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Home » “VITE MIE”. SELVETELLA PROPAGA ECHI DI NARRATIVA NOVECENTESCA RACCONTANDO LA FAMIGLIA CONTEMPORANEA

“VITE MIE”. SELVETELLA PROPAGA ECHI DI NARRATIVA NOVECENTESCA RACCONTANDO LA FAMIGLIA CONTEMPORANEA

Vite mie
Autore: Yari Selvetella
Editore: Mondadori
Anno edizione: 2022
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 250

Consigliato a chi ama i romanzi che mettono al centro la famiglia e le sue dinamiche, a chi ama la letteratura contemporanea con influenze ben radicate nella narrativa del Novecento.

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di Sabrina Colombo

Claudio Prizio è un giornalista del servizio pubblico che vive a Roma con la famiglia. La sua è una tribù in cui si intrecciano parentele “legali” e legami “di fatto”, un crogiolo molto contemporaneo che nasce e cresce grazie alle reciproche attenzioni, a prescindere dalle risultanze anagrafiche e da quelle dello stato civile.

Carlo e Tiziano sono figli ormai adulti della sua precedente compagna, morta dopo una malattia breve e devastante. Nico – adolescente – è figlio biologico di Claudio e della madre dei due ragazzi grandi. La piccola di casa – Micol – invece è il frutto della sua successiva relazione con Agata. Quest’ultima ha accettato di salire a bordo e di governare con buon senso e dedizione la brigata di casa Prizio. Il lutto è superato, la vita è andata oltre lo smarrimento iniziale, Carlo e Tiziano stanno spiccando il volo negli studi e nella professione, all’orizzonte c’è il progetto di una nuova casa.

Eppure Claudio è profondamente disorientato, al limite della paranoia: teme di non essere più in grado di amare, si arrovella in elucubrazioni complesse e articolate. Cos’è un legame affettivo? Può superare la prova della separazione definitiva? E chi rimane, per sopravvivere, deve lentamente ma inesorabilmente lasciar dissolvere il sentimento?

In un girotondo di riflessioni, ripensamenti, incontri occasionali, Prizio ragiona sul senso della sua esistenza, sulla paura di amare e su quella di soffrire: e allora pesca letteralmente dal baule dei ricordi – quelli che fanno ancora male – una serie di oggetti che testimoniano ciò che è stato e ciò che sarebbe potuto essere e decide di disseminarli per la città, Roma – antica e moderna – che tutto fagocita e che in secoli di storia ha saputo rigenerarsi, evolversi in nuove stratificazioni per guardare al futuro pur mantenendo racchiuso in sé lo splendore del suo passato.

Vite mie è un romanzo intimo, delicato, poetico, scritto in prima persona, in cui ci si interroga sul significato dei vincoli e sull’opportunità di coltivare il ricordo di chi non è più fra noi, sull’urgenza di costruirsi uno schermo che ci difenda dalla paura di soffrire quando si è già sofferto troppo.

In questo cinquantenne stralunato e soverchiato dai doveri quotidiani – le bollette, il pranzo da preparare, i figli da accompagnare a scuola, il timore costante di avere scordato qualcosa di essenziale che andava assolutamente fatto – non ci si può non identificare almeno un poco.

Le sue idiosincrasie – il suo vedersi specchiato negli occhi delle persone che incontra, nelle quali cerca una somiglianza fisica ma anche una compartecipazione emotiva ai suoi disagi interiori – sono l’unico modo in cui riesce a tenere sotto controllo l’ansia del quotidiano. La riservatezza con cui assapora le piccole gioie è lo scudo che lo protegge dall’occhio implacabile del destino malevolo, che colpisce subdolamente quando meno lo si aspetta.

Le peregrinazioni del protagonista attraverso la città, il lirismo delle descrizioni, scandiscono il passaggio dal piano della vita reale a quello onirico in cui Claudio incontra i suoi demoni interiori, dà loro forma, li rincorre e infine li abbandona per darsi una nuova occasione di felicità.

C’è Zeno Cosini di Italo Svevo, con le sue divagazioni psicoanalitiche che lo fanno oscillare tra socialità e asocialità, nevrosi e salute mentale; c’è la lucida follia di Luigi Pirandello, c’è il male di vivere di Cesare Pavese, c’è un tocco dello stile surreale di Dino Buzzati: insomma, c’è l’eco potente della grande letteratura italiana del Novecento, che Yari Selvetella declina in maniera personale.

C’è infine – a sommesso parere di chi scrive, naturalmente – tutto quanto è necessario per una candidatura a un premio importante: chissà che qualche Amico della domenica, vista l’apertura in questi giorni dei termini per le segnalazioni dello Strega 2023, non caldeggi questo piccolo gioiello, dandogli la visibilità mainstream che si merita.

Il libro in una citazione
«Negli ultimi mesi ho pensato spesso di non essere più capace di amare, di aver disimparato, di non saperlo più fare come una volta. Ragionando in questo modo, tuttavia, non ottengo altro che nostalgie, e invecchio. Ora mi convinco che non sia necessario recuperare i tempi andati ma invece conquistare un atteggiamento nuovo; la verità non restaura, tanto meno in amore, la verità rivoluziona: più studio i fenomeni del crollo, più mi capacito che il mio obiettivo non dev’essere rimuovere macerie ma, aggirandomi tra di esse, accettare l’inevitabilità di nuovi tracolli, lasciare proprio lì le nostre tracce, dare voce ai detriti muti.»

8 febbraio 2023
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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