di Sonia Vaccaro
Nessuna come lei. Katherine Mansfield e Virginia Woolf. Storia di un’amicizia
Autrice: Sara De Simone
Editore: Neri Pozza
Anno edizione: 2023
Genere: Storia e critica letteraria
Pagine: 391
Consigliato a chi ama immergersi nell’atmosfera letteraria dell’Inghilterra d’inizio secolo scorso e vuole scoprire come il vero legame che unì Katherine Mansfield e Virginia Woolf influenzò la loro vita da scrittrici.
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Il 28 marzo 1941 Virginia Woolf si lasciò annegare nel fiume Ouse, non lontano da Monk’s House, l’abitazione situata a Rodmell (Sussex) che condivideva col marito Leonard.
Il 9 gennaio 1923 Katherine Mansfield fu strappata alla vita a Fontainebleau (Francia) mentre cercava di curarsi nell’istituto del controverso teosofo armeno Georges Ivanovič Gurdjieff.
Da allora su queste due donne è stato scritto molto – nel caso di Virginia probabilmente troppo – e talvolta si è pure indugiato oltremodo sul loro rapporto di rivalità. Ben diverso è l’approccio che Sara De Simone adotta in Nessuna come lei, vera e propria biografia della relazione d’amicizia che legò le due scrittrici tra il 1917 e il 1923.
Con piglio filologico la vicepresidente dell’Italian Virginia Woolf Society intreccia una gran quantità di pagine di diario e di corrispondenza – in parte tradotte di suo pugno proprio in vista della stesura di questo libro – e, fondendo registro narrativo e saggistico, invera un’amicizia complessa, illuminandola da una prospettiva inedita.
In Nessuna come lei De Simone propone infatti un’alternativa comprovata alle narrazioni stantie – e prevalentemente maschili – per cui una relazione tra donne è necessariamente improntata o alla sorellanza idilliaca o alla competizione agguerrita. Senza spirito di partigianeria ma con l’intento di dar voce a ciò che un’ampia documentazione reclama di raccontare, rimarca come Katherine e Virginia, due amiche che misero sempre la letteratura al primo posto, erano sì un po’ gelose l’una della bravura dell’altra, ma erano soprattutto consapevoli di quanto potesse essere fertile lo scambio che avveniva tra loro.
De Simone non cade nella trappola di interpretare retrospettivamente intere esistenze sulla base di atti finali – come il suicidio di Virginia – o di una grave malattia – come la tubercolosi diagnosticata a Katherine nel 1917.
Spesso ritratte come due figure tragiche – geniale e depressa l’una, molto debilitata e incline a cadere nelle grinfie del ciarlatano di turno l’altra – Virginia e Katherine erano in realtà donne volitive, dotate di grande senso dell’ironia, che ardevano per la vita, esattamente quella vita che desideravano scrivere.
Proprio la vocazione per la scrittura – che nell’atto pratico farà sentire Virginia una sensibilità e Katherine interprete di un inno laico, non dimentico degli aspetti più crudi della realtà – prima stringe e poi rinvigorisce il loro legame, anche dopo lunghi periodi di lontananza, dovuti principalmente al peregrinare di Katherine tra Francia, Italia e Svizzera alla ricerca di una cura efficace.
Di certo erano due donne molto diverse: Katherine, che arrivava da Wellington (Nuova Zelanda), aveva una grande esperienza del cosiddetto underworld e veniva guardata con sufficienza dagli intellettuali del Bloomsbury; Virginia, nata e cresciuta nel cuore dell’alta borghesia inglese, ben sapeva come essere prude fin quasi al midollo.
Il giorno dopo il loro primo incontro, che avvenne nel febbraio 1916 nel salotto dello scrittore Lytton Strachey a Belsize Park (Londra), la trentaquattrenne Virginia descrisse la ventottenne Katherine alla sorella Vanessa senza mezzi termini. Eppure proprio quel personaggio sgradevole ma energico e assolutamente privo di scrupoli sarà l’autrice di Preludio, il racconto che gli stessi Woolf pubblicheranno un paio di anni dopo con la Hogarth Press, casa editrice allestita nel 1917 con una pressa Eclipse nella loro abitazione di Richmond. E soprattutto diventerà l’unica donna che, tenendo alla scrittura quanto Virginia, le rimanderà più volte una sensazione di eco, una sorta di riverbero dei suoi stessi sentimenti che li rendeva ancora più tangibili. Katherine riusciva infatti a esprimerli attraverso una voce interna che improvvisamente Virginia avvertiva pronunciare, predicare e indovinare dall’esterno ciò che aveva creduto solo suo. Questa sensazione, di cui Virginia scrisse sul diario nel 1920, già basterebbe per non rilegare Katherine al ruolo di fuggevole comparsa nella sua vita, inesattezza che De Simone decostruisce. Ma di prova ce n’è almeno un’altra.
