di Enzo Palladini
Il figlio del figlio
Autore: Marco Balzano
Editore: Einaudi
Anno edizione: 2022
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 150
Consigliato a chi vuole tuffarsi in una commovente storia famigliare.
Certe volte bastano un paio di giorni passati insieme per scoprire mille segreti di persone che abbiamo avuto a fianco per tutta la vita. Il figlio del figlio si chiama Nicola Russo, è un giovane laureato in attesa di prima occupazione, possibilmente da insegnante. Nicola è nato e cresciuto a Milano, mentre suo padre Riccardo è nato a Barletta. A quindici anni Riccardo si è trasferito insieme alla famiglia nel Milanese ed è diventato padre quando era ancora molto giovane. I rapporti tra i due non sono particolarmente affettuosi, senza essere burrascosi. Poi c’è nonno Leonardo.
Il vero personaggio-chiave del romanzo è proprio il capostipite della famiglia, analfabeta senza alcun rimpianto, nostalgico della sua terra e di un Partito comunista che non c’è più. Dietro i suoi modi bruschi e la sua predisposizione a parlare molto più volentieri il dialetto barlettano che la lingua italiana, si cela una straordinaria umanità, una saggezza popolare che lo rende unico e insostituibile all’interno del nucleo famigliare. Un uomo secondo il quale ogni persona dovrebbe vivere e morire nel posto in cui nasce. Troppo pesante il distacco dalla terra natia per tentare un po’ di fortuna al Nord.
L’occasione per fondere in maniera stabile le personalità dei tre uomini è un viaggio in auto da Milano a Barletta. Un viaggio che per nonno Leonardo ha qualcosa di luttuoso: bisogna vendere la casa che ha acquistato quando ha sposato nonna Anna, dove Nicola e gli altri cugini hanno passato parecchie estati da ragazzi e che da qualche anno è stata completamente abbandonata al suo destino. Tra lunghi silenzi, mezze litigate e qualche considerazione di alta filosofia spicciola, i tre – con i rispettivi stati d’animo – riescono a portare a termine la missione, ma con tanti piccoli colpi di scena.
Marco Balzano sa raccontare molto bene qualcosa che ha sicuramente vissuto in prima persona, probabilmente arricchendolo con qualche particolare ascoltato qua e là nel corso della vita. Tratteggia in maniera ammirevole le personalità dei tre personaggi, arriva a dire che “con la mia nascita e con la morte dei miei nonni inizia una nuova storia, e della prima si perderanno in fretta le tracce perché saremo lontani da quei luoghi e da quella lingua, e ne potremo intendere ben poca cosa”.
Il dialetto barlettano, usato in maniera correttamente parsimoniosa, arricchisce il racconto che delle chicche di colore che lo rendono ancora più scorrevole e facile da divorare.
Nonno Leonardo tutto vorrebbe fare nella vita, tranne che vendere quella casa dove sono affondate le sue radici. Ma al di là del sentimento, quell’immobile è solo un peso ingestibile da una distanza di mille chilometri. Varie volte è sul punto di litigare con il figlio Riccardo, ma poi come per magia si blocca tutto.
“Davanti ai figli bisogna sempre rimanere composti. Sempre far finta che tutto va bene e che la situazione è sotto controllo. Negare e far finta di niente.”
Una storia di emigrazione come tantissime in Italia, ma molto ben raccontata, molto caratterizzata nei suoi protagonisti, e priva dei soliti luoghi comuni. Una prova di grande maturità – peraltro premiata con il Premio Corrado Alvaro Opera prima nel 2016, anno della seconda pubblicazione, quella con Sellerio, e ora disponibile anche nella collana dei tascabili di Einaudi – da parte di un autore che ha avuto modo di farsi apprezzare più volte in questi anni.
Il libro in una citazione
«Sentivo che certi ritagli di spazio sono destinati a far ingorgare il tempo, e che i tempi a volte si insaccano gli uni negli altri, impastoiandosi, imbastardendosi senza possibilità di sbrogliare gli strati che si sono schiacciati uno sull’altro.»
30 giugno 2022
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