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Libri per chi ama davvero leggere

Rosemary’s Baby, l’horror demoniaco sempre attuale

Il libro di Ira Levin, fonte di ispirazione per il famoso film di Roman Polansky, punta i riflettori su psicosette esoteriche e fanatismo religioso, che continuano a mietere vittime in ogni dove

di Sabrina Colombo

La copertina del libro "Rosemary's Baby" di Ira Levin (Sur)

⭐⭐⭐⭐⭐

Classificazione: 5 su 5.

Rosemary’s Baby
Autrice: Ira Levin
Traduttore: Attilio Veraldi
Editore: SUR
Anno edizione: 2015
Anno prima edizione: 1967 (Usa)
Genere: Horror & Gotico
Pagine: 253

Consigliato a chi ama le storie horror e a chi ama trovare dei parallelismi tra letteratura e cronaca nera.

Se ti interessa, guarda anche Rosemary’ s Baby (1968), film di Roman Polansky, con Mia Farrow e Ruth Gordon, vincitrice del Premio Oscar e del Golden Globe per la migliore attrice non protagonista.

Se ti interessa, leggi anche La maledizione del Dakota. Rosemary’ s Baby, Cielo Drive, John Lennon e altri fatti oscuri di Camilla Sernagiotto. Arcana, 2022.

Guy e Rosemary Woodhouse sono una coppia di neosposi che si trasferisce a Manhattan in un antico e blasonato palazzo, il Bramford, circondato da un alone di mistero legato a una serie di tragici avvenimenti verificatisi ai danni dei precedenti inquilini. Nulla che possa fermare i due giovani, proiettati in un futuro che sperano ricco di soddisfazioni lavorative per Guy, attore in cerca di affermazione nei teatri di Brodway e pronto a tutto pur di spiccare il volo verso gli Studios di Los Angeles – e per Rosemary, ingenua ragazza di provincia, decisa a realizzare il sogno della maternità. Proprio quest’ultima, sradicata dal suo mondo fatto di educazione religiosa e di pedissequa osservanza dei dogmi cattolici, si ritrova sola e infragilita dopo che la famiglia l’ha allontanata a causa della scelta di dichiararsi agnostica e di sposare un protestante.

Insomma, “Guy e Ro” sono due ragazzi spensierati e innamorati come Robert Redford e Jane Fonda protagonisti di A piedi nudi nel parco (1967, regia di Gene Saks). Ma a differenza di questi ultimi s’imbattono – piuttosto che in uno scalcagnato stabile del Greenwich Village con i suoi simpatici abitanti – in un condominio signorile, tutto velluti e tappeti persiani, e in due dirimpettai che sembrano usciti da un racconto gotico: Minnie e Roman Castevet.

La commedia romantica si trasforma in pochissime pagine in un thriller psicologico che lascia poco spazio al sentimentalismo. Facendo leva sul bisogno di affetto di Rosemary, i Castevet s’insinuano nella quotidianità dei Woodhouse, tessendo una rete di legami che porteranno Rosemary a distaccarsi dalla sua cerchia di conoscenze per farsi fagocitare da Minnie e Roman e dal loro insolito entourage.

Frattanto Rosemary rimane incinta dopo una notte alcolica di sesso selvaggio, in cui la passione coniugale cede il passo alla brutale costrizione: da lì è un susseguirsi di snodi narrativi terrificanti e mistico-demoniaci che ci parlano della banalità del male e del modo in cui quest’ultimo s’insinua facilmente fra coloro che hanno perso il senso della realtà, affidandosi alla superstizione laddove il buon senso latita.

Il romanzo, relativamente breve e scritto in terza persona con prosa efficace e moderna, è costruito su un climax crescente: sono i giorni in cui Papa Paolo VI, in visita negli Stati Uniti (3-4 ottobre 1965), raduna un’immensa folla di fedeli allo Yankee Stadium di New York, invitando i potenti della Terra – nel suo celebre discorso alle Nazioni Unite – a farsi portatori di luce, a praticare la pace e a fermare la carneficina del Vietnam. In questa città poliforme e tentacolare, fiaccata dalla calura con l’avanzare della stagione, Rosemary si muove come un automa allucinato e dominato da presagi mortiferi, nelle mani di forze occulte che la sovrastano.

L’arrivo del nascituro sarà l’acme dell’opera, che sfocia in un finale aperto, ineccepibile nella sua semplicità, surreale e ipnotico, la degna chiusura di un dramma in cui non è chiara la distinzione fra verità e sogno, tra disagio psichico e malessere esistenziale, agnosticismo e spiritualità.

Rosemary’s Baby è un piccolo gioiello di eleganza e freschezza di scrittura – una variazione sul tema delle coppie diaboliche e delle case infestate – non privo di qualche tocco di umorismo tutto anglosassone.

La vicenda è declinata in una serie di episodi orrorifici e deliranti, che raccontano un fenomeno tristemente attuale, quello delle psicosette esoteriche e del fanatismo religioso. Un sottobosco composito che si nutre di ignoranza e pregiudizi e che – nel silenzio generale – miete vittime ieri come oggi, non solo negli Stati Uniti. Dalle Bestie di Satana attive nelle brughiere del Varesotto al recente caso degli omicidi in Sicilia a esito di rituali esorcistici – tuttora al vaglio degli inquirenti – l’elemento che accomuna questi fatti di cronaca è sempre il desiderio di sovrastare la vittima potenziale, sottraendole la capacità di discernimento. Il tutto è reso ancora più meschino quando dietro queste condotte delittuose si nascondono fini economici o di sfruttamento sessuale.

Letto in chiave contemporanea, il romanzo di Levin può essere pensato anche come una riflessione sulle maternità problematiche, sul disagio psichico e sulla solitudine esistenziale.

Più in generale l’autore – identificabile con Hutch, lo scrittore di romanzi per ragazzi che mette in guardia Rosemary fin dalle prime battute, invitandola a prendere le distanze dalla congrega di esaltati del Bramford – ammonisce sull’oscurantismo che serpeggia a diversi livelli della società, frutto dell’ancestrale paura per l’ignoto e per ciò che non è direttamente evidente ai sensi. Un horror vacui tanto più in profondo quanto più si delega il compito di fornire nutrimento alla propria vita interiore.

L’anno successivo all’uscita di Rosemary’s Baby (1967), Roman Polansky realizzò l’omonimo film entrato a pieno titolo, così come il libro, nell’olimpo del genere horror demoniaco. Le riprese esterne vennero realizzate nell’Upper East Side di New York, presso l’edificio denominato “Dakota”, che da allora è diventato per tutti gli appassionati cinefili “il Bramford” così come Mia Farrow, con il suo caschetto geometrico, gli occhi enormi, la silhouette asciutta e la recitazione nervosa, è diventata il volto insostituibile di Rosemary.

Il libro in una citazione
«Resta il fatto incontrovertibile… che non importa se noi ci crediamo o no, dal momento che essi ci credono senz’ombra alcuna di dubbio.»

3 marzo 2024
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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