Nel saggio pop di Maria Cristina Folino scopriamo la chiave interpretativa con cui il più visionario dei registi americani ha portato l’opera di Lewis Carroll sul grande schermo
di Sonia Vaccaro
Tim Burton e il catalogo delle Meraviglie. Un saggio “pop” tra letteratura e cinema
Autrice: Maria Cristina Folino
Editore: Dialoghi
Anno edizione: 2022
Genere: Arte e spettacoli
Pagine: 80
Consigliato a chi ama indagare i rapporti tra letteratura e cinema.
Se ti interessa, leggi anche Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo Specchio di Lewis Carroll. Edizione annotata a cura di Martin Gardner, tradotta da Masolino D’Amico. BUR Deluxe, 2016.
Se ti interessa, guarda anche i film Alice in Wonderland (2010) e Alice attraverso lo specchio (2016) di Tim Burton.
Se è vero che la grandezza dei classici si misura sui diversi livelli di lettura che offrono, allora possiamo dire che quando Lewis Carroll scrisse Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò ne firmò di immensi. Questi due romanzi conquistano ancora oggi bambine e bambini, affascinano lettrici e lettori adulti e, come se non bastasse, continuano a ispirare opere di qualsivoglia natura artistica: dai film ai videogiochi, dai musical ai parchi a tema. In particolare, tra i tanti adattamenti cinematografici un posto di rilievo lo ha conquistato Alice in Wonderland, il lungometraggio diretto dal regista americano Tim Burton, che lo coprodusse con Walt Disney Pictures. Con un incasso totale di oltre un milione di dollari si piazzò quarantottesimo nella classifica dei film con maggiori ricavi della storia del cinema e vinse il Premio Oscar 2011 per i migliori costumi con Colleen Atwood e la migliore scenografia – difatti realizzata tutta in computer grafica – con Robert Stromberg e Karen O’Hara.
Proprio Alice in Wonderland è stato oggetto di studio della giornalista salernitana Maria Cristina Folino nel breve saggio Tim Burton e il catalogo delle Meraviglie che, prendendolo come esempio paradigmatico, mette in evidenza a quali inaspettati esiti creativi possa pervenire un film ispirato da una grande opera letteraria.
Pubblicato per la prima volta nel 2013 dalla casa editrice messinese Il Pavone, Tim Burton e il catalogo delle Meraviglie è stato riportato in libreria nel 2022 dall’editore genovese Dialoghi con una nota aggiornata su Alice attraverso lo specchio, film del 2016 diretto dal britannico James Bobin in cui Burton e Walt Disney Pictures spartirono la coproduzione con Roth Films e Team Todd e in cui tornarono a recitare Mia Wasikowska nei panni di Alice, Johnny Depp in quelli del Cappellaio Matto, Anne Hathaway in quelli della Regina Bianca e Helena Bonham Carter in quelli della Regina Rossa.
Folino iniziò a lavorare ad Alice in Wonderland per la sua tesi in Sociologia dei processi culturali, discussa nel 2012 all’Università degli Studi di Salerno. Una ricerca che ha successivamente assunto un taglio “pop” per rendere accessibili i risvolti interpretativi dell’adattamento di Burton a quanti più possibili appassionati non solo della sua opera cinematografica, di quella letteraria di Carroll o di entrambe ma anche a semplici curiosi.
Il trentenne Lewis Carroll – al secolo Charles Lutwidge Dodgson, matematico e professore a Oxford – iniziò a pensare alle Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie il 4 luglio 1862, quando con l’amico Reverendo Robinson Duckworth – in seguito canonico di Westminster – portò Lorina, Alice ed Edith, le tre figliolette del decano Henry Liddell, a fare una gita in barca sul Tamigi, da Folly Bridge presso Oxford al paesino di Godstow. Fu proprio in quell’occasione che la piccola Alice chiese a Carroll di raccontarle una storia ricca di nonsense. Ne nacque un turbinoso succedersi di invenzioni fantastiche legate solo dalla fervida immaginazione di una bambina con lo stesso nome della figlia di Liddell che avanzò la richiesta. Nel corso del tempo Carroll pensò a diverse versioni della storia, che fu pubblicata per la prima volta presso il londinese Macmillan and Co. nel 1865, stesso editore che nel 1871 diede alle stampe anche Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò.
Ben presto si capì che quella di Carroll era sì una bellissima storia per bambini, ma pure che a un diverso livello di lettura proponeva una riflessione su grandi temi della logica e della linguistica e si faceva beffe delle convenzioni dell’epoca vittoriana.
Sceneggiato dallo stesso Burton e dalla californiana Linda Woolverton, Alice in Wonderland è una vera e propria riscrittura che unisce elementi dei due libri di Carroll e, come sottolinea il linguista Mario Monteleone nella prefazione al saggio di Folino, tratta in modo contemporaneo temi antichi, aggiungendone di nuovi e talvolta contrastanti con quelli originari.
Folino si chiede se l’interpretazione di Burton sia coerente con la storia di Carroll e nel cercare la risposta traccia continui rimandi tra l’opera del primo e quella del secondo. Quel che è certo è che l’Alice diciannovenne di Burton ha perso lo sguardo disincantato della fanciulla di Carroll. Si pone piuttosto come la sua versione ribelle, piena di inquietudini e consapevole della pericolosità delle sfide che l’attendono, rivelando tratti caratteriali che, all’uscita nelle sale, indussero alcuni critici a additare il film di ingiustificato femminismo. Altri ne misero invece in evidenza la trama omologata ai canoni di una casa di produzione – la Disney, se ci fosse necessità di ripeterlo – propensa a rendere i propri lungometraggi pedagogici e quindi a rappresentare la maturazione degli adolescenti attraverso una sorta di metamorfosi, proprio come quella di Alice e del suo amico Brucaliffo che, divenuto farfalla, si posa sulla sua spalla nell’ultima scena.
Nel film di Burton il lieto fine della storia di Alice è poi già scritto, per l’esattezza sull’Oraculum, la pergamena magica che svela quale straordinaria impresa le riuscirà di compiere nel giorno Gioiglorioso, mentre nel libro di Carroll – e, a dire il vero, anche nel famoso cartoon Disney del 1951 – solo perdendosi tra le sue fantastiche avventure la protagonista riesce a trarre preziosi insegnamenti.
E allora dove starebbe il tocco magico del più visionario e meno convenzionale dei registi americani? Folino ci aiuta a scoprirlo guidandoci con leggerezza – attraverso cinque brevi capitoli – nell’analisi dei personaggi che attorniano Alice, delle ambientazioni dell’Underworld che percorre, dei neologismi che conia o acquisisce e delle lezioni che le impartiscono le sue strabilianti avventure comunque oniriche.
D’altra parte né Carroll né Burton possono rinunciare al sogno: letteratura e cinema sono due forme espressive che si avvalgono sì di mezzi diversi – le parole l’una e le azioni rappresentate l’altro – ma ambedue lavorano su storie che – prima di concretizzarsi in testi verbali o audiovisivi – prendono forma nei sogni. Seppur in epoche differenti, sia Carroll sia Burton hanno dato prova di saperne qualcosa.
Il libro in una citazione
«L’opera di Burton non è la prosecuzione di una saga, è la sua conclusione: l’“happy end” cui solo una determinata bambina, l’Alice di Carroll, può pervenire, in quanto eroina della follia buona.»
5 novembre 2023
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