L’attivista nenec Anna Nerkagi narra la storia di un giovane alle prese con un lacerante conflitto interiore per far conoscere le tradizioni e difendere i diritti del proprio popolo
di Manuela Mongiardino
Muschio bianco
Autrice: Anna Nerkagi
Traduttrice: Nadia Cigognini
Editore: Utopia
Anno edizione: 2024
Anno prima edizione: 1996 (Russia)
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 160
Consigliato a chi ama le storie che vertono su tematiche quali ambiente, natura, popolazioni che vivono ai confini estremi del nostro mondo, e sussistenza.
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Aniko di Anna Nerkagi. Traduzione di Nadia Cigognini. Utopia, 2023.
Romanzo d’esordio dell’autrice che va a completamento della conoscenza della comunità dei Nenec.
Muschio bianco è un viaggio sentimentale all’interno dell’animo dei Nenec, la popolazione nomade che vive nella tundra siberiana. Anna Nerkagi, la voce letteraria più nota della comunità indigena, ci racconta di Alёska, il protagonista, che ha studiato al convitto della città russa più vicina, Tjumen’, ma è dovuto tornare prima del diploma per prendersi cura della madre vedova e dei fratelli più piccoli. Adesso, da adulto, deve capire se uniformarsi o meno alle tradizioni e formare una famiglia. La scelta non è semplice perché il suo cuore porta dentro un dissidio che sente solo chi si allontana dalla comunità. Chi non se n’è mai andato pare invece non avvertire alcun conflitto interiore.
La vita nell’Artico si basa su una completa armonia tra uomo e terra e procede grazie ai piccoli o grandi gesti di tutti i giorni: alla caccia, alla slitta sempre ben equipaggiata, all’abitazione tenuta in buono stato, al fuoco acceso ogni mattina dalle donne. Tutto è cadenzato in una consonanza che può risultare incomprensibile a noi occidentali. In quel mondo freddo, bianco, puro, non servono leggi scritte per rispettare la tundra; il rispetto per l’ambiente è parte integrante della vita dei Nenec.
Però Nerkagi non si sofferma solo sul tema della natura dell’Artico; ha la missione, ben più importante, di tramandarci le storie del focolare e le leggende del suo popolo. Con la sua testimonianza si cala nei panni di un’antropologa, che descrive i Nenec in modo tale per cui i valori millenari della comunità indigena, cui lei stessa appartiene, giungano chiaramente fino a noi. Nerkagi persegue questo obiettivo anche grazie a una scelta linguistica ben precisa: originariamente scrive in russo, ma nel testo dissemina vocaboli in lingua nenec, lasciandoli privi di traduzioni o note esplicative, ma rendendoli comunque comprensibili grazie al contesto d’uso. Pertanto la narrazione non ne risente e la lettura risulta piacevole.
Chi ha già letto e apprezzato Aniko, il romanzo d’esordio di Nerkagi, si ritrova in un mondo e tra personaggi che ha già conosciuto, ma non deve pensare che Muschio bianco continui a raccontare le medesime vicende.
Difatti l’autrice non vuole narrare una storia, vuole narrare una precisa comunità, che ha tanti punti forti ma anche delle fragilità. Per esempio, il contatto con la società moderna ha sì alfabetizzato i ragazzi, ma li ha anche allontanati dalle loro tradizioni. Tra gli adulti, questo contatto ha talvolta favorito la dipendenza dall’alcol, inteso come un sollievo dai propri dolori, che in realtà non fa che provocare collateralmente un grave estraniamento dalla vita comunitaria.
Nell’incontro tra Nenec e Russia si avverte il pericolo della scomparsa di una cultura. Tuttavia, finché Nerkagi resterà tra i Nenec, avremo la certezza che proteggerà l’unicità di questo popolo e ci tramanderà la loro cultura.
A conclusione del testo, Nerkagi descrive il suo difficile percorso, che la rende unica e preziosa testimone del mondo dei Nenec.
Una delle prime scrittrici nenec, Nerkagi è anche e un’attivista per i diritti del suo popolo. Si è laureata in geologia a Tjumen’ – dove, guardacaso, ha studiato il protagonista di Muschio bianco e dove lei stessa ha conosciuto il professor Konstantin Lagunov, cui questo romanzo è dedicato e che le indirizza la lettera di ringraziamenti pubblicata in coda alla narrazione – ed è successivamente tornata a vivere nella Penisola di Yamal. Negli anni Novanta vi ha istituito una scuola per i bambini nenec, che da quel momento in poi ha seguito come insegnante.
Una menzione speciale va all’editore, Utopia, che adotta un tipo di edizione minimalista, pulita, senza fronzoli, che mira all’essenziale e a far risaltare il valore del testo pubblicato, pur curando nei dettagli l’immagine di copertina, sempre corredata da un’illustrazione di un artista contemporaneo, in questo caso Vawdavitch (2023) di Franz Kline.
Il libro in una citazione
«Vicino a loro si sarebbe sentito al sicuro, come un albero che in una fitta foresta il vento non può abbattere e i cui rami non possono essere spezzati dalla neve pesante.»
18 marzo 2024
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