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Home » CON “NOVA” FABIO BACÀ INVITA A FAR LUCE SUL SIGNIFICATO DELLA VITA

CON “NOVA” FABIO BACÀ INVITA A FAR LUCE SUL SIGNIFICATO DELLA VITA

La copertina del libro "Nova" di Fabio Bacà (Adelphi)

Nova
Autore: Fabio Bacà
Editore: Adelphi
Anno edizione: 2021
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 279

Consigliato a chi vuole riflettere sul tema dell’aggressività come impulso primigenio che guida le azioni umane.

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di Sabrina Colombo

Lucca, estate 2017. Davide è un neurochirurgo quarantenne che vive un’esistenza pianificata e regolare: un lavoro di prestigio, una moglie logopedista, Barbara, attraente e maniaca del salutismo, e un figlio adolescente, Tommaso, timido ma brillante, patito di astronomia. A coronare il quadro idilliaco si aggiunge una bella casa, nella periferia placida e borghese di una delle più affascinanti città d’Italia.

Ci sono tutti gli estremi perché si possa definire “perfetta” la quotidianità di Davide, se non fosse per alcuni trascurabili grattacapi che possono affliggere anche un uomo realizzato: il vicino di casa che fa troppo rumore con la sua attività commerciale, il primario di reparto che si diverte a mobbizzarlo con puerili dispetti. Ben poca cosa se paragonata alla lotta per la sopravvivenza che la media delle persone deve ingaggiare per non farsi soverchiare dai più svariati problemi. Ma un evento imprevedibile interviene a perturbare il perfetto ménage del protagonista: Davide assiste – impassibile – a uno spiacevole episodio che coinvolge la sua famiglia.

In un ristorante, dove Barbara e Tommaso stanno aspettando il suo arrivo per un pranzo di famiglia, Barbara viene pesantemente infastidita da un ubriaco che le rivolge attenzioni indesiderate. Davide non interviene: resosi conto del potenziale pericolo cui i suoi cari sono esposti, rimane paralizzato dalla paura; sceglie – consapevolmente o meno ­– di confondersi fra la piccola folla degli astanti e lascia che a risolvere la situazione – con una certa ruvidezza di maniere – sia uno sconosciuto avventore del locale, che viene in soccorso della donna.

Questo episodio segna il punto di svolta per il protagonista: da quel momento inizierà un percorso di ricerca della ragione profonda del proprio atteggiamento remissivo. Sarà un viaggio intimo in cui scoprirà aspetti della personalità sconosciuti: in questo gravoso lavorio di scavo verrà aiutato da un nuovo amico, Diego, un personaggio enigmatico dal passato oscuro e dal presente ambiguo. Diego è il vero fulcro del romanzo e ne determinerà il finale: un po’ santone e un po’ filosofo, assumerà il ruolo di guida spirituale di Davide – una sorta di Virgilio o alter ego in grado di condurre il pavido medico di provincia ad acquistare un livello di consapevolezza superiore.

In un climax crescente di episodi che lasceranno Davide incredulo di fronte alla profondità del proprio malessere, la vicenda individuale si trasfigurerà in un finale mirabolante e ricco di significati nascosti, che l’autore colloca e ambienta durante un concerto realmente tenutosi il 31 luglio 2017 nell’ambito del Festival musicale che si organizza a Lucca nei mesi di giugno e luglio dal 1998 a oggi.

Il dramma deflagrerà proprio nel corso dell’esibizione canora: il panico di Davide sarà amplificato dalla folla in tumulto – prima vociante, poi disorientata, infine aggressiva ­– e solo allora comprenderà appieno che talvolta – per quanto il pensiero sia sgradevole e poco commendevole – l’uso della forza bruta, della violenza cieca è accettabile, se si tratta di garantire l’incolumità di persone innocenti.

“Nova”, in astronomia, è un corpo stellare che subisce un improvviso aumento di luminosità in un tempo molto breve per poi tornare – dopo un certo periodo – allo stato iniziale di quiescenza: è anche il tragitto che Fabio Bacà immagina per il protagonista del romanzo.

