Chiara Valerio sceglie la sua Scauri come ambientazione di un romanzo dal finale pirandelliano, in cui la ricerca sull’identità di un’amica morta improvvisamente porta la protagonista a riconsiderare se stessa
di Sabrina Colombo
Chi dice e chi tace
Autore: Chiara Valerio
Editore: Sellerio
Anno edizione: 2024
Genere: Gialli & Noir
Pagine: 276
Consigliato agli amanti del binomio “noir e provincia”.
Scauri (Latina), primi anni Novanta. Lea è una giovane madre, titolare di uno studio legale, che ha scelto di rimanere nel paese di origine a crescere le figlie insieme al marito Luigi, insegnante di Fisica. La morte improvvisa dell’amica Vittoria la manda in crisi.
Vittoria era arrivata circa venti anni prima in paese, insieme a una ragazza più giovane, Mara, la sua compagna. La circostanza non aveva più di quel tanto fatto scalpore: dopo l’iniziale curiosità la vicenda era stata derubricata a mera eccentricità. Vittoria e Mara si erano presto ambientate e attorno alla loro abitazione – un palazzetto antico restaurato che Vittoria aveva intestato a Mara – era sorto un convivio molto affiatato.
Vittoria aveva iniziato a lavorare nella locale farmacia e si era inserita nei circoli, dal dopolavoro ferroviario alla parrocchia, divenendo parte attiva del tessuto sociale.
Ora la sua inspiegabile morte per annegamento in una vasca da bagno lascia tutti attoniti e dispiaciuti. L’arrivo alle esequie del fantomatico marito – un principe del foro – e dei famigliari appartenenti alla Roma bene scatena illazioni fra gli scauresi e mette in allarme Lea, la quale – incaricata di dare esecuzione al testamento di Vittoria – si accinge a scavare nel passato di quest’ultima. L’indagine diventa un’ossessione che la spinge a cercare ogni utile pretesto per raccogliere informazioni sul vissuto della donna prima di approdare a Scauri.
Chi era Vittoria? Era veramente una semplice banconista? Per quale motivo aveva tanta dimestichezza con la medicina, la farmacologia, lo studio delle piante officinali? Ma soprattutto: cos’era Vittoria per Lea? Una confidente, una conoscente oppure tra le due era scattata una fascinazione anche di tipo sensuale, relegata – come cantava Ivano Fossati – al “sottoscala della ragione”?
Chi dice e chi tace, ora nella dozzina del Premio Strega, è un noir sui chiaroscuri della provincia: un luogo più a misura d’uomo rispetto alla metropoli tentacolare, dove i rapporti si consolidano e si fanno intimi, ma dove con altrettanta facilità – in virtù della maggiore esposizione – si può essere stigmatizzati, additati o giudicati.
Chiara Valerio ci regala un romanzo profondo, intrigante, in cui la protagonista Lea – io narrante – si spoglia dei pregiudizi e impara la più utile delle lezioni: scendere dal piedistallo e prendere atto di non possedere alcuna superiorità morale.
La prosa è fluida, ricca, aggettivata, incalzante, spiritosa, ironica e non cade nel facile rischio del cinismo o dello snobismo, anche quando cita quel gran brutto ceffo del “farmacista dei coniugi Bovary”, di flaubertiana memoria. Il romanzo si legge in un soffio – tra flussi di coscienza e colpi di scena abbastanza inaspettati.
L’ambientazione geografica – il borgo marinaro sul litorale laziale – è coessenziale al racconto del mistero che aleggia attorno alla vittima. Anche il periodo storico – gli anni Ottanta/Novanta – contribuisce a dare un tocco d’antan sia alla trama gialla sia al dipanarsi degli eventi collaterali.
Il finale è suggestivo, pirandelliano e multiforme come lo sono le relazioni umane e le maschere che alterniamo saggiamente (o ipocritamente) per sopravvivere ai nostri errori di valutazione e autoassolverci convincendoci di essere delle brave persone.
Chiara Valerio è nata proprio a Scauri (Latina) nel 1978 e vive a Roma. Ha conseguito un dottorato in matematica presso l’Università Federico II di Napoli, ha scritto numerosi romanzi ed è autrice per la televisione, la radio e il cinema.
Il libro in una citazione
«Che fossero venute per restare si era capito perché la proprietaria della farmacia, una signora livornese molto distinta, aveva saputo da una amica che la casa di via Romanelli non era stata affittata, ma acquistata da Vittoria, e che Mara non era la figlia, nonostante le avesse intestato l’immobile. […] quella informazione, in sé succosa, di Mara che non era la figlia, non aveva generato pettegolezzi. Era rimasta carsica.»
9 aprile 2024
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