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Home » DIWO CI RIPORTA IN FRANCIA CON “IL LETTO DI ACAJOU”, STORIA DI FAMIGLIE CHE RESISTONO AGLI SCONVOLGIMENTI DELLA RIVOLUZIONE

DIWO CI RIPORTA IN FRANCIA CON “IL LETTO DI ACAJOU”, STORIA DI FAMIGLIE CHE RESISTONO AGLI SCONVOLGIMENTI DELLA RIVOLUZIONE

Quattro stelline e mezzo

Il letto di acajou. Le dame del Faubourg
Autore: Jean Diwo
Editore: 21Lettere
Traduttrice: Luisa Rigamonti
Anno edizione: 2022
Anno prima edizione: 1989 (Francia)
Genere: Romanzo storico
Pagine: 702

Consigliato a chi ama immergersi nella Storia francese, per scoprire aneddoti e curiosità interessanti, e adora i grandi romanzi famigliari.

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di Marta Peroni

Il letto di acajou è il secondo volume della trilogia dello scrittore francese Jean Diwo. Ne Le dame del Faubourg la narrazione si era interrotta alla vigilia della presa della Bastiglia, e in questo nuovo capitolo della Storia di Francia, l’autore ci riporta proprio lì, tra gli abitanti del Faubourg Saint-Antoine, il quartiere del legno di Parigi, scossi dal vento impetuoso della Rivoluzione. Le teste coronate cadono sotto i colpi della ghigliottina, gli animi del popolo si accendono nella speranza di poter avere più diritti e una vita più dignitosa. Eppure, piano piano, una scia di sangue travolge non solo i nobili ma anche gli stessi rivoluzionari, trascinando la città nel Terrore.

La comunità del mobile si trova ad affrontare un periodo di crisi e povertà. Il Faubourg si spegne a poco a poco: ebanisti e falegnami sono costretti a chiudere le loro botteghe o a modificare il loro lavoro per adeguarsi ai nuovi tempi e alle differenti mode. Se fino a quel momento si potevano realizzare mobili intarsiati e unici su richiesta dei nobili e regnanti, ora la produzione si fa più meccanica, con l’uso sempre più massiccio del mogano acajou e la costruzione di prodotti in serie, a discapito dell’arte e dell’artigianato.

La tempesta portata dalla Rivoluzione e dal successivo regime del Terrore non risparmia neanche le opere d’arte, che vengono distrutte senza troppa pietà, insieme ai simboli religiosi, come la stessa Abbazia di Saint-Antoine-des-Champs. Se fino a quel momento, grazie anche all’opera delle badesse, questo luogo di culto rappresentava l’anima del quartiere del legno, ora sparisce nella tormenta.

In questo secondo volume della trilogia, Jean Diwo ci fa percorrere un arco temporale sì più breve (circa trent’anni), ma decisamente intenso: dalla Rivoluzione francese e dal successivo Terrore all’avvento di Napoleone Bonaparte, fino alla Restaurazione, con il ritorno sul trono di Re Luigi XVIII.

A differenza del primo romanzo, in cui diversi personaggi si alternavano velocemente, qui la narrazione si concentra solo un gruppo ristretto di figure che ruotano attorno alla Dama del Faubourg, Antoinette Oeben, figlia del famoso ebanista Jean-François Oeben e figliastra dell’altrettanto celebre ebanista Jean-Henri Riesener, nonché moglie del barone Bertrand de Valfroy, da cui ha avuto una figlia, la piccola Lucie. Antoinette e Bertrand hanno adottato anche un ragazzo di strada, Ethis, che avrà un ruolo molto importante tra queste pagine. È proprio nella casa di Antoinette, a Place D’Aligre, che ogni mercoledì s’incontrano amici e parenti, uomini del legno e dell’arte, che portano con sé notizie dei mutamenti della società, degli usi e costumi, degli incontri e degli scontri, dell’evoluzione non solo storica ma anche sociale della Francia di quegli anni.