“Nova” è un’allegoria: ognuno, ci dice l’autore, è prigioniero del castello di certezze conferitegli dall’educazione ricevuta. Queste ultime, tuttavia, perdono sostanza quando un accadimento non preventivabile sconvolge i programmi e lascia al malcapitato di turno due possibilità: rimanere paralizzato nelle proprie convinzioni pur dopo aver preso atto del loro essere fallaci oppure cogliere l’occasione e trasformare l’energia liberata – il dolore, il risentimento, la rabbia, la paura per il futuro, il senso di impotenza – in un corpo interiore idealmente nuovo e più consapevole.

Nova non è un racconto di morte bensì un invito all’approfondimento del significato ultimo della vita e degli istinti primordiali che la governano:

“La società moderna reprime gli istinti che non comprende o che non le fanno comodo. Inibisce l’aggressività individuale perché ritiene che confligga con l’idea di civiltà. Gesù è vissuto duemila anni fa: la sua morte violenta ha redento i nostri peccati. Abbiamo decantato la parabola del martirio di tutti i suoi contenuti edificanti, dimenticando che è stata la cruda violenza a restituirci il significato di questo sacrificio.
“Dio ha creato il mondo con la violenza.
“L’universo si è espanso nel nulla in virtù della pura violenza.
“Le nostre anime sono state salvate da un atto di violenza”.

Appare significativa la scelta di un teatro degli eventi che, solo in un primo momento, è l’ovattata periferia suburbana di Lucca, fuori dalle celebri mura romane, lontana dal clamore, dal turismo, dalla bellezza urlata e quasi imposta agli occhi per la sua preponderante sovrabbondanza. A mano a mano che la tensione narrativa cresce, si assiste allo spostamento della scena verso il centro cittadino – che è il cuore della comunità ma è anche metafora del progressivo avvicinamento alla soluzione del mistero nascosto dietro ad alcuni personaggi: una forza centripeta, tanto irresistibile quanto gravida di possibili esiti catastrofici, attira Davide verso Piazza Napoleone nel momento esatto in cui essa pullula della vitalità di un concerto, e sarà lì che tutto avrà fine per aprire le porte a un nuovo inizio.

Nova è, in conclusione, un romanzo catartico che lascia al lettore un senso di profondo spaesamento e di sollievo – come capita a chi sia sopravvissuto a un uragano emotivo – ma anche un invito ideale a coltivare con cura se stessi:
“Se riuscirai a distogliere l’attenzione per il tempo sufficiente a capire che c’è altro all’infuori del tuo volto, del tuo corpo, dei tuoi amici e dell’insignificante porzione di tempo che il caso ti ha concesso, un giorno potresti ritrovarti a fissare qualcosa di meglio”.

La scrittura è in terza persona con una prosa colta ma agile, che non affatica, che avvince e coinvolge grazie alla scelta di affidarsi al frequente uso del discorso diretto.

Fabio Bacà – come nel precedente Benevolenza cosmica (Adelphi, 2019) – ha uno sguardo attento e un interesse quasi “scientifico” sui risvolti più nascosti della personalità umana: è un indagatore della psiche, si fa interprete mai giudicante della realtà e sceglie con particolare maestria anche i luoghi e il contesto sociale ed economico in cui i suoi personaggi interagiscono, con un taglio antropologico capace di analizzare l’Occidente contemporaneo e le sue idiosincrasie.

Il libro in una citazione
«…la violenza è un potere ambiguo, che ha bisogno di essere controllato: se non la domini, dominerà te. E non puoi controllare ciò che neghi a priori. Non puoi gestire una parte di te che rifiuti persino di concepire… è inutile tentare di comprimere la tua indole fino a ridurla a un innocuo accessorio della way of life occidentale. Altrimenti la violenza riemergerà, e nel momento peggiore.»

19 luglio 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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