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Home » “IL FRANCESE”. COL SUO MAGNACCIA PERBENISTA CARLOTTO CI SOTTOPONE UN CASO DI COSCIENZA

“IL FRANCESE”. COL SUO MAGNACCIA PERBENISTA CARLOTTO CI SOTTOPONE UN CASO DI COSCIENZA

Il Francese
Autore: Massimo Carlotto
Editore: Mondadori
Anno edizione: 2022
Genere: Gialli & Noir
Pagine: 216

Consigliato a chi non ha paura di sporcarsi le mani con la realtà.

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di Sabrina Colombo

Toni Zanchetta, detto Il Francese, è uno sfruttatore che – dopo un periodo di apprendistato violento a Milano, alle dipendenze della malavita dell’Est – si mette in proprio e organizza un giro di prostituzione. Le sue ragazze hanno ciascuna un nome francese e interpretano un ruolo che corrisponde all’immaginario sessuale degli affezionati fruitori. La maison di Zanchetta è di livello superiore, sofisticata ed esotica, niente adescamento sulle strade o in sordidi postriboli. La sua clientela è benestante e le richieste, per quanto perverse e di complessa realizzazione, sono sempre esaudite e profumatamente compensate.

Toni si crede un uomo moderno e illuminato – un “macrò” ama definirsi – perché lascia alle protette la metà dell’incasso e le sprona a trovarsi un marito ricco e accondiscendente a fine carriera.

“Chiamarli magnaccia, papponi, lenoni, ruffiani era il minimo. Lui era diverso: era un macrò. O almeno, questa era l’immagine che si era faticosamente costruito, ma non era certo che i frequentatori della sua maison, anche i più assidui, avessero colto la differenza.”

Non lo sfiora minimamente il dubbio che dietro la scelta delle donne ci sia un passato doloroso, o quantomeno non se ne preoccupa. Non ricorre alla violenza fisica, il che ai suoi occhi lo scagiona da molte responsabilità e inevitabili sensi di colpa: sono lontani i tempi in cui si affidava alle maniere forti, non lesinando colpi di racchetta alla malcapitata di turno dimostratasi recalcitrante a seguire le regole.

Il tranquillo ménage della casa di appuntamenti viene sconvolto dalla scomparsa di Claire, una delle demoiselle, che si volatilizza poco dopo essere stata accompagnata in un hotel dove è attesa. È il punto di svolta, questa sparizione: la polizia da subito lo sospetta e gli indizi, per quanto non convergenti sulla sua persona, portano le indagini a scoperchiare i poco commendevoli servizi che Zanchetta propone.

Toni reagisce cercando di costruirsi un alibi convincente e, in questo tentativo, finisce con l’incartarsi, stretto fra la presenza ingombrante della commissaria Ardizzone, incaricata del caso, e quella altrettanto pervasiva della mala serba, che vuole sfilargli da sotto il naso il giro di affari.

La soluzione del giallo della sparizione di Claire non rappresenterà altro che il punto di partenza di una nuova fase della vita di Zanchetta, che avrà modo di riconsiderare se stesso e il proprio ruolo nell’ambiente malavitoso.

Con Il Francese Massimo Carlotto ci regala ancora una volta un personaggio scomodo, un uomo squallido, profondamente fragile e infelice, che non suscita alcuna simpatia e che contiene in sé tutte le contraddizioni della nostra società. Toni Zanchetta è la versione cattiva di Bonamente Fanzago de La signora del martedì, pornodivo in disarmo – depresso ed emotivamente instabile – ridotto a fare il gigolò per arrotondare, che si innamora come un adolescente della donna che compra i suoi servizi. Sono due personaggi complementari perfetti per raccontare il disagio che sta attraversando l’universo maschile nel mondo contemporaneo.

Da vero e indiscusso maestro del genere, l’autore si prende il rischio di far ruotare tutta la storia esclusivamente attorno alla figura del Francese, che non ha comprimari all’altezza della sua intensità: Zanchetta divide la scena solo con l’altra grande protagonista dei romanzi di Carlotto, la provincia italiana dei vizi privati e delle pubbliche virtù.

La prosa è iperrealista, con dialoghi efficaci e intensi che danno il ritmo alla narrazione, in terza persona, del mondo della prostituzione. L’autore si fa interprete della realtà e, senza facili giudizi, tenendosi lontano da considerazioni moralistiche ­– evitando volutamente un approccio sociologico, intellettuale e inquisitorio – squarcia il velo di perbenismo e pruderie che circonda questo ambiente: lo racconta, e lo fa molto bene, con una scrittura anche cruda, a tratti brutale, da cui tuttavia traspare la sua sensibilità di uomo e di libero pensatore.

“Le donne dovrebbero tenersi il novanta per cento del guadagno e chi gestisce il giro il resto. Una quota d’agenzia, come nello spettacolo.”

“Questa cazzata delle sex workers l’ho già sentita” sbottò il macrò dirigendosi verso la porta, … “Donne che vendono sesso e non il proprio corpo, libere di gestirsi.”

È più colpevole chi organizza il sordido mercimonio, sfruttando la disperazione delle donne, o chi chiude gli occhi e – pur nella posizione di intervenire e fare la differenza – lascia fiorire questo indegno traffico di vite? E il mondo dei/delle sex workers – che scelgono di vendere sesso al di fuori di un contesto di sfruttamento – è da considerarsi eticamente più accettabile?

Domande scomode, che – nella migliore tradizione della letteratura noir – gettano un seme nella coscienza di chi legge senza timore di sporcarsi le mani con la realtà.

Il libro in una citazione
«… le chiacchiere della gente [che] non risparmiavano niente e nessuno. Erano negozianti, impiegati, pensionati con la fedina pulita – quello era il mondo reale, esattamente lo stesso che lo aveva stipendiato in quei tanti anni, e che accettava il suo ruolo nella società. Tutto il resto era fuffa.»

21 febbraio 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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