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Home » “IL BIMBO E LE BELVE”, QUANDO I MEDICI TRASFORMANO IL DOLORE IN SPERANZA

“IL BIMBO E LE BELVE”, QUANDO I MEDICI TRASFORMANO IL DOLORE IN SPERANZA

La copertina del libro "Il bimbo e le belve" di Viliam Amighetti e Roberto De Castro (Baldini+Castoldi)

Il bimbo e le belve. Storia di un uomo e del bambino del miracolo
Autori: Viliam Amighetti, Roberto De Castro
Editore: Baldini+Castoldi
Anno edizione: 2021
Genere: Autobiografia
Pagine: 320

Consigliato a chi ama le storie vere e forti, che toccano il cuore.

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di Sabrina Bergamini

Il bimbo e le belve è un libro sorprendente, che narra una storia vera. È la testimonianza di una vita, quella del leccese Roberto De Castro, dedicata alla medicina e caratterizzata da un percorso professionale lungo e ricco di soddisfazioni, legato da un sottile filo rosso alla tragica vicenda del piccolo Thien Nhan, neonato vietnamita scampato miracolosamente alla morte.

Figlio di viticoltori benestanti, negli anni Sessanta De Castro decide di trasferirsi a Roma per proseguire gli studi e poi a Bologna per coronare il sogno di divenire un chirurgo. In breve tempo si fa notare per le sue grandi doti di medico, unite a sensibilità e umanità. Negli anni Settanta ottiene di poter svolgere la professione in Inghilterra. Diviene allievo e poi collega di moltissimi luminari dai quali apprende le più moderne tecniche chirurgiche che lui stesso migliorerà e trasmetterà a giovani colleghi, persino negli Stati Uniti.

De Castro si specializza prima in urologia, in particolare quella pediatrica e, in seguito, nella cura e ricostruzione degli organi genitali di bambine e bambini. La sua professione lo mette spesso e volentieri a confronto con una tematica molto delicata e attuale, quella dell’identità di genere. Sembrerà incredibile, ma sono ancora molti i genitori che tendono a considerare femminucce i maschietti nati senza organi genitali e che chiedono di farli operare per renderli definitivamente di sesso femminile senza considerare i conseguenti problemi psicologici che causano ai figli. Usanza oggi diffusa nei Paesi in via di sviluppo, in passato questa pratica era usuale anche in Occidente.

Però nel Bimbo e le belve non si parla solo d’identità di genere, anzi. Questa non è la tematica principale del racconto autobiografico che De Castro fa in prima persona con la partecipazione del fisioterapista Viliam Amighetti, già autore di diversi libri tra cui Il grido della farfalla e In cammino con l’io piccolo.

Un giorno Roberto viene invitato da un collega ad andare in Bangladesh per operare i bambini in un ospedale costruito dai missionari e conosce così un nuovo modo di esercitare la professione. Questa esperienza lo coinvolge a tal punto da fargli ripetere per molti anni a venire i viaggi in quella terra. Roberto lavora anche in Arabia Saudita ma, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, è costretto a ritornare a Bologna.

Dopo qualche tempo, molto lontano dal capoluogo emiliano e precisamente in Vietnam, una ragazzina –  poco più di una bimba – partorisce. Il suo bambino è frutto dell’amore per un uomo che l’ha ingannata. La madre di lei è l’unica ad assistere al parto e, consapevole che una ragazza madre non ha futuro in quella terra, decide di liberarsi del neonato. Tra le urla disperate della figlia, la donna abbandona il piccolo nella foresta.

Tre giorni dopo alcuni monaci buddisti vengono attirati da un debole vagito: il piccolo è miracolosamente sopravvissuto, ma le belve presenti nella foresta – forse cani selvatici – lo hanno devastato. Il neonato è privo di una gamba e dell’apparato genitale. Sta per morire. Avviene però il miracolo e Thien Nhan – ovvero Persona Speciale, questo il nome dato al piccolo – si salva grazie alle cure dei medici locali. La storia di Thien Nhan fa il giro del mondo e, a causa di una serie di circostanze favorevoli, giunge a De Castro, che decide di occuparsi di lui e contribuisce così a migliorare le sue condizioni di vita.

È così che Roberto conosce il Vietnam, Paese di cui s’innamora e dove diviene il principale artefice di molte missioni umanitarie. Vi si reca ogni anno e col tempo coinvolge tanti colleghi e amici per operare centinaia di bambini mutilati e vittime di violenza. Nasce così l’associazione Thien Nhan & Friends, volta a sovvenzionare le spedizioni umanitarie.

In Vietnam va anche Viliam Amighetti, amico di Roberto. Un giorno Viliam rimane molto colpito alla vista di una bambina priva di una gamba, che giace addormentata su una stuoia in attesa di essere visitata. La grande esperienza nel settore degli arti artificiali gli permette di progettare per lei, e in seguito per tanti altri bambini, protesi a basso costo, accessibili anche alle famiglie meno abbienti. È l’inizio di un’altra storia di grande solidarietà: anche Amighetti fonda infatti un’associazione benefica. Oggi la Give me a Hand fornisce regolarmente protesi ai bambini vietnamiti mutilati.

Il bimbo e le belve è stato scritto proprio per divulgare la straordinaria avventura che ha portato Roberto e Viliam a dedicare la propria vita ai bambini più deboli, sofferenti e poveri.

La scrittura di Amighetti e De Castro risulta scorrevole e offre descrizioni molto accurate sia dei viaggi sia delle tecniche chirurgiche adottate.

La tematica della sofferenza e della povertà nel Vietnam è affrontata con crudo realismo, tuttavia noi lettori siamo confortati da un senso di speranza.

I proventi delle vendite del volume Il bimbo e le belve saranno interamente devoluti alle due associazioni, proprio per permettere che le missioni possano proseguire la loro meravigliosa opera di carità e generosità. Allo stesso scopo il cantautore Al Bano Carrisi, amico e conterraneo di De Castro che ha scritto l’introduzione al libro, sta organizzando un concerto di beneficenza.

Il libro in una citazione
«Esiste un luogo che non è più terra d’infanzia ma nemmeno appartiene all’età dell’illusione. […] Un luogo dove la magia è ancora possibile, dove le principesse si riescono a salvare, anche se a farlo non sono principi azzurri, ma uomini e donne a volte vestiti di verde, con cuffie in testa, con maschere sul viso che non fanno ridere, con guanti che li rendono goffi. È un luogo dove i bambini si addormentano aspettandosi un futuro migliore. Alle porte di questo nostro castello si affacciano i visi di parenti che aspettano una parola di conforto. Non ci sono draghi da stanare fuori da profonde e buie caverne, non ci sono incantesimi malvagi da sconfiggere. Ci sono invece bambini nati con patologie spesso definite incurabili. Altri destinati a una vita di stenti, a umiliazioni e isolamento. […] In questo spazio intermedio viviamo noi.»

16 settembre 2021
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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