Nel romanzo di Alessandra Cotoloni un giovane portatore d’acqua ci conduce nelle Alpi Apuane d’inizio Novecento
di Enzo Palladini

Autrice: Alessandra Cotoloni
Editore: Armando
Anno edizione: 2021
Genere: Romanzo storico
Pagine: 220
Consigliato a chi vuole conoscere in modo approfondito i sogni e gli stenti degli italiani a cavallo della prima guerra mondiale.
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Bagasc, in questo caso specifico pronunciato con la c dura come se fosse una k, è il soprannome del protagonista, che nella realtà si chiama Adelmo. È un ragazzo delle Alpi Apuane e fa il “bagascio”, parola che nel gergo dei cavatori di marmo indica i giovanissimi portatori d’acqua che riforniscono i loro padri e fratelli maggiori impegnati a scavare le montagne e a sagomare i blocchi di marmo. Adelmo viene chiamato Bagasc, con la c dura per l’appunto, per distinguerlo dagli altri, perché nell’animo è molto differente da tutti i coetanei. Ha una sensibilità diversa, ha una voglia di evasione e conoscenza che nessun altro ragazzo del suo gruppo manifesta nella vita quotidiana. Vuole imparare, vuole fare il maestro.
Adelmo ha un grande amico, Giulio “il Secco”, che nel giro di pochissimo tempo perde il padre per una frana in una cava di marmo e la madre, ricoverata in manicomio per non aver sopportato il lutto. Il Secco si trasferisce allora a casa di Bagasc ed entra a far parte della famiglia. Ben presto, allo scoppio della prima guerra mondiale, Aldemaro, il fratello di Adelmo, è costretto ad arruolarsi nell’esercito italiano. Però, nel frattempo, Adelmo ha trovato un alleato, il parroco don Vittorio, che gli mette a disposizione la sua biblioteca e gli offre l’appoggio per inseguire il sogno di diventare maestro. Sogno che poi verrà realizzato.
Al di là della vicenda personale di Bagasc e della sua vita famigliare, il romanzo offre un inedito spaccato dell’Italia di inizio Novecento. È soprattutto il racconto di una zona specifica dell’Italia, le Alpi Apuane, che l’autrice ha girato in lungo e in largo e imparato ad amare con tutte le sue contraddizioni, la forza interiore della gente, la sua capacità di ribellarsi.
Dietro al romanzo storico di Alessandra Cotoloni c’è sicuramente tanto cuore, ma c’è anche lo studio scientifico di una professione, quella del cavatore di marmo, con tutti i suoi pericoli e le sue miserie, la forza d’animo della gente che per decenni poteva vivere solo di quello, concedendosi al massimo qualche bicchiere di vino la sera in osteria prima di rientrare dalle cave. Gente che, pur avendo il mare a portata di mano, così ben visibile dalla cima delle montagne e così vicino in linea d’aria, spesso si accontentava di vederlo una sola volta nella vita, magari nel giorno del matrimonio.
C’è molto da imparare da Bagasc, dalla sua voglia di cambiare il proprio destino, di trovare un’alternativa per la sua vita pur amando in maniera viscerale le sue montagne. Ma c’è da imparare anche da ogni altra pagina, visto che l’autrice ci prende per mano facendoci conoscere non solo la realtà di una professione massacrante, ma anche l’insorgere delle prime vere lotte operaie, il nascere e l’imporsi dei sindacati, la prevaricazione esercitata dai datori di lavoro. E poi la miseria, la necessità di far passare un paio di scarpe dal primogenito al secondogenito, ed eventualmente al terzogenito, le file alle mense dei poveri allestite quando i padroni decidevano di stringere i cordoni della borsa e il nulla cosmico che si poteva portare in tavola durante la guerra, aspettando e sperando che qualche figlio chiamato al fronte potesse tornare a casa dopo aver combattuto per ragioni che a nessuno erano chiare. E se tutto questo non bastasse, la gente delle Apuane tra una guerra mondiale e l’altra, nel 1920, è stata messa in ginocchio anche da un potentissimo terremoto.
Forse è vero che la fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo.
Il libro in una citazione
«La guerra lasciava corpi morti e feriti sui campi di battaglia, ma lasciava anche morti per fame in terre lontane dal fronte, ugualmente caduti di guerra.»
24 agosto 2023
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