Virginia e Katherine si conobbero in un’epoca in cui il romanzo ottocentesco iniziava a palesare la sua inadeguatezza a raccontare la realtà. Katherine, benché più giovane di Virginia, si rivelò vera pioniera del Modernismo, il movimento letterario che sovvertì i tradizionali metodi di scrittura e rappresentazione. Stando alla ricostruzione di De Simone, fu proprio Katherine a indurre Virginia a intraprendere con più decisione la via della sperimentazione dopo la stesura di Notte e giorno, il suo secondo romanzo pubblicato nel 1919.
La recensione che Katherine ne scrisse per l’Athenaeum, la rivista allora diretta da suo marito John Middleton Murry, irritò Virginia al punto da farla sentire una decorosa vecchia rimbambita. Difatti Katherine le rimproverava di aver scritto un romanzo fuori dal tempo, che non si confrontava col mondo nuovo scaturito dalla guerra, che da quelle pagine sembrava non esserci mai stata. Per Katherine occorreva un mutamento dell’anima, e proprio Virginia, che tanto l’aveva sorpresa con il racconto Kew Gardens, ora aveva miseramente fallito.
Dovranno passare dieci anni prima che Virginia definisca Notte e giorno un esercizio di stile convenzionale, consapevolezza che evidentemente già affiora nel 1920, quando inizia a scrivere La stanza di Jacob, storia di un giovane che di cognome fa Flanders – in italiano Fiandre, campo di uno di più sanguinosi combattimenti della prima guerra mondiale, dove peraltro il fratello di Katherine venne ucciso da una granata. Un romanzo con cui Virginia iniziò a mutare il suo sguardo sul mondo, in un’epoca ben restituita da De Simone.
Oltre a ridefinire i contorni di un’amicizia che lasciò traccia di sé in opere letterarie d’indiscusso valore, Nessuna come lei ci introduce nei salotti in cui si riunivano gli intellettuali e agli eventi che ne rivoluzionavano la quotidianità, come la mostra dei pittori postimpressionisti ospitata nel novembre 1910 alle Grafton Galleries di Londra. Curata dal critico d’arte Roger Fry, membro del Bloomsbury, venne definita Art-Quake (artemoto) dal collega Desmond MacCarthy tanto fu lo scalpore che suscitò. Non è un caso se proprio a quell’inverno risale la famosa constatazione di Virginia per cui “il personaggio umano cambiò”.
Se Virginia rimase colpita dalle Mele di Paul Cézanne, Katherine lo fu dai Girasoli di Vincent Van Gogh. Ai loro occhi quei dipinti ritraevano oggetti quotidiani colti nell’atto stesso di esserci, non resi appositamente pronti per essere osservati, e indussero entrambe a cambiare – più o meno consapevolmente – il proprio stile di scrittura. La più repentinamente consapevole fu forse Katherine, che ben presto iniziò a elaborare una special prose, in cui la vita delle cose – la vita della vita la definiva lei – prendeva il sopravvento su tesi e trama.
In ogni caso, l’influenza che Katherine esercitò su Virginia va ben oltre la scrittura. In più di un’occasione De Simone ha raccontato che l’idea di Nessuna come lei è nata mentre stava traducendo le lettere di Vita Sackville-West per Scrivi sempre a mezzanotte. Lettere d’amore e desiderio (Donzelli, 2019) con Nadia Fusini, voce italiana di Virginia. Nel 1927 Virginia scrisse alla sua amante, associandola a Katherine: “Che strane amiche ho avuto, tu e lei”. Per De Simone una simile affermazione, che metteva sullo stesso piano Vita e Katherine, non poteva che tradire uno scambio ben più fertile di quello già raccontato dalla vulgata. Questa intuizione folgorante ha spinto De Simone ad avventurarsi in una lunga ricerca – peraltro resa difficoltosa dal fatto che Katherine usava bruciare la propria corrispondenza – volta a comprendere appieno la relazione d’amicizia tra le due.
