di Marta Peroni
Non dimenticare i fiori
Autore: Kawamura Genki
Editore: Einaudi
Traduttrice: Anna Specchio
Genere: Moderna e contemporanea
Anno edizione: 2021
Anno prima edizione: 2019 (Giappone)
Pagine: 328
Consigliato agli amanti della cultura giapponese e a chi è alla ricerca di una storia forte e profonda come il mare, ma narrata con la delicatezza di un fiore.
Izumi è un uomo di trentanove anni, lavora in una casa discografica ed è sposato con Kaori, una sua collega, dalla quale aspetta un bambino. L’uomo non potrebbe essere più felice, ma allo stesso tempo è preoccupato. Sarà davvero in grado di essere un padre, lui che una figura paterna non l’ha mai conosciuta?
Izumi, infatti, è cresciuto solo con sua madre Yuriko. Non ha mai saputo nulla di suo padre, così come di suo nonno. Yuriko, da sola, si è occupata di lui, ponendosi spesso in secondo piano e consacrandogli la sua intera esistenza. Eppure il loro rapporto è strano, si ha come la sensazione di vederli allo stesso tempo uniti e distanti.
C’è una macchia nel loro legame: un anno che hanno entrambi rimosso dalla loro esistenza, un anno in cui la madre se n’è andata all’improvviso, senza una spiegazione, abbandonando il figlio a se stesso. Ma perché è andata via? Cosa le è successo? E cosa sta accadendo ora ai ricordi della donna?
Assieme alla lieta notizia di un figlio in arrivo, Izumi apprende che sua madre non sta bene. Dimentica sempre più cose, sembra smarrirsi, regredisce un giorno dopo l’altro a una sorta di stato infantile: come un bimbo prova paura davanti a tanti visi sconosciuti così Yuriko inizia a sentire una certa inquietudine. Chi è quella gente intorno a sé? Chi è quell’uomo al suo fianco?
Un male avvolge quel corpo minuto, quella madre, pianista, insegnante di musica, lasciata sola ad accudire il suo bambino, con il quale ha sempre vissuto in simbiosi, in una sorta di equilibrio che trovava espressione nella formula “c’è Yuriko e c’è Izumi”.
Una donna sempre pronta a preparare i cibi preferiti al suo Izumi – riso hayashi e tamagoyaki dolce – e che da lui un giorno del suo compleanno ha ricevuto con gioia un singolo fiore da inserire in un vaso. Da quel preciso momento ogni volta che il fiore avvizzisce, un altro prende il suo posto, dando seguito a una sorta di rituale, un appuntamento imprescindibile che ora diventa anche un modo per aggrapparsi ai ricordi che via via scompaiono.
Sono fiori che appassiscono con lo scorrere della vita, così come quegli amati fuochi d’artificio a metà, che la donna, sempre più scossa dalla demenza, evoca con insistenza, non compresa. Fuochi d’artificio che sbocciano e subito svaniscono, che si dimenticano troppo in fretta, lasciando nel cuore però l’emozione del momento condiviso con la persona amata.
Non dimenticare i fiori è un romanzo che tratta temi forti e profondi: non solo il rapporto tra madre e figlio, la difficoltà dell’essere un genitore senza aver avuto una figura di riferimento dalla quale poter prendere ispirazione, ma anche l’Alzheimer, malattia che piano piano annebbia la mente dell’individuo facendogli scordare pure il volto di un figlio. Un figlio che si ritrova in difficoltà a vedere la persona che lo ha messo al mondo sempre più smarrita, sempre più lontana, sempre più propensa a respingerlo perché non lo riconosce più. E che ha l’atroce consapevolezza di non essere stato così vicino a una madre, di non averla forse sempre compresa.
Tutto in questo libro è trattato proprio con la delicatezza di un fiore, con l’armonia malinconica e struggente della musica, di quel Träumerei di Robert Schumann che la donna continua a suonare e a insegnare ai suoi allievi. Leggendo senti la sinfonia delle onde del mare, osservi la bellezza dei petali di ciliegio, percepisci l’odore di piatti prelibati che evocano ricordi felici o dolorosi, come la zuppa di miso, simbolo di una pagina di vita strappata via,che negli anni continua a provocare nausea.
Un filo sottile lega due esistenze differenti ma strettamente connesse: quella di una madre, che ha dedicato quasi l’intera vita a suo figlio, e quella di un figlio, che ora si ritrova a fare altrettanto, occupandosi di lei, anche se inizialmente con difficoltà. Izumi ha scordato molti eventi del suo passato, non riesce a vederli con chiarezza, quasi come se la sua mente avesse voluto bloccarli per protezione; e ora è Yuriko che li sta smarrendo. E, come in un cerchio assolutamente perfetto, ciò che una perde l’altro riceve. Un flusso di ricordi che tornano a galla o svaniscono in un mare di nebbia. Ma forse perdere qualcosa significa crescere, no?
Lo stile dell’autore è semplice e scorrevole, a tratti poetico. A una prima lettura i salti temporali possono lasciare spaesati, ma una volta che si entra in sintonia con la narrazione, il testo scorre come un fiume, regalando al cuore emozioni e riflessioni importanti sui tanti temi toccati.
Dopo Se i gatti scomparissero dal mondo, Kawamura Genki torna con una storia intima e struggente, malinconica e densa d’amore, che ha come sottofondo il suono di un piano interrotto di tanto in tanto dalle sferzate della vita, capace di donare molto e allo stesso tempo di infliggere duri colpi. Eppure, forse è proprio nei momenti più difficili, che si possono trarre insegnamenti importanti: s’impara a crescere, ad amare, a capire e comprendere l’altro e anche noi stessi, ad aprire gli occhi su certe scelte e i conseguenti sensi di colpa, ad abbattere muri e stare vicino a chi ami, prima che sia davvero troppo tardi.
Il libro in una citazione
«Si infilò prontamente in taxi e comunicò all’autista di condurlo alla stazione. Nell’istante stesso in cui chiuse la porta, vide che le labbra di Yuriko si stavano muovendo. Forse gli stava dicendo qualcosa, ma la vettura partì senza che lui potesse sentirla. Izumi guardò dallo specchietto retrovisore, e intanto che osservava la sua figura rimpicciolirsi in lontananza ebbe l’impressione di udire la sua voce, come se Yuriko gli stesse sussurrando all’orecchio. Non dimenticare i fiori.»
27 aprile 2021
© RIPRODUZIONE RISERVATA
[…] grazie alla mia collaborazione con Let’s Book. Sul loro sito trovate già da alcuni giorni la mia recensione ma, come sempre, ho voglia di condividere qualche pensiero anche qui. Negli ultimi mesi sto […]