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Home » “STORIA DI SHUGGIE BAIN”, ANIMA BELLA IN UN MONDO CINICO ED EGOISTA

“STORIA DI SHUGGIE BAIN”, ANIMA BELLA IN UN MONDO CINICO ED EGOISTA

La copertina del libro "Storia di Shuggie Bain"" di Douglas Stuart (Mondadori)

Storia di Shuggie Bain
Autore: Douglas Stuart        
Traduzione: Carlo Prosperi
Editore: Mondadori
Anno edizione: 2021
Anno prima edizione: 2020 (Usa)
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 533

Consigliato a chi vuole leggere una storia profonda e commovente con protagonisti dickensiani, feriti e vinti dalla vita, o forse non del tutto.

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di Sabrina Colombo

Nella Glasgow povera e operaia degli anni Ottanta – gli anni della crisi economica, della chiusura delle miniere e delle lotte sindacali contro le impopolari decisioni della Signora Tatcher – Shuggie vive in un fatiscente appartamento di periferia con sua madre Agnes e i fratelli nati dal primo matrimonio di quest’ultima.

Agnes – di famiglia cattolica – ha lasciato quel brav’uomo del marito, gran lavoratore senza grilli per la testa, per mettersi con Hugh Bain, di professione tassista, orangista, dongiovanni, un divorzio e quattro figli alle spalle, del tutto incapace di fare da padre al piccolo Shuggie.

Shuggie è un bambino insolito, dal portamento delicato e educato nei toni, vittima del bullismo dei coetanei per quei suoi modi gentili e femminei. Shuggie, in effetti, preferisce mettersi il mascara e spazzolare le seriche code ai pony giocattolo delle compagne di scuola piuttosto che buttarsi nella mischia di una partita a pallone. Non tarda a realizzare che la sua natura è ben lontana dal bieco contesto machista in cui è cresciuto e questa circostanza lo rende inviso ai coetanei. I ragazzini lo isolano, il padre Hugh – vanesio e irresponsabile – lo sbeffeggia, la madre lo ama teneramente e – così come i fratelli – per quanto possibile tenta di tenerlo al riparo dalla cattiveria altrui.

Ma Agnes non può fare più di quel tanto per questo figlio fragile e sognatore. Agnes è un’alcolista, una vera spugna, beve sin dal mattino, distrugge consapevolmente quanto di buono la circonda: il rapporto con le amiche e con i genitori, i quali pure l’hanno accolta dopo che ha piantato in asso il marito per convivere con un protestante; quello con i figli grandi, Catherine – che per fuggire dal degrado si sposa giovanissima – e Leek, che rinuncia all’ambizione dell’Accademia di belle arti per non lasciare Shuggie in balia dell’inferno in cui la madre ha trasformato la loro quotidianità.

Agnes è una donna bellissima – una dea fragile, sensuale e lasciva al tempo stesso. Somiglia a Liz Taylor, quando è sobria, ama truccarsi, vestirsi con cura, occuparsi della sua casa con rigore e precisione, ma il richiamo della bottiglia è un demone cui non riesce a sottrarsi, nonostante i tentativi ripetuti di recupero presso gli Alcolisti anonimi. Il suo sarà un inarrestabile avvicinamento al punto di rottura, in cui trascinerà chiunque tenti di aiutarla. Sì, perché l’amore di Shuggie non è sufficiente a strapparla alla dipendenza, e il finale drammatico è già scritto nel breve libro della sua vita.

Agnes Bain – in contemplazione perenne dei propri fallimenti – sembra uscita da un romanzo d’appendice: è l’eroina di un’opera rock, inquieta e bellissima, vittima sacrificale di un sistema che non sa farsi carico dei più deboli ma anche dell’indifferenza di una società incapace di essere accudente nei confronti di chi ­– per qualche ragione – è diverso, non classificato e inclassificabile secondo i canoni correnti.

Agnes è il perno attorno al quale ruota il romanzo: il suo personaggio si trasfigura fino a diventare simbolo dell’umanità perdente, di chi nasce con poche prospettive di riscatto e con questo carico leggero di opportunità si trascina per un mondo cinico ed egoista. E allora Shuggie – occhi grandi da cerbiatto, curioso, garbato, dignitoso, buffo extraterrestre in libera uscita nei bassifondi di una Glasgow smantellata dalla recessione – sarà il lascito di Agnes, il senso della sua disperata esistenza, il suo originalissimo, prezioso contributo alla bellezza che salva il mondo: la freccia lanciata verso un futuro incerto dove – forse – c’è posto anche per le anime belle.

La scrittura avvolge, coinvolge, emoziona, indigna: si srotola innanzi al lettore il racconto di un dolore perfetto – quello di Agnes – che ama sapendo di non amare abbastanza per dare un taglio al proprio vizio, e quello di Shuggie – che ama sapendo che il suo amore non sarà sufficiente a salvare chi ha rinunciato in partenza alla felicità.

Storia di Shuggie Bain è il primo romanzo di Douglas Stuart (Glasgow, 1976) – scozzese, trasferitosi negli Stati Uniti una volta conclusi gli studi d’arte, per anni impegnato come fashion designer – ed è in parte un racconto autobiografico.

L’opera – che ha visto la luce dopo numerosi rifiuti da parte delle case editrici – ha vinto il Booker Prize nel 2020 ed è stata finalista al National Book Award lo stesso anno.

Nel 2022 Douglas Stuart ha pubblicato il suo secondo lavoro, Il giovane Mungo – in Italia sempre edito da Mondadori – e può essere inserito a pieno titolo nel novero delle voci nuove e più significative della narrativa contemporanea in lingua inglese.

Il libro in una citazione
«Agnes gli accarezzò i capelli nerissimi mentre lui la divertiva facendo le facce da pesciolino. “Che tipo di uomo sarai, da grande?” “Come vorresti che fossi?” Agnes ci rifletté un istante. “Pacifico”. Gli scostò di nuovo i capelli bagnati. “Con l’aria meno corrucciata.” Il viso di Shuggie si contorse in un nodo pensieroso. “Non lo so. Io voglio solo stare con te. Voglio portarti da qualche parte dove possiamo essere tutti e due nuovi di zecca.”»

13 gennaio 2023
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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