di Sabrina Colombo
Acid for the Children
Autore: Flea
Traduttore: Stefano Chiapello
Editore: HarperCollins Italia
Anno edizione: 2021
Anno prima edizione: 2019 (Gran Bretagna)
Genere: Memoir
Pagine: 448
Consigliato a chi ascolta i Red Hot Chili Peppers e vuole approfondire la storia del bassista e cofondatore Flea.
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Scar Tissue. L’autobiografia del leader dei Red Hot Chili Peppers di Anthony Kiedis. Mondadori, 2006
Ci sono uomini il cui percorso esistenziale corre lungo sentieri fatti di amore, regole e prescrizioni, tracciati da chi li ha messi al mondo; altri crescono senza radici e sono destinati a sopravvivere al proprio dolore solo costruendosi una rete di legami in grado di colmare il vuoto lasciato da chi non ha saputo amarli nel modo giusto. La storia di Flea ci porta a esplorare i tortuosi rivolgimenti di un animo artistico e solitario, provato dall’assenza di punti di riferimento nei delicati anni della crescita: una strada accidentata, la sua, fatta di delusioni, cadute e nuovi inizi, alla ricerca della felicità e dell’armonia con le forze dell’universo. Flea, nel regalarci la propria autobiografia, si concentra sul periodo che va dalla sua nascita all’avvio dell’esperienza coi Red Hot Chili Peppers, e lo fa con grazia, ironia, sincerità e una buona dose di coraggio e spudoratezza.
“Sono nato il 16 ottobre 1962 a Melbourne, in Australia, con il nome di Michael Peter Balzary.”
Micheal “Mike” nasce a Melbourne, la mamma è casalinga e il padre ha un impiego statale. Ha una sorella di poco più grande, Karyn. Dopo i primi anni passati in Australia, il signor Balzary ottiene un trasferimento presso il Consolato di New York, dove si occuperà di import-export per conto del governo e l’intera famiglia si stabilisce a Rye, un quartiere relativamente tranquillo abitato da gente convenzionale. La pace domestica dura poco a causa delle aspettative frustrate della madre di Mike che – a disagio nei panni borghesi che le sono stati cuciti addosso – trova un nuovo compagno, Walter Urban Jr., musicista jazz con diversi problemi di dipendenza. A seguito della separazione, il padre di Mike torna in Australia e per chi resta comincia una nuova vita a casa di Walter, fatta di litigi, momenti di tensione, ma anche di progressivo avvicinamento all’ambiente e alla cultura dei migliori jazzisti dell’epoca.
“I trombettisti per me erano degli dèi, e quando alla Bancroft ebbi l’opportunità di suonare la tromba non me la lasciai sfuggire… è un intrico di metallo e grasso, ma non appena un umano ci soffia dentro l’amore diventa viva e infuocata, un sentiero verso Dio, un portavoce della divinità.”
Nel 1967 il nuovo nucleo lascia New York alla volta di Los Angeles, dove Mike trascorrerà l’adolescenza in un contesto multietnico e multiculturale, diviso fra la solitudine esistenziale che lo spinge a trasgredire le regole – in ciò facilitato da figure parentali piuttosto assenti – e i primi approcci alle performing arts, attraverso lo studio della tromba e la partecipazione alle attività della banda scolastica, in cui darà prova del suo eclettico e precoce talento.
“Anthony era un diavolo bellissimo e io un arcangelo eccentrico e spettrale, un folletto, un Puck, un Pan.”
Sui banchi della Fairfax High School – poco più che adolescente – Mike incontra Anthony Kiedis. Anticonformista, figlio di un attore, sfacciato, avvezzo ad assumere droghe senza troppi sensi di colpa, aitante e ipnotico, carismatico e apprezzatissimo dalle ragazze, diventa il suo compagno di avventure, l’altra metà di un sodalizio umano prima ancora che professionale che segnerà indelebilmente il suo cammino. Il rapporto tra i due si consolida, dalle feste sfrenate si passa alla collaborazione sui palchi e nelle sale di registrazione e nasce così l’esperienza dei Red Hot Chili Peppers.
“Creavo legami intensi con i miei amici, ma quello con Anthony era di un altro livello: lo spirito di avventura, lo sballo, le odissee per strada, l’arte, la filosofia, il desiderio bruciante di combinare qualcosa…. Con lui prima di tutto ci si sballava, poi si vedeva che fare. Io non avevo il gene della dipendenza così sviluppato.”
Il legame con Kiedis è luminoso e al contempo torbido. I due vivono da sbandati, non lesinano nel commettere piccoli furti, occupazioni di case altrui, frequentano gli ambienti punk e si lasciano coinvolgere in giri balordi, provano ogni tipo di esperienza psichedelica – fumo, eroina, LSD – credono che nell’eccesso e nella trasgressione risieda l’origine della più pura ispirazione artistica. Tutto questo poco prima che il flagello dell’Aids sconvolga il mondo, ridefinendo i confini di ciò che è opportuno e ciò che non è opportuno fare se si vuol salva la vita.
