di Marta Peroni

La lampada del diavolo
Autore: Patrick McGrath
Editore: La nave di Teseo
Traduttore: Carlo Prosperi
Anno edizione: 2021
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 260
Consigliato a chi è affascinato dagli abissi della mente e della fragilità umana.
Londra, 1975. L’anziano poeta Francis McNulty è ormai consapevole di essere giunto all’ultimo inverno della sua vita. Trascorre gli ultimi giorni nella sua casa a Cleaver Square – il titolo originale di questa storia, infatti, è Last Days in Cleaver Square – una sbiadita bicocca georgiana dalle parti di Kennington Road, occupandosi del suo giardino, considerato la sua arcadia privata. Con lui vivono la domestica Dolores López – che salvò ancora bambina a Madrid durante la guerra civile spagnola – Gilly, l’unica figlia, e Henry Threshold, un vecchio gatto scorbutico che di tanto in tanto scompare.
Sin dalle prime pagine ci ritroviamo a leggere le parole di un uomo fragile, schiacciato da un senso di colpa che non è mai riuscito a confessare a nessuno.
Ombre di un passato che risale ai tempi della guerra civile spagnola negli anni Trenta. Francis, infatti, si arruolò come volontario delle Brigate internazionali, guidando un’ambulanza a Madrid e non solo.
Questo rimorso che lo corrode dentro si riflette e manifesta in apparizioni misteriose: tra le strade di Londra, nel suo giardino, e successivamente anche nella sua stanza, viene a fargli visita un’oscura presenza che ha le fattezze di Francisco Franco, il Generalissimo. Ma siamo nel 1975 e Franco, pur giacendo in preda a dolori e malattie nel suo letto a Madrid, non è ancora morto. Come è possibile una tale visione? Che cosa può rappresentare quel ghul del deserto – così come lo definisce lo stesso Francis – che tormenta le sue notti e mina la sua lucidità mentale?
Francis prova a spiegare quel che vede prima a sua figlia e poi a sua sorella Finty, giunta nella vecchia casa per dare il suo aiuto, ma legge nei loro occhi solo preoccupazione. Le due donne, infatti, credono che l’uomo stia sprofondando sempre più nella pazzia. Solo Dolores sembra vedere. Francis, allora, decide di raccontare la sua storia a un giovane giornalista, Hugh Supple, che vorrebbe scrivere un lungo pezzo sulle esperienze spagnole dell’uomo. Rispondere a certe domande, però, spinge a ricordare anche i momenti più bui di quei drammatici giorni, e dare così ancor più potere a quelle ossessioni che fanno vacillare la sua mente.
L’anziano si rivolge anche a noi lettori. Narrando tutto in prima persona, in una sorta di flusso di coscienza riversato su fogli di diari, e in un tono anche ironico e sarcastico, tenta di attirare la nostra attenzione, cercando sostegno e comprensione. Quello di cui ha più paura è di perdere la sua libertà di movimento, ma soprattutto di essere ritenuto fragile, un anziano ormai incapace di gestire la sua esistenza.
“Quello che temo di più è che mi considerino fragile. Fragile! È una parola che odio. Chiamatemi pazzo, piuttosto; ma fragile, no.”
Un modo per fare i conti con i fantasmi del suo passato si presenta quando Gilly lo invita a unirsi a lei e al suo neomarito nel loro viaggio di nozze a Madrid. Tornare in quei luoghi potrebbe forse creare l’occasione per liberarsi di quel peso che lo logora dentro, alla ricerca di una possibile redenzione.
Con La lampada del diavolo, Patrick McGrath – figlio di uno psichiatra del manicomio criminale di Broadmoor (Inghilterra), luogo in cui ha trascorso gran parte della sua infanzia – torna ad affrontare il tema della follia, ma anche della fragilità dell’uomo alla fine della sua esistenza.
Come in Follia – il romanzo più famoso dell’autore – siamo di fronte a un narratore inaffidabile. Francis ci racconta i suoi pensieri, quello che accade, la sua storia e le sue visioni. Tuttavia noi lettori finiamo per porci costantemente una domanda: quelle “apparizioni” sono vere o sono il frutto di un demone interiore, di un senso di colpa per qualcosa che ha commesso in passato e per cui ancora prova vergogna?
La narrazione scorre rapida, grazie all’uso di frasi brevi e capitoli molto corti. Ci sono però molte ripetizioni di pensieri e anche incongruenze, contraddizioni, dimenticanze, che possono insinuare in noi molti dubbi su quanto l’anziano poeta ci rivela. Sta dicendo la verità? È veramente lucido o sta sprofondando nel baratro della follia?
Ancora una volta, quindi, Patrick McGrath costruisce un romanzo in cui i personaggi camminano sull’esile filo tra lucidità e perdita di identità, ma in questo caso affronta anche il tema della vecchiaia, della demenza senile, delle tante piccole e grandi fragilità di un uomo all’ultimo atto della sua vita.
Tra queste pagine troviamo anche la poesia e l’arte. Francis, infatti, è un poeta che ha una profonda ammirazione soprattutto per gli esponenti del Romanticismo come Byron e Shelley, le cui parole scorrono a intervallare i suoi pensieri. L’arte è presente soprattutto con Goya e le sue Pitture Nere, opere inquietanti che sembrano rivolgersi direttamente al protagonista, rivelandogli verità sulla vita e la morte e il rimorso e il tradimento – ma non sulla redenzione. In particolare, c’è un quadro che unisce il protagonista alla figura raffigurata: La lámpara del diablo, da qui il titolo e la copertina dell’edizione italiana. In quest’opera un uomo, vittima di un potente maleficio, per continuare a vivere è costretto a mantenere sempre accesa la fiammella della lampada sostenuta dal diavolo. Francis sa che deve continuare a mantenere accesa la sua lucidità, la luce dei suoi ricordi, per non crollare nell’oscurità, nella follia.
L’idea del romanzo è sicuramente molto interessante, soprattutto per gli appassionati dei meccanismi che regolano la psiche umana, ma allo stesso tempo potrebbe non convincere del tutto.
Il mistero che ruota attorno al senso di vergogna provato dal protagonista si risolve troppo presto, facendo scemare un po’ il grado di coinvolgimento e la tensione psichica che questo genere di romanzo dovrebbe riuscire a mantenere nei lettori fino all’ultima pagina. E ciò si perde anche nelle lunghe digressioni che ruotano su elementi secondari e sulle tante ripetizioni che, se da un lato sono tese a far comprendere la sua mente, dall’altro possono rischiare di annoiare un po’. Resta comunque un romanzo valido per l’aspetto storico e per la visione della fragilità mentale di un anziano che non riesce ad accettare di vedere svanire il lume della sua candela interiore.
Il libro in una citazione
«Ma ho ancora Whitman. E Yeats. E Poe e Swinburne. E Melville. E Goya. Goya, sì, il più grande tra tutti i pittori spagnoli, a mio parere, e mi piace visitarlo alla National Gallery, e soffermarmi in particolare sulla sua Lámpara del diablo, altrimenti nota come L’esorcizzato. Raffigura un poveruomo, vittima di un maleficio, che nelle profondità della notte cerca di tenere accesa la sua lanterna, poiché nel caso si spegnesse la sua anima verrebbe ceduta al diavolo.
Sento di condividere il medesimo destino di quell’uomo, forse lo condividiamo tutti. Lasci spegnere la fiammella e addio alla tua anima.»
10 settembre 2021
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