli. Questo libro è una pacca sulla spalla tra una risata e una lacrima, una storia di tenerezza che fa fatica a esprimersi, di cura silenziosa, di memoria dolorosa che racconta, almeno un po’, di tutti noi.
Il libro in una citazione
«Ci ho messo qualche anno a dare un nome a quella sensazione. Pure a scuola mortacciloro ti insegnano a distinguere felice – triste – arrabbiato. Il senso di colpa non te lo insegna nessuno.»
4 luglio 2024
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