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Home » “TOKYO-STAZIONE UENO”, VIAGGIO NELL’ANIMA DI CHI HA DATO TUTTO PER RIMANERE SENZA NULLA

“TOKYO-STAZIONE UENO”, VIAGGIO NELL’ANIMA DI CHI HA DATO TUTTO PER RIMANERE SENZA NULLA

La copertina del libro "Tokyo-Stazione Ueno" di Yu Miri (21lettere)

Tokyo-Stazione Ueno
Autrice: Yu Miri
Editore: 21lettere
Traduttrice: Daniela Guarino
Anno edizione: 2021
Anno prima edizione: 2014 (Giappone)
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 176

Consigliato a chi ama guardare attorno a sé: per trovare poesia e per conoscere meglio ciò che si ha dentro.

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di Elisa Vuaran

Il parco che si trova appena fuori dalla stazione dei treni di Ueno, a Tokyo, ospita tra i suoi incantevoli ciliegi uno stagno, uno zoo, musei di arte occidentale e di storia giapponese, la statua del celebre samurai Saigo Takamori e parecchie tende blu, che scompaiono in fretta e furia quando l’Imperatore passa in visita: si tratta dei ripari di tanti senzatetto che popolano la città.

Tra di loro si conta anche il narratore del racconto, un uomo ormai già giunto al termine di una vita forse mai vissuta davvero, alla quale cerca di trovare un senso ripercorrendone gli eventi significativi, partendo dalle antiche radici della famiglia fino a spiegare le ragioni che lo hanno portato a fare del Parco la propria casa. Frammenti di memoria, storie di antenati e ricordi di conversazioni si mescolano, come foglie che cadono dagli alberi, a scene altrettanto effimere di vita quotidiana nel parco, attraversato continuamente da famiglie e amici che passano senza lasciare traccia se non nella mente di chi lì ci abita e silenziosamente coglie i loro dialoghi.

Su questo placido sfondo incombe il tragico momento di cesura nella vita del protagonista: la morte del figlio Koichi, nato lo stesso giorno del figlio dell’Imperatore e prematuramente scomparso poco dopo la laurea.

Tokyo-Stazione Ueno è un breve, incisivo viaggio nell’anima di un uomo che, avendo dato tutto, al termine della sua vita sente di essere rimasto senza nulla, non tanto in termini economici quanto umani: l’essersi annullato nel lavoro per sostentare la sua famiglia paradossalmente gli ha impedito di stare accanto ai suoi cari e di creare con loro dei ricordi. Quel che gli resta sono le proprie orgogliose radici, la consapevolezza di essere stato incondizionatamente amato, e qualche fugace momento di spensieratezza in una vita di sfortune e duro lavoro, ormai privata del suo senso.

In questo romanzo – insignito del National Book Award – Yu Miri, nata e cresciuta in Giappone da genitori sudcoreani, offre un ritratto completo della cultura giapponese, in cui flash della moderna vita di tutti i giorni si uniscono a cartoline dal passato attraverso il filo delle tradizioni, ancora vive e sentite. Non mancano i momenti di approfondimento storico, con spunti tratti da monumenti, storie di famiglia e rituali, descritti nei loro dettagli più intimi. I particolari documentabili sono stati valorizzati dall’editore con puntuali note a piè di pagina, ed è solo uno dei diversi aspetti da cui traspare la cura dedicata alla piacevolezza dell’edizione, assieme alla coloratissima copertina illustrata da Jacopo Starace; anche la nitidezza dei caratteri di stampa e l’impaginazione ariosa fanno risaltare il lirismo nella scrittura dell’autrice, che merita di essere apprezzata con calma e senza distrazioni.

Oltre a portare all’attenzione dei lettori le delicate e personalissime ragioni che possono spingere qualcuno a vivere ai margini della società, questo breve romanzo è una riflessione poetica e fortemente giapponese sul modo di vivere e sul modo di morire, e soprattutto sul peso che noi attribuiamo alla vita, facendo fronte alla sorte e costruendovi attorno un significato.

Il libro in una citazione
«La sera, quando mi stendevo nel letto, avevo i brividi ai fianchi, mi si impastava la bocca e la mia lingua era aspra. Tutta la fitta rete di nervi del mio corpo si tendeva e sapevo che non sarei riuscito a dormire. Mi accorgevo di avere entrambe le mani intorpidite, cercavo di chiudere gli occhi e di controllare il respiro, ma chiudere gli occhi mi faceva paura. Non era la paura di qualche fantasma. Né della morte, non avevo paura di morire. Avevo paura di vivere una vita che non sapevo quando sarebbe finita.
»

6 agosto 2021
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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COMMENTI
  1. Claudia

    Agosto 31, 2021 alle 12:04 pm

    Di Yū Miri ho letto “Il paese dei suicidi” e mi è piaciuto molto il modo che ha di raccontare i problemi e le difficoltà della vita. Sono curiosa di leggere anche “Tokyo. Stazione Ueno” per la parte dedicata a Fukushima. L’autrice si è ispirata a racconti reali che lei stessa ha raccolto poco dopo il disastro da dei senzatetto della zona. Bella recensione 🙂

    Rispondi
    • Let's Book

      Settembre 3, 2021 alle 8:28 pm

      Grazie per il tuo feedback, Claudia. Speriamo ci farai sapere la tua opinione una volta che lo leggerai. Buona lettura sin da ora. 🙂

      Rispondi

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