Nel quarto episodio della serie hard boiled di Easy Rawlins, Walter Mosley conferma la sua impronta autoriale inconfondibile raccontando la comunità afroamericana di Los Angeles con lo sguardo di chi vi ha vissuto
di Sonia Vaccaro

Betty la nera
Autore: Walter Mosley
Traduttrice: Anna Maria Cossiga
Editore: 21lettere
Anno edizione: 2024
Anno prima edizione: 1994 (Usa)
Genere: Gialli & Noir
Pagine: 393
Consigliato a chi ama i noir a forte sfondo sociale, che rielaborano l’esperienza diretta di chi scrive.
Se ti interessa, leggi anche
Il diavolo in blu di Walter Mosley. Traduzione di Bruno Amato. 21lettere, 2021.
La farfalla bianca di Walter Mosley. Traduzione di Mario Biondi. 21lettere, 2022.
Sono bastati cinque anni a Ezekiel (Easy) Rawlins per perdere gran parte di quello che aveva conquistato in un’intera vita. L’investigatore privato afroamericano, nato dalla penna del prolifico Walter Mosley, è stato lasciato dalla moglie Regina – che se n’è andata con sua figlia Edna – ed è finito sul lastrico per investimenti immobiliari azzardati. Si è dovuto quindi trasferire dalla casa di sua proprietà situata a Watts, quartiere in cui lo stesso Mosley è cresciuto, in un appartamento in affitto a West Los Angeles, dove vive con Jesus – quindicenne strappato a una vita di prostituzione minorile quando non aveva neppure tre anni e che non riesce a parlare per i traumi subiti – e la piccola Feather – rimasta orfana di madre bianca quando suo nonno la uccise solo per aver concepito una creatura di colore.
Una notte a Easy, famoso per saper rintracciare le persone nella parte nera della città, fa visita tale Saul Lynx, che gli offre 400 dollari per ritrovare Elizabeth Day, non certo il tipo affettuoso e casalingo, bensì una grande mangiatrice di uomini in grado di far scorrere il sangue tre volte alla settimana tra i suoi pretendenti. Le indagini su questa donna dalla leggendaria disponibilità, che Easy conosce dai tempi in cui viveva a Houston (Texas) e che ha nutrito le sue prime fantasie sessuali, costituiscono il cuore della narrazione in Betty la nera, quarto volume della serie dell’iconico investigatore, che per titolo porta proprio il soprannome della femme fatale.
Pubblicato per la prima volta in Italia nel 1998 da Marco Tropea Editore, Betty la nera è stato riproposto dalla casa editrice 21lettere nella traduzione di Anna Maria Cossiga, che già firmò la prima edizione italiana. Dopo il Diavolo in blu, ambientato nell’immediato Dopoguerra, e La farfalla bianca, che si svolge negli anni Cinquanta, questo terzo episodio ripubblicato dall’editore modenese inquadra l’America del 1961, quella di John Fitzgerald Kennedy e Martin Luther King, in cui anche un nero sembrava avesse la possibilità di essere un uomo per la prima volta.
Ora quarantunenne, Easy inizia a indagare mettendosi sulle tracce di Marlon, lo stravagante fratellastro di Betty, che ha il brutto vizio delle scommesse. Di lui, però, trova solo un molare insanguinato e un assegno dal considerevole importo, intestatogli da Sarah Clarice Cain, figlia del ricchissimo, recentemente defunto e tutt’altro che compianto Albert.
Perché proprio la signora Cain vuole trovare Betty a tutti i costi? Perché la sua scomparsa è legata alle indagini della polizia sulla morte di Albert? Mentre cerca Betty e le risposte a queste domande, Easy deve vedersela anche con altre questioni: il suo investimento più consistente è messo a repentaglio da Clovis, l’ex cameriera da cui il suo faccendiere William Mofass si è fatto prima invaghire e poi ingannare, e da Mason La Mone, un astuto immobiliarista di supermercati, consapevole di come la concorrenza afroamericana valga zero; il suo storico amico Raymond (Mouse) Alexander, killer psicopatico rilasciato dal carcere statale di Chino dopo aver scontato cinque anni per omicidio colposo, è deciso a identificare e uccidere la spia che lo ha fatto arrestare; l’altro suo caro amico Martin Smith, che tanto lo ha aiutato i primi tempi a Los Angeles, è malato di cancro.
