di Marta Peroni
L’uccello blu di Erzerum
Autore: Ian Manook
Editore: Fazi Editore
Traduttore: Maurizio Ferrara
Anno edizione: 2022
Anno prima edizione: 2021 (Francia)
Genere: Romanzo storico
Pagine: 520
Consigliato a chi ha voglia di conoscere una pagina di Storia dimenticata, il genocidio armeno, con la consapevolezza di trovare anche descrizioni piuttosto crude.
1915, Armenia turca, nei dintorni di Erzerum. Due sorelline giocano tranquille, sotto l’occhio vigile della madre, quando, all’improvviso, tre tchété, predoni curdi al servizio del Comitato unione e progresso (partito del movimento dei Giovani turchi), scendono a galoppo lungo il pendio con le sciabole sguainate. La madre, armata solo di una semplice forca, grida alle figlie di scappare, di nascondersi nel granaio. Araxie, di dieci anni, riesce a fuggire, la piccola Haïganouch, di sei, viene colpita e perde la vista.
Così si apre il romanzo L’uccello blu di Erzerum di Ian Manook, pseudonimo di Patrick Manoukian, che tra queste pagine ha cercato di dar voce non solo alle storie vissute e narrate da sua nonna sin da quando era piccolo ma anche a tanti armeni, che hanno dovuto affrontare e sono sopravvissuti a una sorte orribile: il genocidio organizzato in maniera sistematica dal governo turco e la conseguente diaspora.
Araxie e Haïganouch, ormai orfane, vengono salvate da combattenti armeni e condotte presso uno zio a Erzerum, ma ben presto il vento furioso e impetuoso della Storia si riversa anche in quel luogo. Gli armeni, che in quelle zone hanno vissuto da secoli, vengono allontanati dalle loro case e condotti – tramite marce lunghe, estenuanti e massacranti – verso il deserto siriano di Deir ez-Zor e lasciati lì a morire senza acqua né cibo. Le due bambine perdono ben presto il resto della famiglia, ma riescono a sopravvivere grazie al buon cuore di un’anziana donna, Chakée, che, fingendosi la loro nonna, riesce a salvarle e le aiuta a sopravvivere, insegnando loro a nutrirsi di semi raccolti dallo sterco di cavallo essiccato, e le affida poi come schiave a una famiglia siriana con una figlia, Assina, che diviene ben presto per loro una terza sorella.
Parallelamente alla storia di Araxie e Haïganouch, l’autore ne descrive altre, come quella di due ragazzi, Agop e Haïgaz, giovani armeni cresciuti come turchi che vogliono vendicarsi per quanto sta accadendo al loro popolo. Tanti sono i personaggi, che s’incontrano e si scontrano, che prima si uniscono e poi si perdono, regalando a noi lettori un ritratto corale, e dando così voce ai superstiti di una tragedia immensa, di cui ancora oggi forse si conosce poco o che si tende a negare.
Partendo da Erzerum, la storia si snoda in altre parti del mondo: dalla Turchia alla Siria, dall’Europa – concentrandosi soprattutto in Francia e in Germania – agli Stati Uniti e all’Urss, in un periodo storico che va dal 1915 al 1939.
Per il tema trattato L’uccello blu di Erzerum non è un romanzo di facile lettura. Ian Manook non edulcora nulla, anzi. Vuole mostrare in maniera concreta l’orrore del genocidio, descrivendolo attraverso lo sguardo e le emozioni di sua nonna. Nonostante l’editore lo abbia costretto a tagliare alcune delle vicende più terribili, Manook ha inserito soprattutto nelle prime pagine descrizioni precise e cruente, con sventramenti, bambini uccisi, donne violentate con ferocia. In altre parole, immagini molto forti, che possono turbare il lettore più sensibile.
È tra queste pagine che la grande Storia s’insinua nelle vite dei personaggi, tra le loro microstorie ed emozioni. Tanti sono realmente esistiti: dagli uomini di potere turchi, che hanno organizzato e attuato il martirio di un popolo, provocando più di un milione e mezzo di morti (quasi un perfetto preludio di quel che accadrà negli anni successivi) ad altre personalità della cultura – come le poetesse Anna Achmatova e Marina Cvetaeva nell’Unione sovietica – o della politica, come un giovane Hitler ricoverato nell’ospedale psichiatrico Beelitz Heilstätten di Potsdam e di cui poi seguiamo l’ascesa attraverso le parole e i racconti dei personaggi.
Oltre a farci conoscere una pagina di Storia misconosciuta, L’uccello blu di Erzerum ci fa anche comprendere quanto la Storia stessa possa facilmente ripetersi, fintanto che ci sarà odio e discriminazione, guerre religiose, o quantomeno il tentativo di uno Stato di prevaricarne un altro.
Il genocidio armeno, come molti altri, non è avvenuto per caso, ma è stato perfettamente pianificato per eliminare un popolo ritenuto infedele o inferiore. Come sempre accade per simili atrocità, si è iniziato assassinando quella che era l’élite intellettuale ed economica armena, per la precisione intellettuali e notabili presenti a Istanbul, per poi estendere la scia di sangue e orrore al resto della popolazione.
Questo libro ci fa riscontrare, purtroppo, molte affinità con quanto perpetrato sulla base di ideologie come il nazismo e altri regimi totalitari: quelle lunghe marce degli armeni, assassinati, violentati, o lasciati morire di fame e di sete, non ricordano forse le marce della morte degli ebrei? La Storia si ripete, dicevamo: a una guerra sembra seguirne sempre un’altra fino a quando l’uomo sarà solo capace di odiare chi viene definito il diverso, l’inferiore, l’infedele.
Però la vita di Araxie e di Haïganouch non è solo violenza: tra queste pagine leggiamo anche di molta umanità, amore, amicizia, coraggio, legami famigliari; c’è l’oppressione ma anche la riscossa, e la narrazione è intrisa di lucida e commovente poesia. C’è anche un recupero di tradizioni mai assopite, esportate in una terra straniera che accoglie gli esuli, permettendo loro di provare a vivere nonostante tutte le perdite e i soprusi. Una storia che, accanto agli uomini violenti, ne vede agire anche di giusti, pronti a provare pietà e compassione, ad aiutare e sostenere gli oppressi a rischio della propria vita.
Un romanzo pieno di colpi di scena, di azione ed emozione; capace di annientarci con un pugno ben assestato allo stomaco, ma allo stesso tempo in grado di farci commuovere e donarci una speranza, alimentata dal frutto di nuovi amori e da un legame che neanche la distanza può spezzare.
Il libro in una citazione
«La guerra è fatta da una moltitudine di piccole guerre che s’incastrano l’una nell’altra, ogni vittima della precedente si trasforma nel carnefice della successiva, e così di seguito fino all’assurdo.»
7 luglio 2022
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