Disponendo di un carteggio parziale, De Simone ha deciso di rintracciare tutte le fonti possibili – corrispondenze con amici e parenti, diari, autobiografie e biografie solo per citarne alcune – che le consentissero, tessera dopo tessera, di ricomporre a mosaico i rapporti tra le due scrittrici. Dalla minuziosa ricerca ha evidentemente ricavato cronologie comparate che le hanno consentito di far risaltare parallelismi e perpendicolarità tra le loro vite, restituite con dovizia di dettagli.
Tale metodo di lavoro, associato a una solida competenza in materia e a una scrittura suggestiva, ha sicuramente contribuito a popolare Nessuna come lei sia di personalità di spicco del panorama letterario sia di persone meno note vicine alle scrittrici, che risultano tanto accattivanti quanto solitamente lo sono personaggi a tutto tondo appositamente concepiti. È sicuramente il caso di Leonard, l’uomo cui Virginia era legata da a marriage of two minds, sodalizio tra due menti profondamente innamorate; e di Murry, l’immaturo marito di Katherine cui lei si sentiva legata da una sorta di amicizia adolescenziale; e forse ancor di più di Ida, la fedelissima e maldestra compagna di vita di Katherine, l’unica che non l’abbandonerà nei momenti più difficili della malattia e che lei stessa, nonostante l’incostanza, confesserà di “volere come moglie”; per non parlare poi delle cugine di Katherine che la ospitano a Mentone, la sessantaduenne Connie Beauchamp e la sua amica sessantaquattrenne Jinnie Fullerton, che tentano invano di convertirla al cattolicesimo. Ed è anche il caso di T. S. Eliot, quel giovane poeta americano dal volto scolpito e senza labbro superiore che a Virginia pare piuttosto strano quando le si presenta con in tasca un fascio di poesie; e di D. H. Lawrence, in cui Katherine ravvisa allo stesso tempo un diavolo nero da detestare, un predicatore cui non credere e un artista da stimare. E ancora di James Joyce, l’autore dell’Ulisse, che ufficialmente i Woolf rifiutarono di pubblicare perché troppo voluminoso per le possibilità della piccola Hogarth Press, ma che a Virginia in realtà non piacque affatto per il linguaggio scurrile, la ripetitività degli argomenti, le punte di manierismo e l’indubbia prolissità; proprio quel Joyce che riconobbe come Katherine, benché priva di formazione classica, avesse in realtà compreso l’Ulisse molto meglio del marito, che si offrì di recensirlo.
Quel che è certo è che in Nessuna come lei c’è materiale a sufficienza cui un buon docente può attingere per rendere interessante la letteratura anche agli studenti più tediati. De Simone non inventa nulla, racconta fluidamente e coinvolge, tanto quanto l’amicizia di Katherine continuava a coinvolgere Virginia anche diversi anni dopo la sua dipartita.
L’ultima volta che Virginia ne scrive sul diario risale al 15 gennaio 1941, giorno in cui Joyce muore. La Katherine che le viene in mente in questa occasione declama e ridicolizza teatralmente l’Ulisse senza però omettere di riconoscere che in quel libro c’è qualcosa, forse una scena, che crede debba figurare nella storia della letteratura. Un po’ come la rarissima scena di due scrittrici – Virginia e Katherine, per l’appunto – sedute in salotto a discorrere liberamente, senza deferenza né risentimento, delle opere dei loro contemporanei assaporando felici momenti di essere durante impagabili ore di conversazione.
Il libro in una citazione
«Nessuna come Katherine l’aveva resa tanto gelosa, nessuna come Katherine l’aveva fatta sentire meno sola. Nessuna l’aveva ferita di più – con i suoi giudizi, con le sue assenze – nessuna le aveva regalato “ore impagabili” quanto lei. Per nessuna aveva cambiato programmi, preso e perso treni, e fatto più di una volta il primo passo. Perché nessuna era come Katherine.»
27 marzo 2023
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