di Sabrina Colombo
Vita dentro 15.4.22
Autore: Luigi Monfredi, Domenico Morrone
Editore: Antonio Mandese
Anno edizione: 2023
Genere: Biografia
Pagine: 123
Consigliato a chi segue la cronaca giudiziaria, a chi è sensibile alle problematiche legate all’amministrazione della giustizia in sede penale.
Taranto, quartiere Tamburi. Domenico Morrone, ex paracadutista della Folgore e pescatore dalla condotta irreprensibile, ha 27 anni quando nel 1991 viene accusato ingiustamente di essere l’assassino a sangue freddo di due ragazzini.
Sono anni difficili per la città, diverse bande criminali si contendono il territorio: gli inquirenti, pressati dall’opinione pubblica, cercano un colpevole che soddisfi la sete di sicurezza che hanno i tarantini e indirizzano le indagini a senso unico su Domenico. I vicini che testimoniano a suo favore non vengono creduti, si dà credito alle dichiarazioni di alcuni giovani che parrebbero averlo riconosciuto sul luogo del delitto. I riscontri sono discordanti, la prova dello Stub dà esito negativo, l’arma da fuoco non viene mai trovata ma – nonostante tutto – Domenico viene prima incarcerato in via preventiva, poi condannato per omicidio.
Luigi Monfredi – oggi giornalista Rai e all’epoca dei fatti giovane cronista di Telenorba – segue il caso, si avvede che le indagini fanno acqua e che le sentenze che si succedono si fondano su risultanze assolutamente discutibili: gli stessi sedicenti testimoni arrivano ad ammettere di essere stati subornati dagli inquirenti e ritrattano le iniziali dichiarazioni.
L’inaccettabile imperizia con cui tutta la sequela giudiziaria viene istruita – tuttavia – conduce a una pena definitiva a 21 anni di reclusione: le porte del carcere si spalancano per Domenico Morrone, che inizia il suo percorso nel mondo degli istituti di detenzione con lo sguardo attonito di chi si sente protagonista di un dramma kafkiano, un incubo da cui non ci si sveglia.
Quando due pentiti riferiranno di conoscere il vero colpevole del gesto criminoso, finalmente il caso giungerà a una svolta e si creeranno i presupposti per accogliere l’istanza di revisione, la quinta presentata dalla difesa.
La Corte di appello di Lecce nel 2006 revocherà la condanna assolvendo Morrone dai fatti ascrittigli con la più ampia formula, “per non aver commesso il fatto”.
Una giustizia a metà quella riconosciuta a Morrone che – pur risarcito per l’ingiusta detenzione – ha visto respingere la sua domanda di condanna dei magistrati che illo tempore lo giudicarono colpevole, ritenuti non responsabili ai sensi della vigente normativa: un nonsense giuridico.
L’idea del libro nasce dall’amicizia, rinsaldatasi dopo la scarcerazione, tra Morrone e Luigi Monfredi, unico innocentista, a suo tempo autore di un servizio andato in onda su Telenorba in cui metteva in dubbio le risultanze e smontava punto per punto il castello accusatorio costruito attorno all’indagato.
Al resoconto giornalistico di Monfredi, si alternano le memorie di Morrone: la vita in carcere, il racconto della solitudine provata, dei momenti di nera disperazione superati volgendo il pensiero alla madre, il conforto della fede, il ricordo dell’amicizia nata con alcuni compagni, il rispetto guadagnato all’interno della struttura carceraria tra i funzionari e gli stessi agenti di polizia penitenziaria, la voglia di rinascita, la forza di mettersi a studiare il codice penale, l’incontro con alcuni legali e attivisti della Fondazione Enzo Tortora, impegnati a porre all’attenzione del pubblico il tema della denegata giustizia.
Vita dentro 15.4.22 – 15 anni, 4 mesi e 22 giorni, tanto è il tempo del suo calvario – è un piccolo pamphlet che mette il focus sul tema dell’errore giudiziario e che costituisce un contributo al dibattito in corso in ordine all’uso distorto della carcerazione preventiva, all’urgenza di migliorare e attualizzare la legislazione sulla responsabilità civile dei magistrati, all’opportunità o meno di implementare gli strumenti premiali in favore dei detenuti capaci di mantenere una buona condotta.
Il tutto in quell’ottica rieducativa, come sancita dalla costituzione, secondo il modello del cosiddetto doppio binario, che vorrebbe finalizzare la pena della privazione del bene della libertà non solo all’emenda del reo ma – soprattutto – al suo pieno recupero sociale.
Il libro in una citazione
«Non penso più al futuro, non mi appartiene più, mi è stato rubato, vivo alla giornata, così come viene, potranno risarcirmi ma non potranno restituirmi tutto quello che ho perso.»
2 marzo 2023
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