Ed è proprio grazie alla descrizione di ciò che avviene in questo salotto del Faubourg, che noi lettori possiamo assistere ancora una volta all’abilità dello scrittore parigino di intrecciare armoniosamente la grande Storia alle storie minime, dedicando particolare attenzione anche a interessanti curiosità e aneddoti che spesso non si trovano in un classico manuale scolastico, come l’impostazione del calendario rivoluzionario – coi mesi brumaio, frimaio… – o le mode del taglio di capelli, per esempio “alla Tito” o “alla Caracalla”, che siamo spinti ad approfondire anche solo con l’ausilio dei motori di ricerca.

Questo focalizzarsi per tutto il romanzo su pochi personaggi ci dà modo di conoscerli in maniera più approfondita e di poterci affezionare a loro, a differenza di quanto accadeva nel primo volume della trilogia, in cui poteva risultare più difficile sentirsi emotivamente coinvolti dai tanti nomi che svanivano troppo presto nel corso della narrazione.

Jean Diwo mette in scena la vita di uomini e donne, con le gioie e i dolori, gli amori e i tradimenti, le paure e il coraggio, le perdite e i nuovi arrivi, i ricordi e le novità, la forza di affrontare i cambiamenti e le avversità di un periodo storico tutt’altro che sereno. Anni in cui il Faubourg sembra prima spegnersi e poi riprendersi, con la forza di nuovi germogli che riescono ad affiorare nelle crepe di una strada.

Non mancano i riferimenti ai personaggi del primo volume della trilogia, che riemergono attraverso quadri e oggetti dell’antica dimora dei Cottion–Thirion, le famiglie da cui tutta la vicenda ha preso l’avvio, come quel bastone da compagnon con il quale Jean Cottion arrivò al Faubourg, e che tornerà presto a viaggiare in giovani mani lungo un nuovo percorso per riscoprire la nobile arte del legno.

Le donne continuano a svolgere un ruolo molto importante: risalta in modo particolare la figura di Antoinette (ma non è l’unica!), fulcro sia della sua famiglia e dei suoi amici sia degli stessi abitanti del sobborgo parigino che si rivolgono costantemente a lei per un consiglio o un aiuto. Antoinette, sua sorella Charlotte e altre donne non sono personaggi che restano sullo sfondo, ma hanno una parte alquanto attiva nelle vicende narrate e il coraggio di andare oltre lo sguardo giudicante della società, seguendo solo le regole del cuore e dei propri desideri, anche a rischio di eventuali scandali.

Come nel precedente romanzo, Jean Diwo alterna figure storiche realmente esistite a personaggi di pura invenzione, che sono perfettamente armonizzati con la trama: tanti i personaggi politici citati, come l’incorruttibile Maximilien de Robespierre e i capi del Direttorio Louis-Marie de La Révellière-Lépeaux e Paul Barras, ma anche Napoleone Bonaparte e Luigi XVIII. Ci sono poi riferimenti ad alcuni esponenti del mondo delle arti e della letteratura, come Madame de Staël, Louis-Sébastien Mercier, l’attore Charles de La Bussière, e i pittori Jacques-Louis David, Henri-François Riesener ed Eugène DeLacroix. Ruoli più importanti nella narrazione vengono affidati a personaggi storici come l’archeologo Alexandre Lenoir e i due architetti al servizio di Napoleone, Charles Percier e Pierre Fontaine; senza tralasciare naturalmente i lavoratori del legno come i fratelli Jacob e il loro padre George, ed esponenti delle nuove industrie tessili, come François Richard e Joseph Lenoir-Dufresne.

Il letto di acajou è un romanzo da leggere dandosi i giusti tempi per assaporare ogni dettaglio di una narrazione lenta ma mai noiosa, che fa sprofondare nella storia di Francia raccontata da un punto di vista diverso e insolito. Una storia in cui potremo immergerci di nuovo grazie al terzo e conclusivo capitolo, Il genio della Bastiglia.

Il libro in una citazione
«[…] in un’epoca violenta in cui la morte si aggira davanti a ogni porta, è salutare potersi immergere nella memoria dei secoli. Tutte queste persone, le cui tracce sono giunte fino a noi, avranno senz’altro avuto periodi difficili. Eppure il mondo continua a girare. Oggi il Faubourg sembra morto e abbandonato ma un giorno rinascerà. Nei cortili si sentiranno nuovamente lo scricchiolio della sega e il sibilo della pialla…»

9 dicembre 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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