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Home » “IL DIACONO KING KONG” TRA FEDE E CONTRADDIZIONI NELL’AMERICA DEGLI ANNI SESSANTA

“IL DIACONO KING KONG” TRA FEDE E CONTRADDIZIONI NELL’AMERICA DEGLI ANNI SESSANTA

La copertina del libro "Il diacono King Kong" di James McBride (Fazi Editore)

Il diacono King Kong
Autore: James McBride
Traduttore: Silvia Castoldi
Editore: Fazi
Anno edizione: 2023
Anno prima edizione: 2020 (Usa)
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 456

Consigliato a chi apprezza la narrativa brillante, le storie di quartiere con uno sguardo al sociale ambientate a New York.

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di Sabrina Colombo

Siamo nella Brooklyn multietnica e multiculturale del 1969, dove vive l’anziano Sportcoat, diacono della chiesa di Five Ends, noto ai fedeli e agli abitanti delle Cause Houses con l’appellativo di King Kong, dal nome della miscela alcolica di contrabbando la cui assunzione scandisce le sue giornate. Sì, perché seppure Sportcoat sia da sempre un consumatore di alcol piuttosto affezionato, la situazione si è fatta critica dopo la morte misteriosa della moglie Hattie, annegata nel fiume e pietosamente ripescata dagli uomini del mafioso Tommy Elefante.

Al dolore per la perdita si unisce la preoccupazione per la scomparsa della cassetta delle elemosine natalizie, che la parrocchia affidava a Hattie e che Sportcoat non riesce a trovare, nonché l’escalation di violenze e vessazioni che si accompagna alla diffusione dello spaccio della droga, un affare in grado di ingolosire la malavita di quartiere, che non si accontenta più di gestire racket minori ma vuole fare il salto di qualità contrastando lo strapotere della criminalità organizzata.

Perchè Sportcoat arriva a sparare allo spacciatore Deems, che in passato è stato suo allievo di catechismo e buon giocatore di baseball? Chi consegna ai poveri della parrocchia chili e chili di ottimo formaggio italiano senza volersi esporre in prima persona? E cosa sta succedendo fra le bande rivali di portoricani, neri, irlandesi e italiani? Ma, soprattutto, per quale ragione Tommy Elefante – come già suo padre prima di lui – è così interessato alla Chiesa di Five Ends e in particolare al Gesù che campeggia sul muro posteriore, uno splendido Cristo risorto – riproduzione dell’immagine realizzata da Giotto nella cappella degli Scrovegni – che i fedeli hanno col tempo deciso di ridipingere attribuendogli la pelle nera?

Ritmo, energia, battute surreali sono la cifra di James McBride, che ne Il diacono King Kong solleva il velo sulle contraddizioni dell’America degli anni Sessanta, ancora intrisa di pregiudizi nei confronti dei neri, e più in generale degli immigrati; questi ultimi – fra mille peripezie – sono alla continua ricerca di un punto di equilibrio fra la cultura di origine e il desiderio di assimilazione, fra i ricordi della terra natia e la speranza di un futuro migliore lontano dai luoghi cari. Su tutti aleggia la fede se non in Dio, nella parte migliore dell’animo umano, quella che ci permette di scoprirci affratellati nel momento del bisogno.

McBride (1957), nato a Brooklyn-New York da padre afroamericano e da madre polacca, è giornalista, saggista, sceneggiatore, romanziere, musicista jazz. Da una sua opera Spike Lee ha tratto il film Miracolo a Sant’Anna (2008), ispirato all’eccidio di Sant’Anna di Stazzema. Dello stesso autore Fazi ha pubblicato il romanzo della consacrazione, con cui ha vinto il National Book Award nel 2013: The Good Lord Bird. La storia di John Brown (2021).

Il libro in una citazione
«Deems aveva deciso già da tempo che Sport era diverso dai maniaci di Gesù che popolavano la sua vita. Sport non aveva bisogno di Gesù. Ovviamente faceva finta di sì, come molti altri adulti della Chiesa di Five Ends. Però Sportcoat aveva qualcosa che nessun altro aveva, né a Five Ends, né nel quartiere – qualcosa che non aveva nessuno di quelli che Deems aveva conosciuto in tutti i suoi diciannove anni di vita nelle Cause Houses.
La felicità.
Sport era felice.»

11 aprile 2023
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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