di Enzo Palladini

1983: Operazione Budapest
Autori: Gilberto Martinelli, Roberto Tempesta
Editore: Sandro Teti
Genere: Gialli & Noir
Anno edizione: 2021
Pagine: 240
Consigliato a chi ama l’intreccio tra storie vere e un po’ di romanzo, applicato alla criminalità.
Nel 1983 una banda di criminali stanziata a Reggio Emilia organizza e realizza una clamorosa rapina. Giordano Incerti, Ivano Scianti, Carmine Palmese, Graziano Iori e Giacomo Morini, che poi è l’autista del gruppo, hanno base operativa in un grande appartamento di Budapest. I cinque, con la collaborazione di due delinquenti locali, Zoltan e Karoly, riescono a rubare sette capolavori del Rinascimento italiano che portano la firma di artisti del calibro di Giorgione, Giambattista Tiepolo, Tintoretto e Raffaello per un valore complessivo di 30 milioni di dollari dallo Szépművészeti Múzeum, il museo delle Belle arti, arricchito nel corso degli anni dalla nobile famiglia Esterházy.
In 1983: Operazione Budapest Gilberto Martinelli, esperto di relazioni internazionali che nel 2019 ha anche curato la regia del docufilm Operazione Budapest. Il furto del secolo, e Roberto Tempesta, investigatore del Nucleo tutela patrimonio culturale, ci narrano un furto apparentemente messo a segno su commissione: i dipinti devono passare per la Grecia per poi essere spediti a New York. La reazione della polizia ungherese, con la collaborazione dell’Interpol, è però furiosa e, a stretto giro di posta, la banda viene sgominata, i quadri immediatamente recuperati, i colpevoli incarcerati. Il tutto passando attraverso varie tappe, in cui appaiono donne, agenti segreti, situazioni al limite della logica.
Di quel colpo fallito nel 1983 si torna a parlare circa dieci anni dopo per un caso quasi analogo alla Pinacoteca di Modena. Dell’indagine si occupa proprio il commissario Roberto Tempesta, scrupoloso e anche discretamente illuminato, che però non riesce a trovare delle soluzioni nemmeno con la collaborazione di profondi conoscitori di questo genere di criminalità. Lo stesso Tempesta verrà coinvolto di nuovo nel 2018, quando un gruppo di studenti nel corso di una ricerca si imbatte in collegamenti che portano a New York. Ma dal furto di Budapest in poi, la narrazione diventa nebulosa e si perde un po’, anche volutamente. Gli autori circoscrivono la fantasia in un perimetro che racchiude goliardiche imprese, prestando sempre la dovuta attenzione all’arte come un bene da proteggere prima che da mostrare.
Una storia godibile soprattutto nella prima parte, quando il lettore scopre le vicende umane e le miserie dei cinque soggetti che portano a termine l’operazione Budapest, quasi tutti delinquentelli comuni, con precedenti penali, ludopatie fortemente sviluppate, debiti da pagare, passioni selvagge per donne a loro volta coinvolte in loschi giri di malaffare, in prima persona o per rapporti famigliari. Un po’ meno scorrevole la parte successiva, quella in cui si dice e non si dice, si fa pensare che possano essere coinvolti i servizi segreti, ma poi in realtà non lo si afferma chiaramente.
Che poi alla fine il segreto è quasi sempre lo stesso: trasformare i criminali in persone per le quali provare almeno un po’ di empatia, ambientare le loro avventure in luoghi che esercitino il loro fascino sul lettore, frullare tutto con una buona scrittura, amalgamare e servire. In questo caso c’è anche un corredo di foto d’epoca davvero affascinanti, che arricchiscono una narrazione già di per sé interessante.
In generale, comunque, un lavoro di attenta ricerca storica, di grande valore documentale, di sicuro impatto emotivo.
Il libro in una citazione
«Le persone da scegliere sono quelle che, appena sedute a tavola, non agguantano il pane.»
7 giugno 2021
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