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Home » “KILLER HIGH”, COME LE SOSTANZE PSICOATTIVE CONDIZIONANO LE GUERRE

“KILLER HIGH”, COME LE SOSTANZE PSICOATTIVE CONDIZIONANO LE GUERRE

La copertina del libro "Killer High. Storia della guerra in sei droghe" di Peter Andreas (Meltemi Editore)

Killer High. Storia della guerra in sei droghe
Autore: Peter Andreas
Editore: Meltemi
Traduttori: Andrea Maffi, Paolo Ortelli
Anno edizione: 2021
Anno prima edizione: 2020 (Usa)
Genere: Storia
Pagine: 368

Consigliato agli appassionati di storia, e a chi pensa che Breaking Bad è senza dubbio la miglior serie televisiva che sia mai stata prodotta.

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di Elisa Vuaran

Il binomio guerra-droga porta facilmente gli occhi della mente a posarsi su un deserto rosso e polveroso in Messico, dove schiere di uomini armati fino ai denti si contendono un carico prezioso o il dominio su una zona, ma il legame tra questi due concetti è molto più antico e saldo. Non si può parlare di storia della droga senza parlare di storia della guerra, ma è vero anche il contrario: guerra e droga sono vincolate indissolubilmente fin dagli albori dell’una e dell’altra. Si può quasi affermare che non sia mai esistita una guerra senza la droga, e viceversa.

Il legame che le unisce non è soltanto un doppio filo, è una stretta, ambivalente connessione di più cause ed effetti, per cui l’una permette e rafforza l’altra, vicendevolmente. Non c’è solo la più scontata “guerra per la droga”, intesa come scontri tra i cosiddetti cartelli che ne gestiscono i traffici. C’è anche la “guerra alla droga”, come quella dichiarata dal governo degli Stati Uniti d’America ai narcotrafficanti. C’è la “guerra sotto l’effetto di droga”, concetto antichissimo che risale alle razioni di vino per rinfrancare lo spirito dei soldati romani e arriva fino agli instancabili supersoldati sotto anfetamine che furono l’asso nella manica nella Blitzkrieg della Germania nazista. C’è ancora la “guerra grazie alla droga”: le tasse su alcolici e tabacco finanziano i conflitti armati da secoli. E, infine, resta “la droga dopo la guerra”, perché spesso sostanze introdotte durante i combattimenti a beneficio dei soldati diventano di uso comune quando questi fanno ritorno a casa – un esempio è la vastissima diffusione del tabacco da fumare nel comodo formato di sigaretta dopo la seconda guerra mondiale. In mezzo, ogni sfumatura possibile: i caffè (sì, la caffeina è pur sempre una sostanza psicoattiva) come luogo di ritrovo per i rivoluzionari francesi, le piantagioni di coca al centro delle lotte per il potere in Sudamerica, l’oppio come strumento per assoggettare nuovi popoli, fino a toccare i temi dell’attualità e delle nuove frontiere, strategie e tecnologie (spesso di ordine militare) nel contrasto e nella diffusione degli stupefacenti.

Killer High è un saggio asciutto, con pochi fronzoli retorici, numerosissime citazioni e una struttura schematica e ordinata che accompagna il lettore nei luoghi più disparati, lungo una linea temporale ben definita. Il titolo nasconde un gioco di parole che purtroppo non trova una traduzione italiana così immediata. Il termine High significa “fatto”, “drogato”, e la parola Killer – oltre all’accezione nota anche nella nostra lingua – può essere reso anche con “fantastico”, “spettacolare”, quindi lo possiamo leggere in due modi: “assassini drogati” ma anche… “strabilianti fattanze”.

Il razionale alla base del testo è quello di analizzare attraverso le lenti appena citate le sei principali “droghe di guerra” nel loro ordine di apparizione nel mondo. Si parte dall’alcol, dal vino bevuto dai Romani in lotta contro la birra dei barbari, dal rum e lime che salvò i pirati dallo scorbuto per arrivare alla vodka che rovinò la grande armata russa, dal proibizionismo allo champagne. Si passa poi al tabacco, che tiene svegli i soldati senza renderli ubriachi – salvo mietere più tardi le sue vittime sotto le sembianze di tumore. Terza protagonista è la caffeina: quella del the inglese, del caffè e poi dell’americanissima Coca-Cola, esportata in tutto il mondo insieme ai soldati. Appare poi l’oppio, al centro di un buio capitolo della storia cinese e inglese, e i suoi derivati. Si trattano di seguito le anfetamine, usate dai soldati tedeschi e dagli aviatori giapponesi, e infine si approda ai recenti campi di battaglia per e contro la cocaina, nelle Americhe come in Afghanistan.

Il testo è corredato di una corposissima bibliografia e da alcune immagini, che sebbene in bianco e nero vivificano ottimamente momenti storici molto lontani nel tempo e nello spazio. Per la ricchezza nelle citazioni e negli esempi, per la singolarità e l’importanza dei temi trattati e per la precisione nell’esporre i fatti, questo volume si può dire un buon acquisto per gli appassionati di storia, non solo militare.

Il libro in una citazione
«A volte le ordinazioni di champagne da parte dei tedeschi fornivano informazioni di natura militare, che la Resistenza francese era felice di passare ai britannici: poiché i tedeschi festeggiavano le vittorie con quel vino, le destinazioni specificate negli ordini costituivano un avvertimento anticipato dei loro attacchi.»

27 maggio 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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