di Sabrina Bergamini
I vestiti che non metti più
Autore: Luca Murano
Editore: Dialoghi
Anno di pubblicazione: 2021
Genere: Moderna e contemporanea, Racconti
Pagine: 130
Consigliato a chi ama i racconti brevi, le storie che scorrono velocemente e che, tra un sorriso e un colpo di scena, aiutano a riflettere.
I vestiti che non metti più è il curioso titolo di una raccolta racconti, alcuni molto brevi, legati da un filo conduttore: la quotidianità. Le ventuno storie che la compongono sono incorniciate da due componimenti, “Velleità” e “La sintesi”, di un verso ciascuno. Nel caso di “Velleità”, il rigo coincide con il titolo del libro, quasi a voler invitare esplicitamente il lettore a interrogarsi sul significato che esso porta con sé. Potremmo trovare la risposta pensando a un vecchio armadio, pieno di abiti dismessi di stile diverso, allineati nell’attesa di essere ripescati e indossati.
Difatti questa potrebbe essere la chiave di lettura dei brevi racconti che ci vengono proposti: spaccati di vite molto differenti tra loro, che hanno un variegato campionario di esseri umani – prevalentemente uomini in età adulta – come protagonisti.
Con questa consapevolezza ci addentriamo nella lettura. In “L’amore al tempo del cioccolato” leggiamo della passione di Marco per la corsa e improvvisamente dobbiamo fare i conti con la confessione di un anziano che chiede perdono al proprio figlio per essere stato un padre assente e alcolizzato. Appena il tempo di riprenderci dall’emozione con cui il primo testo ci ha travolti ed ecco che siamo catapultati in una normalissima tavola calda: nel secondo racconto, intitolato “La vasca con le zampe”, ci imbattiamo infatti in due ex fidanzati che si ritrovano con l’intento di parlare della fine del loro rapporto. Ciò che non possiamo sospettare è che per uno dei due ragazzi il dolore per il distacco è tanto devastante da indurlo a meditare un proposito oscuro e sorprendente.
Questo è un po’ lo schema di tutte le storie dei giorni nostri che Murano ci racconta: noi lettori ci immergiamo in situazioni comuni che però ci portano ben presto ad affrontare temi estremamente impegnativi, che scatenano una riflessione profonda, come l’abbandono, la malinconia, la solitudine, il dolore per la scomparsa di un figlio o per la morte del proprio coniuge.
I titoli dei racconti ci traggono in inganno perché sono molto ironici ed evidentemente studiati per attirare l’attenzione e catturare la nostra curiosità: citiamo come esempio “L’insostenibile insensatezza dell’Estathé (alla pesca)”. È possibile resistere alla tentazione di addentrarci in questa lettura? Assolutamente no. Tuttavia, appena varcata la soglia dell’incipit, ci sembra di essere capitati sotto una doccia fredda poiché l’autore ci mette subito davanti alla realtà, spesso durissima, della vita.
Luca Murano, già autore della raccolta Pasta fatta in casa. Sfoglie di racconti tirate a mano (Bookabook, 2018), ci stupisce con uno stile molto ironico, che abitualmente ritroviamo in associazione a contenuti molto più leggeri. La sua scrittura è coinvolgente e brillante, benché si avvalga di un periodare piuttosto complesso. Non è raro trovare nel testo espressioni tratte da trasmissioni televisive ed entrate nel linguaggio comune (per esempio “baffetti da sparviero”) oppure riferimenti a protagonisti dell’attualità politica. Questo espediente stilistico sortisce l’effetto di avvicinare ulteriormente il testo di Murano a noi lettori, quasi l’autore fosse un amico che ci confida i suoi pensieri.
Se volessimo proprio trovare una piccola criticità, questa potrebbe essere riscontrata nella caratterizzazione dei personaggi non molto approfondita. Eppure va rimarcato che la scelta di scrivere testi tanto brevi non può che incidere anche su come vengono sviluppate le personalità dei protagonisti.
Luca Murano è una voce nuova nel panorama della narrativa moderna, vale la pena non lasciarsi sfuggire l’occasione di conoscerlo.
Il libro in una citazione
«Era da tanto tempo che non prendeva la bici della moglie. Come immaginava, la trovò con entrambe le ruote sgonfie e con il sellino regolato troppo basso per la sua altezza. Tolse qualche ragnatela dal telaio, poi fece scorrere i polpastrelli sul sellino. Col palmo della mano, levò un po’ di polvere anche da lì. L’ultima volta che la bici era uscita dal box, neanche a dirlo, fu per fare un giro con la sua compagna.»
Tratto dal racconto “Il silenzio e altre forme di rumore”.
15 aprile 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA