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Home » “IL PALLONE AI TEMPI DI ASPRILLA”, GENIO E SREGOLATEZZA DEL COLOMBIANO CHE CONQUISTÒ PARMA

“IL PALLONE AI TEMPI DI ASPRILLA”, GENIO E SREGOLATEZZA DEL COLOMBIANO CHE CONQUISTÒ PARMA

La copertina del libro "Il pallone ai tempi di Tino Asprilla" di Enzo Palladini (Edizioni InContropiede)

Il pallone ai tempi di Tino Asprilla
Autore: Enzo Palladini
Editore: InContropiede
Anno edizione: 2021
Genere: Sport, Biografie
Pagine: 150
Note: Prefazione di Gabriele Majo, responsabile Ufficio stampa e comunicazione dei settori giovanile e femminile del Parma Calcio 1913.

Consigliato a chi ha nostalgia di un calcio d’altri tempi e a chi vuole scoprirlo attraverso la storia di un personaggio unico nel suo genere.

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di Stefano Palladini

C’era chi lo chiamava Tiramolla e chi El Pulpo per la sua incredibile elasticità fisica, ma per tutti continua a essere Tino. Quel che è certo è che coloro che hanno avuto la fortuna di vederlo sul rettangolo di gioco ne ricordano sicuramente le capriole e i salti mortali con cui esultava dopo aver segnato un gol. Si tratta di Faustino Hernán Asprilla Hinestroza, il primo calciatore colombiano a essere stato acquistato da un club di Serie A, per l’esattezza dal Parma di Callisto Tanzi, Giambattista Pastorello e Nevio Scala.

Era infatti il 26 agosto 1992 quando Tino indossò per la prima volta la maglia del Parma in una partita di Coppa Italia vinta 1-0 al Tardini contro il Lecce e iniziò a ritagliarsi un posto speciale nel cuore dei tifosi gialloblù. Di questo calciatore, che sicuramente non ha fatto la storia del calcio ma che altrettanto sicuramente ha reso unica la storia della sua vita, scrive il giornalista sportivo Enzo Palladini in Il pallone ai tempi di Tino Asprilla, agevole biografia il cui titolo richiama quello de L’amore ai tempi del colera, una delle opere più note e apprezzate del Premio Nobel Gabriel García Márquez, che con Asprilla ha condiviso la nazionalità. La scelta non è ovviamente casuale, viste le tante citazioni letterarie (e anche musicali) che si intrecciano al racconto della carriera agonistica e della vita privata di Asprilla, perfetto interprete di un calcio d’altri tempi.

Asprilla entrò propriamente nella storia del calcio italiano il 21 marzo 1993, quando segnò su punizione l’1-0 della prima vittoria gialloblù a San Siro sul Milan degli invincibili, che arrivava da una serie di 58 partite senza sconfitte. Cinque anni dopo scrisse anche una pagina di storia della Champions League quando, con la maglia del Newcastle United – cui il Parma lo vendette per 17,5 miliardi di lire incassandone circa cinque volte di più rispetto a quelli sborsati quattro anni prima – siglò una tripletta contro il Barcellona di Louis Van Gaal al St. James’s Park. Tre gol realizzati dopo aver rischiato di restare fuori dall’undici titolare per una ragione non così nobile, che dichiarò candidamente ai media nel dopopartita e che Palladini riporta con dovizia di particolari. L’autore fa un resoconto altrettanto dettagliato delle diverse versioni sulle misteriose circostanze in cui, nel 1993, Asprilla – tornato per qualche giorno a Tuluà per far visita alla madre gravemente malata – rimediò un infortunio al polpaccio destro che non gli permise di disputare la finale di Coppa delle Coppe che il Parma vinse 3-1 contro i belgi dell’Anversa a Wembley.

D’altra parte, di retroscena e curiosi aneddoti questa biografia è davvero ricca. Per ricostruirla Palladini ha dipanato i fili della memoria intessuti a quei tempi in qualità di esperto di calciomercato e inviato del Corriere dello sport, ha fatto ricerche sulla stampa quotidiana e periodica, nazionale e internazionale, e ha raccolto diverse testimonianze, tra cui quella di Scala, l’allenatore italiano che ebbe più a che fare con Asprilla, e Pastorello, il direttore generale artefice della trattativa che lo strappò alla Fiorentina e lo fece approdare per la prima volta a Parma per 3 miliardi 750 milioni di lire dall’Atlético Nacional de Medellín di Pablo Escobar, universalmente noto anche per operare su mercati ben diversi da quelli del calcio.

Con una prosa brillante Palladini non solo condisce la narrazione delle prestazioni atletiche di Asprilla con quella delle sue (talvolta) insane passioni – per il machete, la musica salsa, le armi, le donne, la pesca, gli occhiali e persino i rubinetti – e delle sue marachelle – memorabile quella volta in cui tirò una pallonata contro Giorgio Pedraneschi, presidente operativo del Parma, così come quella in cui si mangiò letteralmente il foglio con la sanzione di 3 milioni di lire comminatagli da Scala per l’ennesimo ritardo – ma offre anche quel contesto socioeconomico colombiano che consente all’appassionato di calcio italiano di immergersi quanto basta nella realtà in cui Tino crebbe.

Degne di nota anche le appendici con le schede tecniche dei connazionali di Asprilla che hanno giocato in Italia negli ultimi trent’anni e di quelli che hanno scritto la storia del calcio colombiano.

Con efficace capacità di sintesi e la giusta chiave narrativa, Palladini ci mostra fotogrammi del calcio anni Novanta, un calcio totalmente diverso da quello di oggi, sia per come veniva giocato sia per come veniva raccontato. Cogliere l’opportunità di riviverlo o conoscerlo è d’obbligo per chiunque abbia provato il piacere di correre dietro a un pallone e magari anche il desiderio di esultare allo stesso modo di Asprilla dopo aver segnato.

Il libro in una citazione
«È giusto che chi non abbia mai visto giocare Asprilla perché è troppo giovane si faccia di lui una grande idea: un giocatore con caratteristiche uniche ed inimitabile, con dei momenti di elevata spettacolarità, degli highlights da cineteca. Però c’è anche un dark side of the moon, un lato oscuro fatto di follie, colpi di testa, reazioni senza senso. E su questo piano piano si comincia a delineare il personaggio.»

5 luglio 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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