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Home » “CITTÀ DI POLVERE”. SCRIVENOR ESORDISCE CON UN CRIME CORALE E CONVINCENTE, IMMERSO NELLA PROVINCIA AUSTRALIANA

“CITTÀ DI POLVERE”. SCRIVENOR ESORDISCE CON UN CRIME CORALE E CONVINCENTE, IMMERSO NELLA PROVINCIA AUSTRALIANA

Città di polvere
Autrice: Hayley Scrivenor
Traduttore: Fabrizio Coppola
Editore: NNE
Anno edizione: 2023
Anno prima edizione: 2022 (Australia)
Genere: Gialli & Noir
Pagine: 347

Consigliato a chi vuol perdersi con le ali della fantasia nell’outback australiano, ascoltando la musica dei Teskey Brothers in sottofondo; a chi ama i romanzi ambientati in provincia e le storie di famiglia; a chi vuole leggere un crime in cui si alternano diversi punti di vista, non tutti convenzionali.

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di Sabrina Colombo

Australia. Il 30 novembre 2001 a Durton, piccolo centro rurale, sparisce la dodicenne Esther Bianchi poco dopo la fine dell’orario scolastico. Partono immediatamente le ricerche tramite la locale stazione di polizia e viene chiamata a dirigere l’indagine il sergente Sarah Michaels, detective della sezione Persone scomparse, con un passato presso l’unità Tutela dei minori.

La detective Michaels è reduce da una burrascosa storia con Amira: si sono lasciate a causa delle continue liti, sfociate da ultimo in un episodio violento ai danni dell’ex partner, che rischia di mettere in discussione il promettente futuro professionale di Sarah. Il peso del fallimento sentimentale non può che riverberarsi sullo spirito con cui quest’ultima assume il delicato incarico.

Le indagini si indirizzano verso un possibile sospettato, che orbita nella rete di relazioni più strette della ragazzina. Il lavoro degli inquirenti è complicato dal fatto che – contemporaneamente – risultano scomparse due gemelle adolescenti: la necessità di suddividere le risorse umane sulle distinte scene del crimine mette a rischio la rapidità degli interventi e c’è chi sulla stampa e fra la popolazione sta già tentando di ipotizzare un collegamento fra i casi.

Le verifiche degli alibi non danno esito, i riscontri documentali e le testimonianze non sono dirimenti, Esther sembra svanita nel nulla e nessuno dei suoi amici più stretti riferisce di avere idea del motivo del suo allontanamento.

Come spesso accade nei piccoli centri, gli attori del dramma risultano legati da invisibili fili, parentele, amicizie, antichi dissapori.

Tutti a Durton – che i bambini ribattezzano Dirt Town, nel titolo Città di polvere, per evidenziarne al contempo la collocazione in un’area semi desertica e la lontananza siderale dalla modernità – nascondono qualcosa. Taluni lo fanno con astuzia, talaltri in maniera goffa: vecchie storie di spaccio, episodi di violenza di gruppo, relazioni adulterine, vessazioni psicologiche, violenze domestiche, passioni inconfessabili.

“Noi ragazzi avevamo un nome tutto nostro per Durton: Dirt Town. Nessuno ricordava chi l’avesse detto per primo – (…) – ma quando iniziò la scuola ormai la chiamavano tutti così. Né con malizia né con affetto, solo dimostrando che non avevamo mai pensato al posto in cui vivevamo in termini di buono o cattivo.
La nostra città non era una scelta per noi. C’era e basta.
Alcuni sussurravano che la città stava morendo.
(…) Ma noi eravamo piccoli, e tutto ciò a cui davvero pensavamo in quel novembre era il calore che ci tormentava andando a scuola, che ci seguiva oltre i binari e lungo le strade polverose.”

Il destino di Esther si scopre a libro già avanzato e di più non vogliamo dirvi se non che gli eventi precipitano verso un finale non scontato.

La provincia può essere un nido accogliente, ma diventa una gabbia quando le sue regole, i suoi giudizi si fanno così pervasivi da impedire a chi ci abita di essere se stesso: i segreti diventano macigni, i silenzi insormontabili ostacoli, la verità inaccettabili certezze.

Il racconto – che copre temporalmente l’arco di una settimana, dal 30 novembre al 4 dicembre 2001 – si dipana inizialmente con una certa lentezza: la lente di ingrandimento sotto la quale vengono posti gli abitanti di Durton conduce il team di Sarah Michaels a strappare progressivamente il velo di ipocrisia dietro al quale i più tentano di nascondersi.

Con il progredire dell’inchiesta la polvere che ammanta i fatti, i luoghi, le azioni dei protagonisti e dei personaggi secondari si dissolve ed emerge in tutta la sua banalità il male e la consapevolezza che – talvolta – la differenza tra buoni e cattivi, colpevoli e innocenti dipende dalle occasioni e opportunità di fronte alle quali il destino – nella sua mutevolezza – pone ognuno di noi.

In una continua e sistematica alternanza dell’Io narrante, l’autrice pone il lettore in condizione di comprendere il punto di vista di Sarah Michaels, di Constance (la madre), di Lewis e Veronica (amici di Esther), ma anche di un “noi” collettivo e indeterminato che – come un coro greco (nell’interpretazione che dà il traduttore nell’utilissima nota finale) – dà voce al sentimento di pietà popolare e permette di librarsi al di sopra dei fatti, esaminandoli con distacco per trarre l’unica conclusione possibile: “… anche allora sapevamo che le cose brutte accadono. E sapevamo che a volte erano le persone a causarle. A volte queste persone erano vicine a noi, a volte eravamo noi”.

Città di polvere è il romanzo d’esordio dell’australiana Hayley Scrivenor ed è stato selezionato per il Penguin Literary Prize. In Italia, pubblicato da NNE, è stato tradotto da Fabrizio Coppola, poliedrico artista, traduttore, editor, autore e conduttore radiofonico e – non ultimo – cantautore.

Il libro in una citazione
«Raccontiamo questa storia per dire che tutti facciamo cose stupide da bambini, e la maggior parte di noi sopravvive.»

18 maggio 2023
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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