di Eva Garavaglia
La fiaba nucleare dell’uomo bambino
Autore: Hamid Ismailov
Editore: Utopia
Traduttrice: Nadia Cigognini
Anno edizione: 2021
Anno prima edizione: 2011 (Russia)
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 118
Consigliato a chi, leggendo, ama scoprire culture e luoghi diversi.
Su un treno che attraversa il Kazakistan il narratore conosce Eržan, un ragazzo che suona il violino per guadagnare qualche soldo. Agli occhi del narratore, personaggio di cui non sappiamo nulla se non che la storia di Eržan lo incuriosisce e lo porta a fantasticare, è un undicenne prodigio, per questo rimane stupito quando apprende che in realtà di anni ne ha ventisette. Eržan è nato e vissuto vicino alla stazione ferroviaria di Kara-Sagan insieme alla famiglia della piccola Ajsulu, a pochi passi dalla Zona, un punto della steppa circondato dal filo spinato. Ai bambini è proibito fare il bagno nel lago della Zona, che si è creato dopo l’esplosione di una bomba atomica, ma un giorno Eržan infrange quel divieto… e da quel momento smette di crescere.
La narrazione de La fiaba nucleare dell’uomo bambino è divisa in tre sezioni, tuttavia sotto il profilo stilistico il libro consta di due parti: la prima, più consistente, descrive in maniera vivida la quotidianità nella steppa kazaka, la seconda invece, più intima e quasi onirica, permette di scorgere alcune verità sulla storia di Eržan.
Il grande tema che aleggia tra le pagine è la guerra con i suoi effetti sull’uomo e sull’ambiente. Gli esperimenti nucleari condotti dall’URSS con l’intento “non solo di raggiungere l’America, ma di superarla” – come ricorda più volte lo zio Saken, che lavora alla centrale nucleare – trasformano la realtà in un impercettibile, ma devastante modo. I giovani come Eržan e Ajsulu, infatti, non hanno vissuto la guerra e non comprendono fino a che punto la loro normalità è una conseguenza di essa. La loro storia fa pertanto riflettere su quanto profonde e durature possano essere le atrocità di un conflitto.
Il romanzo però non è drammatico e il tema della guerra resta sullo sfondo, come una normalità ineluttabile che si sostanzia in paesaggi spettrali e fragori di esplosioni, che penetrano nei sogni di Eržan. Addirittura, il passaggio più esplicativo sul contesto storico è portata fuori dalla narrazione, con un paio di frasi secche che introducono la prima parte:
Tra il 1949 e il 1989 nel poligono nucleare di Semipalatinsk furono innescate complessivamente quattrocentosessantotto esplosioni nucleari di cui centoventicinque nell’atmosfera e trecentoquarantatré sottoterra. La potenza esplosiva globale degli ordigni nucleari brillati al poligono nucleare di Semipalatinsk (in una regione abitata) è stata superiore di duemilacinquecento volte a quella della bomba lanciata dagli americani su Hiroshima nel 1945.
Hamid Ismailov, scrittore uzbeko fuggito nel Regno Unito nei primi anni Novanta a causa delle persecuzioni del regime ed ex giornalista della BBC, pone l’enfasi sulla vita quotidiana, fatta di spostamenti a dorso di un asino per raggiungere la scuola, di cacce alla volpe, di riti per entrare nell’età adulta e di gite con lo zio nella città più vicina per prendere lezioni di violino da un simpatico uomo bulgaro… Un’infanzia felice, dove c’è spazio anche per le storie.
Eržan non sa niente della sua nascita e di suo padre perché, quando è nato, il nonno ha maledetto la madre che da allora si è chiusa nel mutismo. Come contraltare ci sono le chiacchiere della nonna, che gli racconta la storia di Gesar, figlio del dio Tengri, mandato sulla Terra sotto le sembianze di un bambino e osteggiato dallo zio Kara-Čoton, che aveva intuito la sua origine divina.
Quest’aspetto più fiabesco torna più volte nel romanzo: infatti nel lungo racconto che il ventisettenne fa al narratore sottolinea a più riprese i parallelismi che vedeva tra il mito mongolo e la sua storia. La ricerca di una corrispondenza col mito avvicina Eržan agli uomini di ogni cultura, che cercano nei racconti la possibilità di comprendere la propria storia e un indizio sul proprio destino.
Un libro che – con delicatezza e attraverso il filtro di un altro Paese e un’altra cultura – fa riflettere sugli impatti invisibili agli occhi dei più, ma profondi, che la guerra può avere sulle nostre vite e sul nostro mondo.
Il libro in una citazione
«Solo dalla terra nulla abbiamo da temere, nessun inganno. Nera come una madre in lutto ci abbraccerà e ci accoglierà nel grembo sterile e infuocato che ci ha generato… siamo come viaggiatori e un cielo fitto di aerei nemici ci sovrasta.»
30 giugno 2023
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