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Home » FRANCESCA DIOTALLEVI CI PORTA NELLE STANZE BUIE DEL CUORE

FRANCESCA DIOTALLEVI CI PORTA NELLE STANZE BUIE DEL CUORE

Le stanze buie
Autrice: Francesca Diotallevi
Editore: Neri Pozza
Anno edizione: 2021
Genere: Romanzo storico
Pagine: 283

Consigliato a chi ama i classici stile Ottocento, con sfumature gotiche; le storie d’amore struggenti e si lascia travolgere dai segreti racchiusi nelle stanze buie del cuore.

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di Marta Peroni

Torino, 1904. In una sala gremita di gente sono messi all’asta diversi oggetti. Spettatori curiosi, più che assidui compratori, vi partecipano soprattutto perché attratti dalla tragedia: in vendita c’è, infatti, il mobilio di una casa ritenuta “stregata”.

Seduto in terza fila, un uomo anziano osserva gli astanti e la sua attenzione viene improvvisamente catturata dal lotto numero 27: un carillon in acero laccato avorio, con uno scomparto porta gioielli. All’interno una ballerina di porcellana volteggia sulle note del Flauto Magico di Mozart. Un oggetto che evoca nell’uomo ricordi di un passato che ha cercato di seppellire, ma che in realtà non ha mai dimenticato. Un suono che lo trasporta indietro nel tempo, fino al 1864, in un paesino delle Langhe.

Vittorio Fubini, questo il nome del protagonista della storia narrata nel romanzo Le stanze buie, è un giovane maggiordomo che, alla morte di suo zio, è costretto a lasciare Torino per raggiungere Neive, una piccola realtà di campagna piemontese. Vi arriva in una cupa giornata di fine marzo: il cielo grigio e gravido di pioggia sembra essere il perfetto riflesso del suo stato d’animo.

Vittorio non è felice di aver lasciato la città in cui è nato e cresciuto, ma è mosso da un profondo senso di rispetto e gratitudine per lo zio, che in verità non ha mai visto, ma che si è sempre preso cura di lui da lontano. Lo zio Alfredo, infatti, ha lasciato al nipote il suo posto di lavoro: primo maggiordomo di Villa Flores, un’isolata magione di campagna.

L’impatto con la casa e i suoi abitanti lascia stizzito Vittorio, abituato a un altro stile di vita, ad altre regole sociali in cui crede con fermezza. Villa Flores è trascurata, il mobilio è antiquato, c’è odore di muffa e umidità e troppa polvere. Ma anche i domestici che dovrà guidare appaiono grossolani nei modi e irrispettosi negli atteggiamenti. Vittorio si dimostra subito un uomo sicuro di sé e ligio al dovere: è meticoloso, leale, efficiente e pretende pulizia e assoluta precisione nonché il pieno rispetto dei suoi ordini.

Anche i Conti Flores, in verità, riescono a turbarlo: se da un lato Amedeo Flores è quasi sempre d’umore ombroso e burbero e trascorre gran parte del tempo lontano dalla casa, dall’altro la sua giovane moglie Lucilla ha, agli occhi del maggiordomo, comportamenti assolutamente indecorosi. Lucilla non accoglie gli ospiti, preferendo trascorrere il suo tempo con la figlia Nora, e si rifiuta di prendere una balia per la piccola; dà del tu alla servitù, ha spesso le vesti e i capelli scomposti e nel suo laboratorio, a pochi passi dalla Villa, mescola fiori e piante ricavandone avvolgenti e ammalianti profumi. Una figura che appare sin da subito eccentrica e anticonformista, ribelle e passionale, ma anche sola e infelice: sembra una colomba ferita, imprigionata in una gabbia dorata.

Inizialmente, Vittorio mantiene la sua freddezza e rigidità: rispetta il volere del padrone, gestisce ogni aspetto con perfetta meticolosità, ma piano piano la giovane donna e sua figlia, la dolce Nora, iniziano a smuovere qualcosa in lui, scaldando quell’apparente cuore di ghiaccio.

A turbare la razionalità dell’uomo c’è anche una serie di misteri: piccoli rumori, passi furtivi, strani lamenti, nenie inquietanti, campanelli che suonano all’improvviso nel cuore della notte, porte che si chiudono e stanze cui nessuno può avere accesso. Stanze che devono restare chiuse per volere del Conte Amedeo, e di cui non si può parlare. Tutti, in quella casa, sembrano nascondere qualcosa. E, come se non bastasse, c’è anche una strana presenza: una bianca dama che turba le notti della piccola Nora.

Che cosa sta accadendo nella Villa? Quali misteri nascondono quelle stanze buie? E chi rappresenta quella misteriosa visione?

Le stanze buie è il romanzo d’esordio di Francesca Diotallevi. Pubblicato in prima edizione nel 2013 da Mursia, ora possiamo leggerlo in una versione rivista e aggiornata per Neri Pozza. È un romanzo storico con sfumature gotiche, che ci fa immergere in una struggente storia d’amore e segreti difficili da confessare, che pesano sul cuore. Tra le sue pagine troviamo una vicenda cupa e misteriosa, narrata con uno stile che cattura sin dalle prime righe. La scrittura di Francesca Diotallevi è ammaliante e raffinata, molto evocativa, e il suo lavoro ricorda moltissimo la struttura dei classici dell’Ottocento.

Tutto è narrato dal punto di vista di Vittorio, vero protagonista delle vicende, attorno a cui ruotano gli altri personaggi e segreti di Villa Flores. Villa che diviene essa stessa un personaggio attivo: questa imponente e decadente casa di campagna, piena di corridoi bui e stanze chiuse, spaventa, nasconde e custodisce i ricordi e le esistenze, anche di un passato violento che grava ancora sul presente.

Quello che può apparire come un romanzo soprannaturale, però, cela anche un aspetto più reale. Sono solo dei fantasmi quelli che si nascondono nelle stanze buie, o c’è dietro altro? Chi o cosa sono veramente questi spettri?

Le stanze buie narra infatti di amori negati, di morte e ossessioni, di profondi sensi di colpa, di vendetta e gelosie nocive, di ricordi che affiorano da oggetti particolari (non solo il carillon ma anche un orologio, una chiave…) e profumi avvolgenti, che scatenano ancora profondi dolori difficili da affrontare. Una lettura pervasa non solo da una forte malinconia, ma anche da un amore che va al di là dei legami di sangue.

È una storia che inizia lentamente, dandoci il tempo di entrare e accomodarci in quella misteriosa dimora e di conoscere piano piano i vari personaggi, ma che poi ci travolge in un vortice di emozioni, di commozione, di rabbia, di violenza, di pura follia e pure di libertà, tenerezza, e amore. È una lettura che mette anche in luce quanto sia importante affrontare il proprio dolore, attraversarlo e accettarlo, per non restare chiusi in stanze buie, in un passato che non si può cambiare.

Francesca Diotallevi delinea una trama ben congegnata con alcuni risvolti inattesi, che possono sorprendere il lettore fino all’ultima pagina. Allo stesso tempo colpisce il racconto dell’evoluzione interiore di Vittorio, che da uomo freddo e austero, pieno di pregiudizi, inizia a provare emozioni più forti e riscopre la sua umanità, insieme a tutti quei segreti che cambieranno la sua vita.

Il libro in una citazione
«Gli spettri, compresi in quel momento, non esisterebbero se non fossimo noi, con i nostri desideri, col nostro amore, col nostro dolore, a trattenerli qua. Gli spettri vivono dentro di noi. Gli spettri, talvolta, siamo noi.»

1 marzo 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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