di Marta Peroni
Elena e Penelope. Infedeltà e matrimonio
Autore: Giorgio Ieranò
Editore: Einaudi
Anno edizione: 2021
Genere: Storia e critica letteraria
Pagine: 160
Consigliato agli amanti della mitologia classica, che hanno un interesse particolare a conoscerne le figure femminili.
Elena, la seduttrice pericolosa e infida, dotata di una bellezza sovrumana e distruttiva. Penelope, la moglie onesta e fedele, devota e sottomessa al marito.
Sono proprio loro le due donne apparentemente diverse, eppure dalle storie fatalmente intrecciate di cui si narra in Elena e Penelope. Infedeltà e matrimonio, volume della nuova sezione di saggistica di Einaudi Stile Libero denominata VS (versus), che si propone di esplorare l’intero sapere contemporaneo partendo da due parole chiave in antitesi e indagare così temi universali ed eterni che ancora oggi hanno il potere di farci riflettere su noi stessi e sulla nostra società.
A raccontarci Elena e Penelope è Giorgio Ieranò, docente di Letteratura greca all’Università di Trento, che illustra l’origine dello stereotipo dei due precisi modelli femminili antitetici incarnati dalle due regine, riproposto innumerevoli volte da tempi immemori sino ai giorni nostri.
Elena e Penelope sono entrambe legate in modo indissolubile alla guerra troiana – la vicenda di morte che ha gettato nell’Ade molte valorose anime di guerrieri – ma hanno anche vissuto la saga dei nostoi, ovvero i dolorosi rientri in patria degli eroi sopravvissuti al conflitto.
È veramente giusto ingabbiarle in ruoli ben definiti, in modelli così netti? Il saggio di Ieranò, attraverso una serie di esempi, di rimandi a opere della mitologia greca e latina, ma anche della letteratura, dell’arte e del teatro dall’antichità ai giorni nostri, intende rispondere a questa domanda, rileggendo tutto in un gioco di chiaroscuri.
Elena e Penelope sono figure complesse, ricche di sfumature e contrasti, di luci e di ombre, e non possono essere ridotte a meri simboli d’infedeltà e castità. Anche perché le varie narrazioni mitologiche ci hanno mostrato differenti versioni delle loro vite, delle loro azioni, racconti che spesso si contraddicono e smentiscono a vicenda.
E se Elena fosse stata fedele? Se fosse stata solo vittima del potere di Eros, al quale è impossibile opporsi? E se Penelope, invece, si fosse concessa ai Proci anziché attendere con devozione il ritorno di Odisseo?
Nell’Encomio di Elena del sofista Gorgia, ma anche nella tragedia Elena di Euripide, la sua figura viene assolta e riscattata. Elena, infatti, non ha mai seguito Paride abbandonando così Menelao. A Troia è giunto solo un fantasma o un pupazzo d’aria, mentre lei o non lascia mai la sua Sparta o è nascosta in Egitto in attesa di ricongiungersi all’amato marito.
Anche Penelope riserva non poche sorprese. Il mitografo Apollodoro, per esempio, descrive un Odisseo che torna a casa e, trovata la moglie a letto con uno dei Proci, la sgozza. C’è anche una versione più oscura in cui Penelope, allontanata dal marito per la sua infedeltà, si rifugia a Mantinea, in Arcadia, e qui dà alla luce il dio Pan, il demone mezzo uomo e mezza capra che imperversa nelle selve e nei luoghi remoti, spargendo il terrore ovunque si manifesti.
Tuttavia già nell’Iliade e nell’Odissea, Omero delinea figure femminili ricche sì di chiaroscuri e sentimenti contrastanti, ma allo stesso tempo in preda ai dubbi. Elena stessa, quando prende parola, appare tormentata, sofferente, piena di nostalgia per lo sposo abbandonato e la sua patria; diviene lei stessa un’altra vittima di quell’assurda guerra.
E Penelope? Sebbene sia stata definita saggia, ricca di virtù e un vero e proprio modello di decoro femminile, è anche una donna dotata di furbizia e astuzia al pari del marito, una tessitrice d’inganni, che crea e disfa la sua tela, non completando mai il suo lavoro per non dover sposare uno dei Proci. La sua scaltrezza e la sua bellezza finiscono per renderla ugualmente sospetta.
