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Home » SULLO SCHWA L’ACCENTO DELLA DISCUSSIONE VA

SULLO SCHWA L’ACCENTO DELLA DISCUSSIONE VA

La copertina del libro "Cosí non schwa. Limiti ed eccessi del linguaggio inclusivo" di Andrea De Benedetti (Einaudi)
Quattro stelline e mezzo

Cosí non schwa. Limiti ed eccessi del linguaggio inclusivo
Autore: Andrea De Benedetti
Editore: Einaudi
Anno edizione: 2022
Genere: Linguistica    
Pagine: 94

Consigliato a chi vuole chiarirsi le idee sul reale senso del linguaggio inclusivo.

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di Enzo Palladini

Mentre la maggior parte della gente è ancora ferma ai dubbi sul “politicamente corretto”, un sottoinsieme di persone poco numeroso ma molto agguerrito duella sul tema del linguaggio inclusivo.

Ha ancora un senso parlare di genere maschile e femminile all’interno della grammatica? È proprio da questa domanda che parte il noto linguista Andrea De Benedetti nel suo saggio Cosí non schwa, che contiene il senso di tutto proprio nel titolo. Per chi non ne avesse ancora preso in considerazione l’esistenza, lo schwa è un simbolo dell’alfabeto fonetico internazionale – in pratica una specie di “e” minuscola rovesciata (/ə/) ­ – che, grazie al suo suono vocalico neutro, dovrebbe aiutare a superare la distinzione tra maschile e femminile. A tal proposito De Benedetti avanza perplessità non irrilevanti.

Il primo problema che l’autore pone è di ordine morale: l’uso dello schwa rischia di diventare il parametro in base al quale in futuro rischieremo di essere giudicati in base all’adesione o meno ai valori dell’inclusione. E questo già di per sé rappresenta una connotazione negativa. Non a caso, due anni di battaglie sul tema hanno dimostrato che è molto più semplice combattere sul piano dei significanti – ovvero le strategie di manifestazione – che su quello dei significati.

L’adozione dello schwa nella grammatica italiana comporterebbe una vera e propria rivoluzione, ma come dovrebbe avvenire per tutte le grandi innovazioni andrebbe calcolato prima il rapporto tra costi e benefici. L’autore paragona questa ipotetica riforma a quelle che sono avvenute in epoca recente nelle lingue spagnola e tedesca. Il fatto è che in Italia in ogni caso non esiste un ente che abbia l’autorità necessaria per codificare una riforma di questo tipo. Secondo De Benedetti, introdurre un nuovo genere neutro al fianco del maschile e del femminile non sarebbe un passo in avanti ma un balzo indietro di duemila anni, ai tempi in cui il latino era l’unica lingua codificata in uso in Europa.

Però la domanda più importante che l’autore si pone nel suo lavoro è questa: davvero per un individuo non binario l’identità di genere è più importante di tutte le altre identità che lo compongono? Non è l’ennesima e ridondante sottolineatura di una diversità? La risposta appare condivisibile: lo schwa, proposto per abbattere le differenze di genere, finisce invece per amplificarle. Inevitabile con l’uso del nuovo fonema mettere automaticamente al centro del discorso proprio la non binarietà del soggetto in questione.

Il saggio è molto agile, si legge in poche ore, anche perché De Benedetti ha uno stile estremamente coinvolgente che in parte gli deriva dalla sua professione principale. Oltre a essere un attento studioso della lingua italiana e della sua evoluzione, oltre a essere un apprezzato scrittore di saggi sull’argomento, è anche un insegnante di liceo e come tale ha il privilegio di vivere ogni giorno il rapporto con generazioni diverse.

Nell’ultimo capitolo colpisce molto una citazione dello scrittore Tiziano Scarpa: “Credere che le parole possano accomunare, rispettare, accogliere, contenere, includere, è un errore politico, perché è un’illusione”. Una frase che ci riporta a quanto Einaudi evidenzia sulla quarta di copertina: “Il linguaggio inclusivo è un’idea seducente. Tuttavia il cuore del problema sta quasi sempre altrove”. E poi: “Le buone pratiche, ove fondate sul ricatto morale, rischiano seriamente di convertirsi in cattive regole”. Vale per l’esasperazione del politically correct, vale per l’esasperazione del linguaggio inclusivo e per tutte le esasperazioni. Per una piena comprensione della dibattutissima questione vale la pena leggere questo libro, eccome se ne vale la pena.

Il libro in una citazione
«Le dissimmetrie semantiche, manifestandosi sul piano dei significati, sono assai più importanti e radicate di quelle grammaticali, che agiscono quasi esclusivamente su quello dei significanti.»

15 luglio 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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