di Enzo Palladini

Maledetti ’70. Storie dimenticate degli anni di piombo
Autori: Nicola Ventura, David Barra
Editore: Gog
Anno edizione: 2018
Genere: Storia
Pagine: 342
Consigliato a chi vuole rivivere il terribile clima italiano di un decennio oscuro, anche solo per cultura personale.
Per chi li ha vissuti, i Maledetti ’70, intesi come anni, sono un antro oscuro, un buco nero dove si sono nascoste le peggiori nefandezze: colpi di Stato progettati e a volte anche tentati, stragi senza una spiegazione e tuttora senza colpevoli, sparatorie messe in atto per le strade senza alcun rispetto per la gente comune. Per chi non li ha vissuti, sono una storia da scoprire, ricca di particolari a volte sorprendenti, quasi sempre sconvolgenti.
Il lavoro di Nicola Ventura e David Barra presenta un tratto molto originale: non è un susseguirsi di cronache e racconti come se ne trovano tantissimi in libreria, ma è un’analisi approfondita dei soggetti che hanno reso drammatico quel decennio. Ovvio che sullo sfondo ci siano i riassunti dei grandi drammi come le stragi di Piazza Fontana a Milano, di Piazza della Loggia a Brescia, del treno Italicus e della Stazione di Bologna, ma trovano spazio anche gli scontri di piazza e le vendette personali. Tutti hanno già sentito parlare dei capi del terrorismo nero e rosso − Mario Tuti, Pierluigi Concutelli, Toni Negri, Alberto Franceschini − ma in queste pagine ognuno di loro viene raccontato dalle origini, per cercare di capirne le motivazioni. Lo stesso avviene per molti altri personaggi minori del periodo.
L’altra particolarità di questo libro è che contiene una critica nella prefazione, a cura del giornalista investigativo britannico Philip Willan. Eccola: “Su quello che gli autori hanno deciso di escludere, ci sarebbe anche da discutere. L’anno 1978, infatti, è quello dei tre papi e del sequestro e omicidio di Aldo Moro, argomenti epocali che, però, hanno poco spazio in Maledetti ’70”.
Critiche autoctone a parte, il libro è un documento molto, molto interessante e anche molto scorrevole per la ricchezza di particolari e per lo stile di scrittura. C’è tanta ricerca alle spalle, anche perché gli autori − nati rispettivamente nel 1978 e nel 1982 − non hanno certo potuto attingere alla memoria personale se non per qualche reminiscenza infantile.
In ogni caso, non abbiamo a che fare con trecento e passa pagine di drammi, omicidi e rapine, perché una ricca parte del testo è dedicata alle storie curiose di quel decennio, ai fenomeni popolari, alle facce da anni Settanta ma anche alla vita di tutti i giorni, così diversa da quella del nuovo millennio e delle nuove generazioni.
Alla fine del libro, dopo tanti racconti di sparatorie e omicidi, compaiono anche personaggi che fanno sorridere come Agostino ’o Pazzo, il motociclista acrobata che fece impazzire la polizia napoletana nell’inutile tentativo di catturarlo, oppure Raffaele “Ralph” Minichiello, il marine irpino-americano che dirottò un aereo dagli Stati Uniti fino a Fiumicino per andare a trovare il padre malato.
Ci sono tante Italie che si fondono in un unicum, come quello che viene percepito da chi c’era e forse all’epoca non se ne rese perfettamente conto. Perché poi alla fine le Italie erano tante, ma l’Italia era una sola, in cui convivevano – come oggi – mille aspetti diversissimi tra loro. Come si legge nella quarta di copertina, un’Italia “forse impossibile da giudicare lucidamente, ma che merita di essere compresa”. E soprattutto di essere riletta. Avidamente. In quanto al caso Moro, c’è tanta altra letteratura da consultare.
Il libro in una citazione
«In molti in Italia fingono di non rendersene conto, ma si tratta di un dato evidente: il Paese è in guerra. Una guerra subdola, perché non dichiarata. Una guerra infame, poiché corrompe i più giovani.»
22 novembre 2022
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