Trama e sottotrame s’intrecciano inestricabilmente in questo hard boiled che, in perfetto stile Mosley, non si limita a inanellare scene animate da personaggi impetuosi fini a se stesse, ma le utilizza per mettere a fuoco la società della Los Angeles dell’epoca, in cui il più forte vince sempre sul più debole, il bianco sconfigge il nero, l’uomo prevale sulla donna.
Al di là della storia molto intricata – che prende un ritmo elevatissimo nelle ultime sessanta pagine, in cui continui colpi di scena disorientano anche il lettore avvezzo alle trappole dei migliori noiristi – a dare valore a Betty la nera sono le digressioni attraverso cui Mosley sottolinea le tematiche che da sempre gli stanno più a cuore: il razzismo che si insinua nelle relazioni sociali tra bianchi e neri, lampante od offuscato dalla crudele cortesia che contraddistingue soggetti come la ricca signora Cain che, protetta dalle mura della sua elegante residenza nella Beverly Hills con accesso vietato ai neri, è disposta a offrire denaro e aiuto a Easy con l’implicita pretesa che si comporti come il suo schiavo insignificante; gli inganni del sogno americano, rincorso con tenacia per sfuggire a un destino avverso che inchioda alle proprie sfortunate radici, ma sfumato dallo scontro con una realtà ancora più ostile, che intralcia i neri che tentano di guadagnarsi i privilegi dei bianchi; la logica della strada, che non consente né speranza né lacrime né rimpianti, disdegna la paura e ammette che qualcuno uccida anche solo per noia; l’inutilità della legge, intesa come un’altra faccia della medaglia del crimine; la corruzione dei poliziotti, farabutti pagati dai ricchi per tenere a bada altri farabutti.
In tutto questo Easy non resta uguale a se stesso. È sì sempre combattuto tra il condurre le indagini a rischio della vita e il rinunciarvi per stare accanto ai propri cari, ma ora non cede più al whiskey. Eppure spesso e volentieri si lascia travolgere da quella sensazione di rabbia appiccicata sotto la pelle che lo rende molto vendicativo, soprattutto verso i bianchi che lasciano trapelare ingiustificata superiorità. In Betty la nera Mosley conferma ancora una volta i tratti profondamente umani del suo protagonista, sempre in conflitto con se stesso ma determinato a sopravvivere onestamente nonostante le mille difficoltà che il destino gli presenta ogni giorno.
Con Betty la nera Mosley dà anche ulteriore prova dello spessore della sua impronta autoriale, con scene d’azione imprevedibili, dialoghi autentici e ritratti di personaggi a tutto tondo, che rivelano individualità sin dalla loro descrizione fisica.
La sua prosa misurata crea un’atmosfera pregna di tensione, che ipnotizza sia chi ha già fatto la conoscenza di Easy sia chi lo incontra per la prima volta. Il coinvolgimento di chi ha già letto delle altre sue indagini non ne risente, anzi. Semmai risulta incrementato dal compiaciuto ritrovamento di inconfondibili espressioni hard boiled – come gli occhi del colore delle uova di pettirosso che nel Diavolo in blu erano del pericoloso DeWitt Albright – e ritratti speculari di personaggi secondari ma comunque significativi – come quello della signorina Eto, bibliotecaria totalmente diversa dalla collega del Wisconsin raccontata nelle pagine della Farfalla bianca.
La voce di Mosley, che anche in questo episodio affida a Easy la narrazione al passato, è inconfondibile e magnetica, proprio come la sua femme fatale. Dà espressione alla comunità afroamericana come può fare solo chi l’ha vissuta direttamente e lo fa in un modo così personale da risultare inconfondibile. La riconosceresti anche se si fossero dimenticati di scrivere il suo nome in copertina.
Il libro in una citazione
«La prima cosa che un uomo di colore, e per di più povero, impara è che i guai sono tutto quello che ha e che perciò deve cavarne qualcosa.»
27 febbraio 2024
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