di Elisa Vuaran
Prima persona singolare
Autore: Murakami Haruki
Editore: Einaudi
Traduttrice: Antonietta Pastore
Genere: Moderna e contemporanea, Racconti
Anno edizione: 2021
Anno prima edizione: 2020 (Giappone)
Pagine: 152
Consigliato a chi ama i racconti – in particolare quelli introspettivi; chi apprezza la narrazione autobiografica e anche quella onirica; e ovviamente ai fan di Murakami.
Otto racconti accomunati dalla narrazione in prima persona singolare. Murakami torna a parlare di sé e della propria vita attraverso brevi episodi autoconclusivi ma legati dai temi ricorrenti delle sue passioni, che gli estimatori dell’autore conoscono ormai bene: gli anni dell’università, la figura femminile, la musica jazz e quella classica, il baseball, i drink, la letteratura (in particolare la poesia) e soprattutto le stranezze della vita, gli eventi inspiegabili a metà tra sogno e realtà.
In quasi ognuno dei racconti l’autore presenta alcune donne che, in epoche diverse e a vario titolo, hanno fatto parte della sua vita: misteriose compagne di scuola (o forse solo apparizioni?), la prima vera fidanzata degli anni del liceo (e il fratello affetto da un’insolita forma di amnesia), una collega protagonista di una storia di una sola notte ma anche sensibile poetessa, una disarmonica eppure affascinante intenditrice di musica classica e infine, sullo sfondo, anche la moglie, sua preziosa sostenitrice e compagna di vita.
Oltre che da donne, le vicende sono popolate da altri personaggi enigmatici: saggi anziani che compaiono in strane circostanze soltanto per offrire un consiglio e scompaiono in modo altrettanto oscuro, incredibili scimmie parlanti, e soprattutto Murakami stesso, il vero, indecifrabile regista di ogni storia.
Ma quanti di questi personaggi sono reali, quanto di tutti gli avvenimenti narrati sono davvero accaduti? Il confine tra realtà e fantasia resta sempre labile, e si ha l’impressione che lo scrittore si diverta a prendere in giro il lettore, proprio come dichiara esplicitamente nel terzo racconto, Charlie Parker Plays Bossa Nova, che si apre con la precisissima recensione di un album musicale completamente inventato.
Murakami torna a scrivere, come nella sua prima produzione (dagli esordi fino a Kafka sulla spiaggia), in prima persona singolare. La forma del racconto, lo stile asciutto, i temi e le atmosfere tra il concreto e l’onirico sono quelli che caratterizzano tutte le sue opere; l’elemento illusorio è onnipresente ma non tale da togliere completamente tangibilità agli eventi, narrati attraverso l’alternanza tra minuziose descrizioni di dettagli fisici e riflessioni più astratte. Il risultato è un amalgama sottilmente disturbante, una visione della realtà in cui però (come non è raro accada leggendo questo autore) si percepisce una crepa, un punto che sfugge alla logica.
Meno realistica di Norwegian Wood o de L’incolore Tazaki Tsukuru, ma più credibile de La fine del mondo e il paese delle meraviglie o de L’assassinio del commendatore, questa raccolta può essere apprezzata sia da chi preferisce i racconti più irreali e introspettivi sia da chi ama le descrizioni più materiali e gli scorci di vita quotidiana afferrati tra le strade delle metropoli giapponesi.
Il libro in una citazione
«Non si poteva dire che in quel locale non mi sentissi a mio agio: non c’era musica fastidiosa, la luce era adeguata, insomma era un ambiente dove si poteva leggere in pace. Probabilmente il mio nervosismo era dovuto a quel vago senso di inquietudine che provavo già da un po’. La consapevolezza di una leggera sfasatura. La sensazione di non essere nel contenitore giusto, oppure di non esservi ben sistemato, come se a un dato momento qualcosa fosse andato storto. A volte succede.»
4 maggio 2021
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