L’inconfondibile esordio di Danielewski porta a riflettere sul mistero che alberga in ciascuno di noi
di Enzo Palladini
Autore: Mark Z. Danielewski
Traduttori: Sara Reggiani, Leonardo Taiuti
Editore: 66thand2nd
Anno edizione: 2019
Anno prima edizione: 2000 (Usa)
Genere: Horror & Gotico
Pagine: 756
Consigliato a chi ha la pazienza di seguire una storia a tre velocità e non ha paura dell’ignoto.
Meglio non avere fretta di capire il significato del titolo Casa di foglie: lo si scoprirà solo verso la fine ed è un particolare piuttosto insignificante nell’economia della storia. L’importante è fissarsi sul concetto di “casa” perché è proprio intorno a esso che si basa tutta la vicenda, ambientata parzialmente in Virginia e parzialmente in California tra gli anni Ottanta e Novanta. Un libro che può intimorire un po’ per lo spessore considerevole e che farà ancora più paura per la storia che racconta, ma che negli Stati Uniti ha ottenuto un successo incredibile sin dalla prima edizione risalente al 2000 e che, nella sua versione italiana, è in grado di appassionare chi ha la forza di andare avanti per cercare di capire.
Johnny Truant è un ragazzo californiano che ha perso entrambi i genitori: il padre a causa di un incidente stradale e la madre, più tardi, vittima della propria follia in una clinica psichiatrica. Truant è fondamentalmente uno spiantato, che guadagna qualche dollaro lavorando come assistente nello studio di un tatuatore e che spende tutto in alcol, droga e donne, prevalentemente in compagnia del suo amico di sempre, Lude. I due ragazzi entrano in possesso delle chiavi di un appartamento il cui occupante è morto da poco. Era un anziano che si faceva chiamare semplicemente Zampanò – con esplicito riferimento al nome dell’autore che lo ha concepito – e che, a memoria di vicinato, ha sempre vissuto solo. Quando Johnny e Lude penetrano nell’appartamento, scoprono un mondo a parte. Per tutta la casa ritrovano sparsi in maniera follemente disordinata migliaia di fogli di tutte le forme e dimensioni, sui quali Zampanò ha scritto un accuratissimo trattato.
Ma su cosa verte questo trattato? Truant lo scopre dopo un attento esame. Sugli appunti viene analizzato un lungometraggio – nella realtà mai esistito, ma che tra le pagine del libro viene presentato come se tutto il mondo l’avesse visto – intitolato “La versione di Navidson”. Ed è qui che entriamo con entrambi i piedi in un pozzangherone horror, che ci travolge quando meno ce lo aspettiamo.
Will Navidson è un fotografo affermato, con un Premio Pulitzer in bacheca. Per salvare il rapporto con la splendida compagna Karen – dalla quale ha avuto due figli – decide di trasferirsi ad Ash Tree Lane, in Virginia, per condurre una vita più rilassata rispetto a quella di New York. Dopo poco tempo, però, la casa in cui abitano comincia a presentare fenomeni strani e preoccupanti. I muri cambiano forma, un corridoio misterioso compare da un giorno all’altro. Navidson chiede aiuto al fratello e a tre conoscenti per esplorare quel corridoio misterioso, disseminando la casa di telecamere. I tre esploratori scoprono che quel corridoio porta in un mondo a parte, che non ha mai fine e che continua a cambiare forma e dimensione. Ci sono varie esplorazioni, tutte documentate – per quanto l’illuminazione consenta – attraverso le telecamere. Durante questi viaggi nell’ignoto si perdono tre vite umane, tra cui quella del fratello di Will. L’ultima esplorazione spetta a Navidson in persona ed è proprio a questo punto che scopriamo il significato del titolo: Casa di foglie è l’unico libro che il padrone di casa portava con sé.
Casa di foglie è stato anche il romanzo d’esordio di Mark Z. Danielewski. Portato in Italia nel 2005 da Mondadori nella traduzione di Francesco Anzelmo, Edoardo Brugnatelli e Giuseppe Strazzeri in un’edizione ora molto ambita sul mercato dei collezionisti, è stato poi ripubblicato nel 2019 da 66thand2nd con la traduzione di Sara Reggiani e Leonardo Taiuti.
Sin dalle prime pagine i lettori sono avvisati: se il libro non vi convince, non andate avanti. In effetti, su questa proposta si può fare una riflessione, ma è consigliabile proseguire nonostante qualche plausibile perplessità iniziale perché la lettura decolla veramente e le oltre 700 pagine non intimoriscono più solo nel momento in cui si comprendono pienamente i meccanismi narrativi.
Danielewski costruisce una narrazione a più voci, ognuna delle quali incrementa progressivamente il nostro livello di conoscenza della vicenda. Zampanò racconta la vicenda immaginaria di Navidson scrivendola su mille fogli e poi Johnny ce la riporta, assieme alla storia di Zampanò e alla sua.
È un libro insolito, sia per la particolare struttura narrativa sia perché utilizza delle soluzioni grafiche molto originali. Alcune pagine presentano una sola lettera e su altre compaiono blocchetti capovolti o trasversali o caratteri diversi che contraddistinguono voci differenti. Le note scritte da Truant, per esempio, usano un font diverso dalla parte di testo attribuita a Zampanò.
Si può pensare che l’unica storia interessante sia quella di Navidson e della sua folle casa deformabile e infestata, ma anche la vicenda umana di Truant, che inserisce molta autobiografia nelle note di commento al testo di Zampanò, risulta molto affascinante. Lo stesso Zampanò, con le sue follie, è un soggetto che merita molta attenzione. In quanto alla paura che la storia dovrebbe incutere, forse sarebbe più facile provare sentimenti di questo tipo guardando davvero “La versione di Navidson” (ma purtroppo nella realtà non esiste), ma le scene horror sono così inverosimili che difficilmente possono togliere il sonno a un lettore attento.
Quel che è certo è che Casa di foglie dà da pensare. Soprattutto su come il mistero sia dentro di noi e ognuno lo percepisca in maniera diversa. Ciò che appare all’interno della casa di Will Navidson non è solo un corridoio, ma l’ingresso a un altro spazio, che conduce ad altre stanze. Dietro quella porta c’è un intero mondo che si fa beffe delle leggi fisiche a noi conosciute e penetra all’interno delle menti di chi cerca di comprenderlo, distruggendole gradualmente.
Il libro in una citazione
«La mente umana può essere sollecitata senza ricorrere necessariamente a violenti stimoli e ha una percezione molto debole della propria bellezza e della propria dignità chi ignora questo fatto, e chi ignora che un essere si eleva al di sopra di un altro se possiede tale facoltà.»
4 dicembre 2023
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