di Elisa Vuaran
I sette killer dello Shinkansen
Autore: Isaka Kōtarō
Editore: Einaudi
Traduttore: Bruno Forzan
Anno edizione: 2021
Anno prima edizione: 2010 (Giappone)
Genere: Gialli & Noir
Pagine: 552
Consigliato ai fan di Quentin Tarantino.
Su uno Shinkansen, il treno giapponese ad altissima velocità noto anche come “treno proiettile”, diretto da Tokyo a Morioka, sembrano essersi dati involontariamente appuntamento diversi mercenari, ciascuno in apparenza impegnato in un compito diverso: non ci sarà sotto un disegno comune di cui loro sono solo in parte a conoscenza?
Le vicende ruotano attorno alla figura del boss mafioso Minegishi e di un trasporto eccezionale da lui commissionato: Mikan, killer freddo e riflessivo, e il suo socio Lemon, un bruto ossessionato dal cartone animato Il trenino Thomas, devono scortare a casa suo figlio sano e salvo insieme a una valigia piena di soldi, ma la missione prende presto una brutta piega. Coccinella, il criminale più sfortunato del mondo, è stato incaricato da un misterioso committente di rubare la valigia ai due loschi individui, ma ovviamente la dea bendata non lo assiste, e si scontra presto con Il Lupo, che a sua volta sta dando la caccia al Calabrone… Kimura, invece, alcolizzato in preda ai sensi di colpa per non aver saputo proteggere il figlioletto dalla violenza di una banda di ragazzini, sale sul treno per affrontare Oji, uno studente delle medie che si rivela essere uno psicopatico manipolatore. Chi sopravvivrà alla pericolosissima corsa?
I sette killer dello Shinkansen si presenta come un thriller tagliente e spietato, ma lo è solo in parte: già dopo pochissime pagine il lettore si rende conto di trovarsi in realtà immerso in un fumettone sulla yakuza, la mafia giapponese. I protagonisti sono dichiaratamente figure caricaturali, tratteggiate in modo grottesco e talvolta comico, a partire dai loro nomi o nomignoli. Questi derivano dal regno animale o vegetale – Mikan, come Lemon, il limone in inglese, è il nome di un agrume giapponese – e tendono a sottolineare il ruolo del personaggio o una sua caratteristica: il nome Oji significa Principe e chi lo porta è a capo di una banda di bulli; Coccinella è ben lontano dalla fortuna che l’insetto dovrebbe portare; Il Calabrone uccide le sue prede con una puntura, e non c’è nemmeno bisogno di spiegare come agisca Lo Spingitore… Altri personaggi sono individuati semplicemente attraverso elementi distintivi del loro comportamento: un tale che si infuria quando viene disturbato nel sonno, un altro che esordisce sempre dicendo di avere una notizia buona e una cattiva…
Con questi espedienti, l’autore vuole ironizzare su certi luoghi comuni – alcuni dei quali poco sentiti in Occidente ma molto diffusi in Giappone, come per esempio quello secondo cui il carattere di una persona sarebbe dettato dal gruppo sanguigno: una specie di equivalente del nostro oroscopo – e al contempo offrire osservazioni sociologiche più serie, soprattutto attraverso la figura di Kimura, con il suo problema di alcolismo, e di Oji, che si interroga esplicitamente sulla morale, sulla giustizia e sui meccanismi psicologici che regolano il comportamento umano.
Isaka Kōtarō esalta la pluralità dei punti di vista affidando la narrazione di ciascun capitolo a un diverso protagonista, in un’alternanza di voci che accentua la suspense e ritarda la ricostruzione completa delle vicende, e offre al lettore la possibilità di identificarsi (o meno) nelle ragioni e nelle disavventure di uno o più personaggi.
Per queste peculiarità, per l’ambientazione ben definita nel tempo e nello spazio e per il ritmo incalzante scandito da numerosi momenti di azione (descritti in modo anche piuttosto truculento), il romanzo ben si presta a una trasposizione cinematografica: l’8 aprile 2022 farà infatti il suo debutto in sala Bullet Train, film diretto da David Leitch, che riprende il titolo della traduzione inglese e annovera nel cast Brad Pitt (nei panni di Coccinella), Lady Gaga e Sandra Bullock.
Il libro in una citazione
«– Sei un alcolizzato, vero? – gli chiese bruscamente. Kimura si voltò a guardarlo. – Ho indovinato? Ne ho sempre avuti tanti intorno, e in qualche modo me ne accorgo. Anche mio padre e mia madre erano alcolizzati. È un casino avere entrambi i genitori affetti dalla stessa dipendenza! Non c’è nessuno che pensi a fermarti, e così il processo accelera senza freni. Nel Trenino Thomas c’è l’episodio dove Duck viene tamponato da un convoglio merci, non riesce più a fermarsi e finisce dentro il negozio di un barbiere, no? È una cosa del genere. Succede anche nella vita: chiedi aiuto, urli che non riesci a fermarti e finisci per precipitare in fondo. Io non ho avuto altra scelta che crescere senza famiglia, nascondermi nel mio angolino, guardare Il trenino Thomas e impegnarmi al massimo per vivere la mia vita.»
11 agosto 2021
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