Henrique Schneider accende i riflettori sull’oscuro fenomeno dei desaparecidos che imperversava nel Paese in cui è nato proprio mentre in Messico Pelé e i suoi conquistavano la Coppa Rimet sconfiggendo l’Italia
di Enzo Palladini
1970. La tragedia dei desaparecidos brasiliani durante la finale della Coppa del mondo
Autore: Henrique Schneider
Traduttore: Giacomo Falconi
Editore: Red Star Press
Anno edizione: 2022
Anno prima edizione: 2019 (Brasile)
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 160
Consigliato a chi vuole approfondire il tema dei “desaparecidos” in Sudamerica.
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Dónde está Daniel Schapira. Desaparecido di Roberto Brambilla e Alessandro Mastroluca. Battaglia, 2023. Storia di un giovane e bravo tennista argentino scomparso durante la dittatura militare tra il 1976 e il 1983.
Il volo di Horacio Verbitsky. Fandango, 2017. Un reportage utilizzato come strumento probatorio nel processo contro i crimini commessi dalla dittatura militare argentina tra il 1976 e il 1983.
La copertina può trarre in inganno, facendo pensare a un libro sul calcio. Impressione sbagliata. In 1970, libro vincitore del Premio Paraná per la letteratura, lo sport è una componente assolutamente marginale: la vicenda si svolge sì durante i Mondiali di calcio di quell’anno, ma la questione di fondo va ben oltre. Il libro di Henrique Schneider si sofferma infatti sui desaparecidos brasiliani degli anni della dittatura militare, in particolare durante il governo del presidente Emílio Garrastazu Médici, il peggiore e il più repressivo della storia brasiliana. Protagonista della vicenda narrata è Raul dos Santos Figueira, un venticinquenne pacifico impiegato di banca, lavoratore modello, interessato al calcio come tutti i brasiliani, non interessato invece alla politica. Ma è proprio quella politica così poco presente tra i suoi pensieri a procurargli nove giorni di calvario.
Raul, orfano di padre, vive solo con la mamma Irene a Porto Alegre. La fidanzata Sonia lo ha appena lasciato e il 12 giugno 1970 il disagio si impossessa di lui. Non è una data qualunque, perché il 12 giugno in Brasile cade la festa degli innamorati, l’equivalente al San Valentino italiano. Per non pensarci Raul decide di andare al cinema e di concedersi una birra con qualche amico. Per l’occasione indossa la camicia rossa che tanto piaceva a Sonia, una scelta che gli costerà cara. Mentre cammina, viene superato da un ragazzo che porta una camicia uguale alla sua, gira un angolo e sparisce. Pochi secondi dopo, Raul viene assalito da un gruppo di energumeni che lo scaraventano su un’automobile, lo incappucciano e iniziano a girare per le strade della città nonostante le sue implorazioni.
Arrivato a destinazione, il protagonista capisce che non è stato rapito da teorici delinquenti, ma si trova nelle mani delle forze dell’ordine, in una prigione che ha aspetti subumani. Cominciano a chiamarlo “comunista” e a insultarlo. Arriva un uomo che si fa chiamare “capo” e lo minaccia: si aspetta una confessione, vuole da lui dei nomi, degli indirizzi, delle strategie. Raul non capisce, non è in grado di rispondere, assicura che si è trattato di uno scambio di persona. Le sue grida e le sue risposte non vengono nemmeno prese in considerazione. Si passa poi alle torture più atroci: percosse a mani nude o con utensili di vario genere, scosse elettriche, violenze senza fine. Raul continua a ripetere che non sa nulla. Gli chiedono del tentativo di rapimento operato da un commando sovversivo ai danni del console americano di Porto Alegre, ma di quella vicenda il povero ragazzo ha solo letto qualcosa sui giornali. Per un colpo di – relativa – fortuna, la polizia politica arresta poi il vero ricercato e Raul viene rilasciato dopo nove giorni di calvario.
È il 21 giugno del 1970, il giorno in cui il Brasile gioca e vince la finale del Mondiale in Messico contro l’Italia. Una partita che Raul guarderà con uno stato d’animo totalmente diverso da tutti gli altri brasiliani e in condizioni molto simili a quelle che si è appena lasciato alle spalle.
Il fenomeno dei desaparecidos ha ispirato tanta letteratura e tanto cinema, ma quasi sempre si parla di ciò che è accaduto in Argentina sotto il governo del presidente Jorge Rafael Videla e in Cile con Augusto Pinochet. Del Brasile si è sempre parlato molto meno, ma negli ultimi anni – soprattutto da quando Luiz Inácio Lula da Silva è tornato a guidare il Paese – si è iniziato ad analizzare questo periodo più che oscuro della storia brasiliana. Circa un anno fa a San Paolo è stato per esempio avviato un progetto archeologico intorno ai cinque edifici (1500 metri quadrati in tutto) che negli anni Settanta hanno ospitato la sede del Doi-Codi, la terribile agenzia d’intelligence che ha detenuto, torturato e sterminato migliaia di oppositori del regime.
Il brasiliano Schneider racconta una storia individuale apparentemente immaginaria, ambientata nel suo stesso Paese, ma sicuramente supportata da qualche testimonianza diretta. La durezza della descrizione è impressionante: sembra di percepire il dolore del trattamento ricevuto da Raul, lo scricchiolio delle ossa colpite dai tirapugni, il tremore irresistibile delle scariche elettriche applicate ai capezzoli, al naso, ai genitali, il cinismo dei carcerieri, totalmente disinteressati alla sofferenza del detenuto. In quegli anni il ministro brasiliano della giustizia, Alfredo Buzaid, continuava a ripetere: “In Brasile non c’è tortura”. Ovviamente mentiva con la spudoratezza che ha sempre contraddistinto i regimi militari dei Paesi sudamericani, colpevoli delle peggiori atrocità.
Il libro in una citazione
«Fino a qualche giorno prima, Raul non sapeva nemmeno che esistessero motivi per cui qualcuno volesse rovesciare il governo. Tutto andava bene nel Paese, come dicevano in YV, alla radio, nei giornali.»
9 giugno 2024
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