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Home » CORAGGIO, AMBIZIONI E TRADIMENTI DI “ELIZABETH APPLETON”, UNA MOGLIE DEL NOVECENTO

CORAGGIO, AMBIZIONI E TRADIMENTI DI “ELIZABETH APPLETON”, UNA MOGLIE DEL NOVECENTO

La copertina del libro "Elizabeth Appleton" di John O'Hara (Nutrimenti)
Quattro stelline e mezzo

Elizabeth Appleton
Autore: John O’Hara
Traduttore: Nicola Manuppelli
Editore: Nutrimenti
Anno edizione: 2021
Anno prima edizione: 1963 (Usa)
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 352

Consigliato a chi non teme di porre sotto la lente di ingrandimento il matrimonio come istituzione e come incontro di anime, analizzando in chiave introspettiva le ragioni del malessere profondo che attanagliano i legami sociali e famigliari.

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di Sabrina Colombo

È il 1950 e a Spring Valley, Contea di Stratford, Pennsylvania, il professor John Appleton – docente di storia di idee liberali e riformiste, paladino del New Deal – è in lizza per la carica di rettore del locale college.

Lo sostiene nella candidatura la moglie Elizabeth Webster, facoltosa figlia di un industriale, cresciuta nell’ovattato ambiente della upper class di New York. Alle spalle ha un’infanzia fatta di chiaroscuri, un padre assente e una madre dispotica e scostante che non ha superato il trauma della morte accidentale del figlio maschio, di cui inconsciamente si sente incolpata. Per amore – ma anche per la noia che le suscita la buona società newyorkese – Elizabeth sposa John, un accademico con alle spalle diverse generazioni di studiosi, belloccio, avvenente, intraprendente ma nemmeno lontanamente in grado di assicurare alla propria sposa uno stile di vita analogo a quello del clan Webster.

Trasferitasi in provincia, Elizabeth si adatta allo scorrere tranquillo dell’esistenza in una cittadina universitaria, con le cene a casa di amici, i ritrovi per le cerimonie accademiche, le raccolte di beneficenza ma anche i pettegolezzi, i sotterfugi di chi tradisce il partner, l’omosessualità nascosta anche se tollerata all’interno degli studentati (e non solo), le lotte intestine fra chi ambisce al medesimo incarico e molto altro ancora.

Elizabeth, dopo un primo periodo di innamoramento romantico e di intesa sensuale con il marito, allaccia una relazione adulterina con Porter Ditson, a sua volta rampollo della più ricca famiglia della città: neppure la maternità o il timore della riprovazione sociale la distolgono dalla fascinazione che prova per l’amante, che lascerà solo alla fine della guerra dopo il congedo di John dalla marina.

Elizabeth Appleton, romanzo scritto in terza persona, percorre a ritroso – con un lungo flashback che attraversa il ventennio 1930-1950 – la storia dei coniugi Appleton, mettendo il focus sul punto di vista della signora Appleton, sulla scelta di lasciare il nido sicuro delle origini altolocate per costruire una famiglia che, tuttavia, diventa ben presto una prigione: non basta l’affetto per i figli né la passione che unisce gli sposi novelli a sedare la nostalgia per il passato e il desiderio di acquisire nuove esperienze.

Preso atto dell’impossibilità, nella società americana degli anni Quaranta, di affermare se stessa altrimenti, Elizabeth trova una ragione di vita nella professione del marito: è lei la parte ambiziosa della coppia e ogni sua iniziativa, ogni suo gesto sarà attentamente studiato al fine di condurre John all’agognato traguardo.

Sarà proprio la buona società nella quale Elizabeth ritiene di sapersi destreggiare a fare quadrato attorno a un altro candidato, esterno al campus – estromettendo il marito e mandando in fumo le sue velleità – e inaspettatamente ad aprire la strada a una fase di ritrovata intesa e reale condivisione tra i due sposi.

I dialoghi frequenti, vivaci, brillanti, spiritosi, sono il punto forte del romanzo insieme alla scrittura briosa, pulita, iperrealista. L’autore ci conduce per mano nell’America benestante dei tumultuosi anni a cavallo fra le due guerre mondiali. Attraverso le osservazioni mai banali dei suoi personaggi su politica, costume e società, John O’Hara racconta lo spirito del tempo. Lo fa con schiettezza, senza ipocrisie, con un’apertura mentale notevole su temi spinosi quali la sessualità delle coppie, l’amore omosessuale, il tradimento e con un sottofondo di amarezza che, tuttavia, non lascia l’impressione di un pessimismo di fondo insuperabile.

John O’Hara è stato uno dei più importanti esponenti della letteratura americana del Novecento, ammirato da Ernest Hemingway e paragonato – per la sagacia e la capacità di sondare le incontrollate pulsioni dell’animo umano e di raccontare un’epoca e una classe sociale – a Francis Scott Fitzgerald e a Richard Yates.

Il libro in una citazione
«Aveva provato a valutare con onestà la propria intelligenza, o meglio, il proprio intelletto, e allo stesso modo anche il proprio aspetto, che non chiamava mai bellezza, e nella sua mente non vi erano dubbi che, se mai esisteva in lei quella combinazione di bellezza e cervello, la bellezza fosse predominante sul cervello. Il suo intelletto era fatto di astuzia, di curiosità, e il resto erano nozioni che le venivano dagli studi, dal contesto socioeconomico e dal fatto di essere donna. La maggior parte del suo esercizio mentale era legato alla sua vita di moglie e madre.»

30 novembre 2021
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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