Lo stereotipo dei due precisi modelli femminili antitetici che viene analizzato nel testo nasce da una cultura greca arcaica in cui era luogo comune definire la “razza delle donne” una sventura mandata dagli dèi all’umanità. Non è stata, in fondo, la sciagurata Pandora ad aprire il vaso che diffuse disgrazie, malattie e sofferenze nel mondo?
Nell’antica Grecia le donne erano relegate nell’ambito domestico, padrone dell’oikos, della casa, e sottomesse al marito, oltre a essere escluse dalla vita pubblica. Loro compito era rimanere sagge e fedeli, dedicarsi a vegliare sul focolare domestico, per poter essere amate e rispettate. Ecco perché, non appena qualcuna si discostava da questa struttura rigida e controllata, veniva etichettata come una “cagna”, persona priva di virtù.
Partendo da questo mondo antico, Giorgio Ieranò ci conduce poi in una sorta di viaggio nella Storia, mostrandoci in che modo, nel corso dei secoli, le figure di Elena e Penelope siano state viste dagli occhi e dalla penna di letterati, poeti, artisti, attori e registi.
Se nel mondo cristiano si eredita l’immagine idealizzata di Penelope, nella Divina Commedia Dante colloca Elena all’Inferno, nel cerchio dei Lussuriosi, e la considera simbolo della passione erotica. Le due regine di Sparta e Itaca vengono riprese anche da Petrarca e Boccaccio, e successivamente Elena compare nella Storia del dottor Faust, ben noto mago e negromante pubblicata dal tedesco Johann Spies nel 1587. Per non parlare di Shakespeare, che nella sua opera Troilo e Cressida, focalizzandosi proprio sui due concetti di fedeltà e infedeltà, etichetta Elena come una prostituta (a strumpet, a whore).
Risulta ulteriormente interessante il collegamento della figura di Elena con la Gioconda: quest’ultima vista come una bellezza arcana ed enigmatica, associata alla regina del mito come simbolo del lato pericoloso e demoniaco della bellezza femminile.
Con il Decadentismo, poi, Elena viene sempre più vista come una femme fatale, una donna demone, una dark lady, crudele e malvagia, che evoca perversi sogni erotici.
Secondo un’interpretazione più psicologica Elena viene connessa anche al personaggio di Anna Karenina di Lev Tolstòj: entrambe vivono con estrema angoscia la lacerazione tra l’amore coniugale legittimo e la passione adulterina.
E per quanto riguarda Penelope? Già dal Novecento il mito è stato riscritto. Dalla Molly Bloom dell’Ulisse di James Joyce fino ad arrivare alle riscritture contemporanee in chiave spesso femminista o al femminile, come Il canto di Penelope: il mito del ritorno di Odisseo di Margaret Atwood. Se da un lato Ieranò sottolinea l’importanza di mettere in primo piano la sua figura e darle voce – non facendola più vivere di luce riflessa rispetto al marito – dall’altro invita a non cadere nel medesimo pericolo dello stereotipo, mostrando una Elena fatua che sa parlare solo di bikini, creme abbronzanti, aerobica e liposuzione. È infatti opportuno dare adeguata rilevanza a tutte le sfaccettature che caratterizzano la personalità di ogni essere umano.
Elena e Penelope. Infedeltà e matrimonio è un saggio che non risulta mai pesante, anzi. Si rivela alla portata di tutti. Chiaro, scorrevole e accattivante, riesce non solo a trasmettere la perfetta conoscenza della materia da parte dell’autore, ma anche a indurre a riflettere sulla condizione della donna nel tempo. È un libro che può scatenare in noi lettori la voglia di leggere (o rileggere) molti dei testi citati e magari di scardinare una visione troppo a lungo cristallizzata e misogina dei due “modelli femminili”.
Il libro in una citazione
«Al pari di ogni personaggio del mito e della poesia, le due regine sono figure complesse, ricche di chiaroscuri e di contrasti. Né nei poemi omerici, Iliade e Odissea, né nella letteratura successiva, Elena e Penelope possono essere ridotte a marionette di un teatro morale, a semplici simboli di infedeltà e castità. Anche perché non esiste una versione unica delle loro avventure: le narrazioni mitologiche vivono di varianti, i racconti spesso si contraddicono e si smentiscono a vicenda.»
4 gennaio 2022
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