Sulla strada che conduce alla maturità si lasciano anche alle spalle alcuni amici, persi nel gorgo di quegli anni di dissennati abusi. La prematura morte di Hillel Slovak (1962-1988), chitarrista israeliano naturalizzato americano e cofondatore dei Red Hot Chili Peppers – poi sostituito da Jack Frusciante – rappresenta tuttora uno dei nodi irrisolti del passato di Mike, che si rimprovera di non essere stato in grado di sostenere a sufficienza il suo fraterno compagno nella battaglia ingaggiata per uscire dall’incubo della tossicodipendenza.
Il racconto si chiude con l’inizio dell’esperienza dei Red Hot Chili Peppers, quando Flea – finalmente pacificato con i propri demoni interiori o quantomeno in grado di fronteggiarli – capisce qual è la strada e che tipo di impronta intende dare alla sua musica. Nel 2001 fonda il Silverlake Conservatory of Music di Los Angeles, un ente non profit che si propone di diffondere l’educazione musicale anche presso le fasce più deboli e che rappresenta il modo in cui Flea intende ringraziare per i doni ricevuti nonostante gli atteggiamenti autodistruttivi ai quali si è più volte abbandonato.
La prosa di Acid for the children è introspettiva, il tono confidenziale, e diversamente non potrebbe essere, considerando che il protagonista si racconta senza indulgenza e senza concedersi facili sconti: non cerca di veicolare a tutti i costi l’immagine della rockstar algida e distante.
Mike-Flea sembra un personaggio di Dickens per la quantità di traversie che ha dovuto affrontare e la tenacia con cui è emerso dai suoi momenti bui.
È stato un bambino dotato di una forte sensibilità, acuita dalla circostanza di avere avuto due genitori anaffettivi e incapaci di mettersi in sintonia profonda con lui: un animo ribelle, curioso, introspettivo, solitario e impegnato in speculazioni sul senso della vita, naturalmente attratto verso ciò che è “bellezza” in tutte le possibili declinazioni.
È stato un adolescente ribelle, appassionato di basket, ma anche dipendente dalla droga e predisposto alla malinconia, alla costante ricerca di punti di riferimento negli adulti per colmare il vuoto educativo lasciato dai suoi famigliari.
È stato anche un lettore instancabile dalla più tenera età, passione che condivide con la sorella Karyn: adora Bulgakov, Vonnegut, Roald Dhal, Tolkien, Bukowsky, Charlotte Brontë e molti altri. Apprezza ogni forma d’arte, di cui percepisce la forza primordiale, la capacità di metterlo in connessione con il cosmo, gli elementi naturali e il lato più intimo delle persone di cui si circonda.
È infine un musicista rock versatile e anticonformista – per tutti ormai, semplicemente Flea – capace di dar vita a una band che da decenni miete riconoscimenti internazionali ma che non perde mai di vista la propria ispirazione – il groove, che ne costituisce la cifra stilistica e l’inconfondibile biglietto da visita.
Questo memoir – in calce corredato anche da scatti di momenti privati con famigliari, amici, compagni di scuola e di scorribande, nonché da liste di concerti, dischi, film e libri che lo hanno particolarmente segnato – ci mostra insomma la fotografia di un rocker ma non di un supereroe, con la sua fragilità ma anche con il desiderio di elevarsi a un livello più spirituale. Un uomo il cui percorso è tuttora segnato indelebilmente da questa ricerca di equilibrio tra fisicità e spiritualità, tra luce e buio, gioia e dolore, trascendenza e passionalità corporea.
Si segnala in apertura del volume la struggente poesia Innocenza, scritta da Patti Smith che più di tante parole racconta l’anima complessa di questo artista:
“… le foglie della sua vita non muoiono ma cantano
segni che pagina dopo pagina seguono la giovane
carovana, il paesaggio che infuria, la litania
dei volti benedetti nel nome della musica
in una visione falò divampano
mentre lui balla tra loro, vestito dei suoi anni
l’innocenza che si fa esperienza, la fame di tutto
flea il ragazzo, l’adolescente vorace
con le braccia aperte in un impeto di gratitudine.”
Il libro in una citazione
«Troppo spesso mi sono fatto distrarre da un mondo competitivo e ho inciampato nel mio stupido ego, ma guidato dalla bellezza mi sforzo di non smarrire la via, di lasciarmi andare e di vivere il momento. È questo fuoco che mi brucia dentro a mantenermi sempre curioso, proiettato verso qualcosa d’altro, nell’eterno tentativo di unirmi allo spirito infinito, con qualunque strumento a mia disposizione […] Non ho altra scelta se non quella di lasciare che il respiro selvaggio degli dèi mi spinga avanti senza sosta, di arrendermi, sia quel che sia, ancora e ancora, fino al sorgere del sole…»
4 maggio 2023
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